Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
di Maria Anna Tallandini
In un momento difficile della storia europea sembra utile ricordare l’importante contributo dato dalla psicoanalisi nell’aiuto ai bambini che si trovano a subire le conseguenze delle esperienze, spesso traumatiche, che una guerra porta con se’. Mi riferisco alla istituzione da parte di Anna Freud e Dorothy Burlingham dei tre War Nurseries (asili nido di guerra) nell’ottobre del 1940. Intendo in particolare ricordare la prima pubblicazione sull’argomento (Freud, A, Burlingham, D., War and Children , Medical World Books, 1943), la relazione annuale scritta per l’associazione, The Foster Parents Plan for War Children[1], che ha sostenuto economicamente l’iniziativa. L’argomento verra’ ripreso da A. Freud nella pubblicazione Infants without Families: Reports on the Hampstead Nurseries (in The writings of Anna Freud, vol.3. International Universities Press, 1973) in cui sono descritti anche gli anni successivi di tale esperienza.
Molti, troppi bambini ucraini hanno dovuto lasciare la loro casa senza sapere dove stanno andando, se riusciranno a trovare un posto sicuro in cui restare e se potranno ritornare. La situazione affettiva, le relazioni con i componenti la famiglia si modificano profondamente. I bambini vedono i loro genitori in preda a timori profondi e, a volte, non si sentono piu’ protetti. Le fragilita’ dell’adulto non evidenti e tollerabili in tempi normali, divengono evidenti in tempo di guerra. Il bambino allora sente venir meno anche il proprio sentimento di sicurezza e di affidabilita’ di fronte alle difficolta’. Mai come in tempo di guerra il senso della casa, della familiarita’ delle pareti domestiche e di quanto e’ in esse contenuto fa sentire il suo peso sul nostro vivere quotidiano. La figura dell’adulto come fonte di sicurezza e tranquillita’ interiore risulta indispensabile e la separazione in un contesto cosi’ drammatico ancora piu’ intollerabile
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[1] Gli Hampstead Nurseries erano composti da tre case in cui erano ospitati in media 90 bambini. L’associazione The Foster Parents’ Plan for War Children ha contribuito alla protezione dei bambini a partire dal 1936 quando i bambini spagnoli dovettero affrontare la guerra civile nel loro paese. Piu’ tardi si sono occupati dei bambini in altri paesi europei colpiti dalla guerra.
L’oggetto di questo scritto e’ una relazione delle due autrici, A. Freud e D. Burlingham, sulla esperienza e sui dati raccolti durante il primo anno di attivazione dei nidi di Guerra, il 1941. Tale esperienza si concluse con la fine della guerra nel 1945. In essa non osserviamo l’uso della psicoanalisi in un contesto di setting terapeutico ma in quello di una acuta e approfondita osservazione dei comportamenti infantili. L’attenzione e’ soprattutto sul modo in cui la guerra colpisce lo sviluppo psicologico del bambino nei suoi bisogni di attaccamento personale, di stabilita’ emotiva e di continuita’ del processo educativo. La comprensione, attraverso l’osservazione, dei bisogni emotivi del bambino ha la finalita’ di rendere meno traumatica l’esperienza bellica nella loro vita quotidiana.
All’inizio della seconda Guerra mondiale la citta’ di Londra, soprattutto nella sua parte orientale, fu colpita da fitti bombardamenti giornalieri. Migliaia di famiglie si trovarono a trascorrere molte ore al buio in rifugi sotterranei, oppure dovettero dormire in letti a castello costruiti nelle stazioni della metropolitana. Al ritorno alla superficie, spesso, essi scoprivano che le loro case erano state bombardate e rese inabitabili. Di fronte alla morte e alla distruzione che i bambini sperimentavano, Anna Freud volle costruire degli spazi per offrire un ambiente tranquillo ai bambini e nello stesso tempo dare tranquillita’ ai genitori nel loro lavoro, Gli asili erano stati pensati per i bambini di eta’ inferiore ai 5 anni perche’, all’inizio della guerra, il programma governativo inglese di evacuazione non si era occupato dei bambini di questa eta’, considerandoli protetti dalla presenza materna, in realta’ non sempre possibile poiche’ le madri erano frequentemente impegnate in lavori al di fuori della famiglia, spesso di sostegno alla guerra.
