Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
di Valentina Marchesin
Titolo: “Red” (Turning Red)
Dati sul film: regia di Domee Shi, USA, 2022, 100′.
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=2y_oci4pV-w
Genere: animazione, commedia
Dai creatori di “Inside out” e “Gli incredibili”, il venticinquesimo film Pixar “Red”, diretto da Domee Shi, premio Oscar 2019 per il corto “Bao”, inizia come una divertente metafora della pubertà “Indosso ciò che voglio e dico ciò che voglio, h24, d 365”, dirà fiera di sé la protagonista.
Meilin è una tredicenne canadese di origini cinesi che vive nella Toronto dei primi anni duemila che racconta in prima persona, in modo incalzante e travolgente, tipico di quell’età, quella incasinata e splendida parte della vita che sta fra essere una bambina e il diventare un’adolescente.
Con una presentazione di sé e della sua realtà davvero esplosiva, Mei ci racconta le sue eccellenti abilità scolastiche, emblema di un mondo che riesce a governare bene e che corrisponde alle aspettative materne di studentessa modello. Lo spettatore si sente catapultato nel mondo di una teenager che sembra avere tutto sotto controllo, anche il suo solido e rassicurante legame con le amiche (Miriam, Pryia e Abby). Proprio il gruppo dei pari rappresenta quel luogo di confronto e rispecchiamento che a quest’età permette i primi moti individualizzanti (come per Mei ammirare una band musicale in netto contrasto con il gusto dei genitori); far parte del gruppo significa riconoscersi negli altri e con gli altri, promuovendo un progressivo processo di elaborazione dell’identità, attraverso continui movimenti proiettivi e introiettivi.
Presto però, nell’evoluzione della storia, scopriamo quanto sia delicato questo equilibrio tra “dentro e fuori”, tra diverse parti di sé che stanno rivendicando il proprio spazio a discapito di rodate e rassicuranti abitudini infantili. Per Meilin è un momento di passaggio che sembra rappresentato simbolicamente dal varcare le “porte dell’antico tempio”, dove diventa tutt’altra persona. Infatti, tornando a casa da sua madre Ming, che gestisce un tempio cinese in città e vuole proteggere la figlia a tutti i costi ,e da suo padre Jin, che cucina squisiti piatti dal sapore tradizionale e casalingo, ma sapientemente gustosi e raffinati, Mei diventa compita e tranquilla, nascondendo le proprie passioni per paura di dispiacere ai genitori.
Tutto cambia quando una mattina, dopo una notte turbata da pensieri e desideri caratterizzati da un’eccitazione diffusa che la colgono di sorpresa, la disciplinata Meilin si veglia scoprendosi trasformata in un enorme, goffo e incontrollabile Panda Rosso. Colpa di una vecchia “eredità” di famiglia, di cui sua madre non le aveva mai parlato, sperando di mantenere il segreto ancora a lungo, nonostante lei stessa, da ragazzina, avesse sperimentato qualcosa di molto simile.
La vita di Mei non sarà più la stessa.
L’adolescenza arriva per tutte e tutti, facendo saltare l’immagine precedente che si ha di se stessi. Il simbolo, di rara forza e purezza, del Panda Rosso riesce a sintetizzare quella metamorfosi bestiale che è la pubertà. Un’immagine che rende conto dell’impatto perturbante dello sviluppo corporeo sulla mente (Cahn, 1991) e il lavoro psichico, che Gutton (2000) definisce “pubertario”, necessario per integrare gli aspetti pulsionali e aggressivi che emergono dalla nuova immagine di sé e dalle modificazioni dei rapporti familiari ed amicali.
“Red” racconta brillantemente l’ingombro e l’inadeguatezza, ma anche la tenerezza e il calore di quell’età ibrida, attraverso la dominante cromatica del sangue, dell’imbarazzo, degli scatti imprevisti di rabbia e della passione amorosa.
Improvvisamente ci si riempie di peli, si cambia odore, si guarda l’altro con occhi diversi e il bisogno di accettazione, un tempo soddisfatto dai genitori, si rivolge ora agli amici, più importanti che mai.
