Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
Carrellata di brevi schede di presentazione dei film che più hanno colpito i colleghi Psicoanalisti presenti alla Mostra del Cinema di Venezia 2023
Leone d’oro per il miglior film: Poor things! di Yorgos Lanthimos
Gran premio della giuria: Evil does not exist di Ryusuke Hamaguchi
Leone d’argento per la miglior regia: Matteo Garrone, Io Capitano
Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile: Cailee Spaeny, Priscilla
Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile: Peter Sarsgaard, Memory
Miglior sceneggiatura: El Conde di Guillermo Calderón, Pablo Larraín
Premio Marcello Mastroianni (a un attore emergente): Seydou Sarr, Io Capitano
Premio speciale della giuria: Green border di Agnieszka Holland
Miglior film della sezione Orizzonti: Explanation for everything di Gabor Reisz
Premio Leone del futuro per la miglior opera prima: Love is a gun di Lee Hong-Chi
A cura di: Elisabetta Marchiori
Sezione Mostra: In Concorso, Vincitore del Leone d'Oro
Dati sul film: regia di Yorgos Lanthimos, Regno Unito UK, 2023, 141'
Video:
Trailer
Genere: drammatico, fantastico
Sinossi:
Bella Baxter (Emma Stone in una interpretazione straordinaria) è una bellissima creatura, con il corpo di una giovane donna morta suicida, cui il medico pazzo Godwin Baxter (Willem Dafoe) — God per Bella — ha impiantato il cervello del bambino che aveva, ancora vivo, in grembo. Godwin, a sua volta plasmato crudelmente dal padre che l'ha reso una sorta di Frankesteain, la tiene chiusa al sicuro dentro la bellissima casa. Per lui è "un esperimento", per cui chiede a un suo allievo, Max McCandless (Ramy Youssef), che se ne innamora, di osservarla e monitorare momento per momento i suoi progressi.
La vediamo mentre impara a fare i primi passi, a mangiare, a parlare. Bella fa i capricci e manifesta molto precocemente la sua violenta intolleranza ai no che "non aiutano a crescere". Impara presto e, nel momento in cui scopre la sua sessualità, è decisa a viverla, e fugge con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), un avvocato con cui fa "salti furiosi". Mentre esplora il suo corpo impara e riconoscere le sensazioni, a pensare, a soffrire e ad amare. Cresce determinata a non farsi imprigionare dalle convenzioni sociali, dalla possessività degli uomini e a battersi per l'eguaglianza e l'emancipazione femminile, ma anche per combattere le ingiustizie e prendersi cura degli altri. Tratto dall'omonimo libro di Alasdair Gray (1992), è un film che mescola il genere drammatico con il fantastico e il grottesco, e una buona dose di ironia, che per Lanthimos è una novità.
Il Leone d'Oro è stato ampiamente meritato in una competizione di qualità media non entusiasmante.
Associazione:
La prima associazione è che il film punta i riflettori sulla sessualità come fondamento dell'essere umano e nella sua funzione integrativa tra psiche e soma di matrice freudiana, declinandola però tutta al femminile.
Bella ha il desiderio e la necessità di vivere ogni sorta di esperienze, soprattutto sessuali, per conoscere se stessa e gli altri e costruirsi la sua storia; porta avanti con determinazione i valori innovativi del femminismo mettendo in atto lo slogan "il corpo è mio e lo gestisco io". Il sesso maschile mostra tutti i suoi limiti, anche nella tendenza a considerare Bella un oggetto ad uso e consumo personale.
Sono due le domande fondamentali che si pongono allo spettatore. La prima è che cosa distingue l'umano dal non umano (ammesso che ci sia una differenza, dice God); la seconda è se può l'essere umano, diventato adulto, cambiare. Le persone vengono plasmate dai genitori, dalla cultura, dalle convenzioni sociali, che deformano la crescita autentica del Sè e anche la visione del mondo. Resta solo la possibilità di sostituire realmente il cervello, o possiamo piuttosto pensare che dovremmo davvero ricominciare daccapo, con il cervello vergine di un neonato, per liberarci e partorirci di nuovo, diventare madri di noi stessi, e costruirci la nostra vera storia, noi, povere creature?