Nell’introduzione alle note relative a questa esperienza che si protrasse per tutta la durata del periodo bellico, Anna Freud e Dorothy Burlingham scrivono:
“Il lavoro nelle War nurseries è basato sull’idea che la cura e l’educazione dei bambini piccoli non devono essere messi in secondo piano in tempo di guerra e non devono essere ridotti ad un livello di “tempo di guerra”. Gli adulti possono vivere in condizioni di emergenza e, se necessario, in razioni di emergenza alimentare. Ma la situazione negli anni decisivi dello sviluppo corporeo e mentale è completamente diversa…. E’ ormai riconosciuto che la mancanza di cibo essenziale, […] nella prima infanzia causa permanenti malformazioni corporee più tardi […]Non è generalmente riconosciuto che lo stesso principio sia valido per lo sviluppo mentale del bambino. Ogni volta che i bisogni essenziali non sono soddisfatti la conseguenza sarà una malformazione psicologica permanente. Questi elementi essenziali sono: il bisogno dell’attaccamento personale, di una stabilità emotiva, e la permanenza di una influenza educativa […]. Per compensare queste mancanze la cura dei bambini in tempo di Guerra deve essere più elaborata e più attentamente pensata che in abituali tempi di pace” (corsivo mio). (pag.12).”
Tenendo fede a queste considerazioni il personale delle nurseries era continuamente monitorato da A.Freud e D. Burlingham ed aiutato nell’attivita’ con i bambini. All’inizio il personale era costituito da rifugiati fuggiti dalla Germania e dall’Austria, come Anna Freud stessa, che avevano all’origine interessi psicologici e psicoanalitici. Molti di essi diventarono nomi conosciuti nell’ambito della psicoanalisi come ad esempio Ilse Hellman che era stata studente di Charlotte Buhler e quindi in grado di portare la sua esperienza di ricerca empirica negli asili nido (Kennedy, H., 2009). Si trattava di persone giovani e profondamente interessate che erano passate attraverso l’esperienza della “evacuazione” dal loro paese di origine. Altre persone di spicco, erano i coniugi Robertson che continuarono piu’ tardi il loro lavoro con J.Bowlby a cui fornirono molti dei dati clinici su cui Bowlby documento’ la sua teoria sull’attaccamento. Una caratteristica generale, che continuò ad essere presente nella Hampstead Clinic anche dopo la guerra, era data dal fatto che qualsiasi persona presente negli asili e con qualsiasi mansione, doveva avere come base teorica una psicologia dello sviluppo psicoanalitica ed operare di conseguenza nei contatti con i bambini. Ad esempio, il compito di James Robertson, nella nursery, era quello di assistente sociale e, in particolare, doveva tenere i rapporti con i genitori, ma nel contempo doveva anche agire come” uomo tuttofare” che provvedeva alla manutenzione dello stabile e, in particolare, al funzionamento delle parti idrauliche.
Un’attenzione costante deve essere dedicata ai bambini perché’ il prezzo che il bambino paga per essere sottratto ai pericoli della guerra è molto alto. Infatti i bambini in questo contesto, devono fronteggiare il trauma di essere separati dalla loro madre che, dice A. Freud, è un’esperienza assai più drammatica di quello che essi possono provare quando vedono la loro casa distrutta dalle bombe.