Da un trailer che lascerebbe intendere uno svolgimento più leggero ed esilarante, quasi legato ad un’ironia infantile, ci si trova ad assaporare una storia molto più complessa che, anche dolorosamente, riesce a raccontare la trasformazione del femminile.
Da un lato, l’evidente messa in scena della trasformazione corporea nell’adolescente, che permette una serie di riflessioni più profonde che coinvolgono il corpo come sede di un regolamento dei conti con i genitori, in Meilin si palesa timidamente nella colorazione rossa dei capelli (segno della lotta nella gestione del suo Panda Rosso interiore), diversa da quella naturale dell’infanzia e da quella della madre. In effetti, questo fa pensare a come l’integrazione del corpo sessuato sia solo una parte del compito evolutivo a cui è chiamato il giovane che, con la maturazione sessuale, si trova esposto sia a conflitti narcisistici, dal momento che le immagini ideali di sé possono non corrispondere alla percezione dei cambiamenti fisici, sia alla potenza dei desideri pulsionali divenuti attualizzabili, necessitando quindi di una rinegoziazione anche del rapporto con la propria madre e il proprio padre.
Dall’altro lato “Red”, racconta una tra le più complicate relazioni umane, quella tra madre e figlia. Il ruolo fondamentale di rispecchiamento che la madre compie nella relazione con l’infans, necessita di una naturale trasformazione in epoca adolescenziale. Il ruolo degli adulti diviene quindi quello di “traghettatori “dell’adolescenza (Jeammet, 2009), osservando e sostenendo il delicato processo di separazione-individuazione che l’adolescente deve compiere rinegoziando l’immagine che ha di se stesso e del suo ruolo nel gruppo familiare e sociale. Cosa che per la madre di Meilin risulta particolarmente difficile, riscoprendosi essa stessa imbrigliata nella medesima dinamica transgenerazionale irrisolta.
La forza del Panda Rosso, espressione di nuove pulsioni, emozioni contrastanti e potenti, come la rabbia e la passione, ma anche la tenerezza e l’innamoramento, viene imbrigliata in un amuleto da portare sempre con sé, come monito di ciò che può portare scompiglio e perdita di sé. Questa tradizione sembra essere il mandato familiare femminile a cui Meilin sembra doversi adeguare per non venire rifiutata da una relazione primaria univoca e totalizzante, che funziona secondo una modalità o tutto o niente.
Il crocevia culturale in cui vive Meilin rappresenta due aspetti che sembrano difficilmente integrabili in se stessa, l’antica e familiare anima cinese sembra trovare spazio solo come un elemento incistato che deve rimanere chiuso e identico a se stesso.
Riuscirà Meilin a scegliere di essere se stessa, permettendo al Panda Rosso che c’è in lei di trovare una via di espressione, differenziandosi quindi dalle donne della sua famiglia?
Una delle necessità essenziali dello sviluppo del bambino è la “funzione differenziante” (Jeammet, 2009), che si struttura in modo del tutto privilegiato intorno al ruolo del padre. In “Red”, la figura paterna rimane piuttosto silenziosa, ma viene ben rappresentata dalla sua presenza “nutriente” (non solo per le sue ottime capacità culinarie) e affettiva per Mei, nonchè libera dal mandato della dinamica matrilineare, tanto da poter offrire una nuova prospettiva alla ragazza. Pensiamo a quando il rapporto con il padre diventa un’occasione di rilancio dello sviluppo, come permettendo la creazione di “un’area intermedia” (Winnicott, 1971), che fa da sponda al figlio per investire l’esterno della famiglia con le sue nuove potenzialità.
Bibliografia:
Cahn R. (1991). Adolescenza e follia. Borla, Roma, 1994.
Gutton P. (2000). Psicoterapia e adolescenza. Borla, Roma, 2002.
Jeammet P. (2008). Adulti senza riserva. Quel che aiuta un adolescente. Raffaello Cortina, Milano, 2009.
Winnicott D.W. (1971). Gioco e realtà. Armando, Roma, 1997.
Valentina Marchesin, Conegliano (TV)
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