Questo film è esso stesso una creatura meravigliosa, creatore di un mondo fantastico, onirico e nello stesso tempo metaforicamente vero, spesso distorto e incurvato, grazie al sapiente utilizzo del grandangolo e del fish eye, passando dal bianco e nero al colore. Richiama i film di Tim Burton e Wes Anderson, ma anche le serie "Mercoledì" (uno dei creatori è Burton) e "Una serie di sfortunati eventi" e, sotto gli occhi agli occhi incantati dello spettatore mescola il già noto e il sorprendente.
Di associazioni ne vengono in mente tante …
A cura di: Elisabetta Marchiori e Maria Vittoria Costantini
Sezione Mostra: In Concorso, Leone d'argento
Dati sul film: : regia di Matteo Garrone, Italia, Belgio, 2023, 121'.
Video:
Trailer
Genere: drammatico.
Sinossi:
Matteo Garrone racconta l'odissea di due adolescenti, Seydou e suo cugino Moussa, che lasciano il Senegal per realizzare il loro sogno di diventare musicisti in Italia, esibirsi sul palco, essere applauditi, firmare autografi. Non sono consapevoli di quello cui andranno incontro. Garrone riesce a portare lo spettatore a compiere lo stesso viaggio, che dovremmo ben conoscere perché le testimonianze, su cui si basa, le abbiamo già sentite tutti: lui riesce a farcele davvero ascoltare.
Associazione:
Visti uno dopo l'altro, "Zielona granica" (link) e "Io Capitano", sono difficili da elaborare. Entrambi raccontano di viaggi nell'orrore e del terrore, dove sono protagonisti l'ingiustizia e la disumanità. Dice il regista che Seydou e Moussa sono sono incantati, come Pinocchio, dalla speranza di raggiungere una sorta di "paese dei balocchi". Non fuggono dall'estrema povertà, dalla guerra, dalle persecuzioni. Lì dove vivono ci sono musica, amore, scuola, lavoro. Però sono adolescenti, hanno bisogno di sentirsi indipendenti, di sperimentarsi, di contrastare gli adulti. Hanno bisogno di guardare a un orizzonte aperto, che lì dove vivono non possono esplorare liberamente.
La narrazione procede lenta, quasi cauta, intervallata da qualche scena onirica che evoca i quadri di Chagall, in un crescendo di tensione via via che il viaggio, che inizia come una gita, si fa inesorabilmente più infernale.
Il regista si è assunto il rischio enorme di scivolare nella retorica, nel giudizio politico, nel favolistico. Non accade. Oltre alla straordinaria intensità e spontaneità dei protagonisti, al realismo con note di magia che non diventa mai documentarismo, alla fotografia impeccabile, il film riesce a far sperimentare anche il "dolore evolutivo" (Biondo, 2017) vissuto dal protagonista adolescente nel suo processo di soggettivazione.
Infatti nel film si intrecciano due fili narrativi, quello del dramma vissuto dai migranti e quello del percorso evolutivo di Saydou, nel cui mondo interno gli aspetti infantili onnipotenti e regressivi sono in conflitto con le istanze maturative e di separazione. Durante il suo viaggio Saydou si confronta con la morte e sperimenta la perdita, mentre riunisce e integra le parti di sè, rappresentate dai compagni di viaggio, costruendo il suo mondo interno gruppale (Kaës, 2010).
Il grido di Seydou “Io capitano” corrisponde alla consapevolezza di un'identità e di un ruolo e segnala che è diventato non un "bambino vero", come Pinocchio, ma un vero adulto, che sa che il "paese dei balocchi" è solo un miraggio.
Ma c'è un altro elemento di realtà da segnalare: noi oggi non salviamo orgogliosamente le persone in mare perchè "siamo italiani", come fa l'eroico "Comandante", interpretato da Pierfrancesco Favino nel film di Edoardo De Angelis, anch'esso in Concorso.
Quel giovanissimo Capitano deve salvare se stesso e i suoi compagni da solo, anche dalla minaccia di chi può vederlo solo come uno scafista.
Bibbliografia
Biondo D. (2017). Mondo digitale e dolore evolutivo (2017). Rivista di Psicoanalisi, 63: 1, 235-252.
Kaës R. (1993). Le groupe et le sujet du groupe. Eléments pour une théorie psychanalytique du groupe.Paris: Dunod.
Kaës R. (1994) La parole et le lien. Les processus associatifs dans les groupes. Paris, Dunod.