“I bambini hanno a disposizione solo un tipo di punizione per chiunque li offenda: questa persona deve andarsene e non ritornare che, nel linguaggio infantile, significa che deve morire [..] ma sono probabilmente questi sentimenti negativi a determinare la risposta alla separazione in questo periodo. Il padre e la madre ai quali, in un certo momento, è stata augurata la morte, subito dopo vengono restituiti all’affetto del bambino. … In questo periodo i sentimenti negativi verso i genitori sono solo transitori. …
Non sembra pericoloso uccidere un genitore in fantasia se, contemporaneamente, l’evidenza della realtà esterna mostra che il genitore è vivo e sta bene […] Ma la separazione risulta un’intollerabile conferma di tutti questi sentimenti negativi. …il naturale dolore legato alla separazione si trasforma in un’intensa attesa del ritorno che è difficile tollerare. Gli ordini e le proibizioni che prima erano rifiutati, sono ora religiosamente osservati in assenza dei genitori. In questa situazione i bambini sono particolarmente buoni “(pag.30) .
Ma che cosa succede di fronte alla morte, quando il genitore e’ davvero scomparso:
Il caso di Bertie (pp. 68-69).
“Bertie, aveva quattro anni quando si rifiutava ancora di ammettere la verità: suo padre era morto. Quando si presentarono le incursioni aeree di primavera il bambino era a letto ammalato con un gran vassoio pieno di case di carta e giocava indefessamente. Costruiva le case, le copriva con i tetti e poi le gettava giù lanciando biglie di vetro che rappresentavano le bombe. Ma, mentre nei giochi degli altri bambini un buon numero di persone venivano “uccise” e, alla fine, tutto risultava fatto a pezzettini, l’aspetto più importante nel gioco di Bertie era che tutte le persone erano salvate giusto in tempo e tutte le sue case erano regolarmente ricostruite. Gli altri bambini rappresentavano nei loro giochi incidenti meno pesanti: mettevano nel gioco gli eventi più vari e meno personali; mettevano nel loro gioco versioni vivaci ed abbellite degli eventi che erano accaduti. Invece il gioco di Bertie aveva lo scopo opposto: voleva negare la realtà di quanto era accaduto. Poiché’ la negazione non era mai completamente riuscita, il gioco doveva essere ripetuto in modo incessante, diventava compulsivo mentre i giochi degli altri bambini erano variati e passeggeri.
Bertie pose fine a questo tipo di gioco quando, circa mezzo anno dopo, rinunciò alla negazione e riuscì a raccontare la sua storia: “Mio padre è stato ucciso e mia madre è andata in ospedale. La mamma ritornerà alla fine della guerra ma lui non ritornerà”.
Uno dei compiti del personale dell’asilo era quello di osservare e tener nota dei comportamenti infantili utilizzando un’attenzione “fluttuante” simile alla disposizione mentale dell’analista.
Le osservazioni dovevano essere scritte puntualmente usando un linguaggio non–teorico, specificando il più possibile i comportamenti osservati. Non vi era alcuna interpretazione, ma piuttosto interventi definiti da Anna Freud “educativi” che tenevano conto delle osservazioni annotate.
Per esempio, in questo caso, lasciare che il bambino avesse il tempo di ospitare, se possibile, il carico di un lutto enorme poiché’ l’ambiente circostante gli era sembrato capace di accoglierlo e dargli la possibilità di sentirsi al sicuro, che non ne sarebbe stato distrutto.
Nessuno è intervenuto ad interrompere il suo gioco compulsivo ma è stato aiutato ad uscire dal suo guscio per esempio portandolo a passeggio in gruppo quando voleva partecipare.
Mi sembra che, commentare ulteriormente questa vignetta, avrebbe il significato di intrudere nelle riflessioni e nei sentimenti del lettore. Meglio potremo comprendere Bertie portandolo con noi nella nostra vita per imparare che il mondo dei bambini può essere profondamente doloroso e fragile, anche se questo non è strettamente teoria psicoanalitica.
Bibliografia
Freud, A.,Burlingham, D, (1943). War and Children, Medical War Books,New York
Kennedy, H. (20090 Children in Conflict. Anna Freud and the War Nurseries, The Psychoanalytic Study of the Child, 64,1,306-319.
Hellmann, I. (1990). From War Babies to Grandmothers: Forty-EightYears in Psychoanalysis, London, Karnac Books
Robertson, J. and Robertson, J. (1967-1876). Young children in brief separations. Britain: Concord Films Coumcil; USA: New York, University Film Library Five Films Series.
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