A cura di: Elisabetta Marchiori e Stefano Marino
Sezione Mostra: evento speciale fuori concorso.
Dati sul film: regia di Ayat Najafi, Iran, 2023, 85'.
Video:
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e
Intervista al regista
Genere: drammatico.
Sinossi:
È un film girato clandestinamente in Iran, a Teheran, prodotto da Angelo Laudisa e promosso insieme ad Art for Human Rights, ha ricevuto il patrocinio di Amnesty International Italia. Ayat Najafi, che da tempo vive a Berlino ed è tornato per girare il film e fare un corso di teatro, non potrà più tornare in Iran. È il film di apertura delle Giornate degli Autori, rassegna collaterale indipendente della Mostra, alla sua ventesima edizione.
Una compagnia teatrale e una troupe cinematografica stanno lavorando alla messa in scena della Lisistrata di Aristofane. Fuori è scoppiata la rivolta successiva all’assassinio di Mahsa Amini, avvenuto un anno fa. Ci si interroga se è possibile e ha senso fare arte, se è etico continuare a mettere in scena una commedia, mentre per le strade c’è la rivoluzione e centinaia di giovani sono catturati e uccisi.
Associazione:
L'arte può diventare una forma di resistenza, come ipotizzato nei contributi del panel dell'IPA in culture commetee al Congresso di Cartagena "Mind in the line of fire" .
Questo film, in cui il teatro è strumento di disobbedienza civile, è espressione artistica che si configura come forma di resistenza e atto politico contro un regime insensato, è richiamo alla speranza.
Gli attori, cui non viene mai inquadrato il volto per non essere riconosciuti (e arrestati), liberano i loro corpi: piedi, nuche e mani; danzano, recitano e si tendono mentre serrati dialoghi, litigi, discussioni su tematiche estetiche, politiche e personali, si susseguono all’interno di una claustrofobica sala prove.
Una messa in scena così anticonvenzionale, è in grado di suscitare forti emozioni, sussulti violenti e riesce a far sentire quali lacrime, gioie e sangue sgorgano dal grido Donna, vita, libertà.
A cura di: Ilaria Binotto
Sezione Mostra: in Concorso
Dati sul film: regia di Małgorzata Szumowska, Michał Englert, Polonia-Svezia, 132’
Video:
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Genere: drammatico
Sinossi:
"Kobieta z …", il cui titolo è riferito al maestro dei registi, Andrzey Waida ("L'uomo di ferro", "L'uomo di marmo") percorre quarantacinque anni della vita di Andrzej Wesoły, raccontando la sua vita alla ricerca della libertà come donna trans, Aniela.
L'evoluzione e e il cambiamento interiore ed esteriore della protagonista coincidono con la trasformazione della Polonia nel passaggio dal comunismo al capitalismo. Aniela affronta difficoltà familiari — è infatti sposata e ha due figli — e situazioni complicate nell’ambiente dove vive, alla ricerca di risposte e di soluzioni che fatica a trovare.
É un film sull’umanità e il rispetto delle persone transgender nel loro viaggio esplorativo e sulla sofferenza che accompagna la ricerca della propria identità.
Ed è un film di denuncia, rispetto al fatto che in Polonia non esiste alcuna legge che tuteli i diritti e provveda alle cure delle persone LGBTQ+.
Associazione:
Il termine transgender si riferisce a quelle persone la cui identità di genere non è quella del sesso assegnato alla nascita. Alessandra Lemma (2022) ipotizza che alla base della disforia di genere ci sia un fallimento dei processi di rispecchiamento con l’oggetto primario e di difficoltà di mentalizzazione.
Lemma ritiene che, pur potendo essere i percorsi di transizione un’importante forma di sollievo, è necessario offrire al paziente uno spazio di pensiero psicoanalitico che gli permetta di esplorare i fattori consci e inconsci per poterlo sostenere nelle sue scelte.
Nel film si coglie l'estremo bisogno della protagonista proprio di questo.
Bibbliografia
Lemma A. (2023). Le identità transgender. Milano, Franco Angeli.
A cura di: Ilaria Binotto
Sezione Mostra: Fuori Concorso
Dati sul film: :regia di Woody Allen, Francia-USA, 2023, 96’.
Video:
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Genere: commedia, drammatico, sentimentale
Sinossi:
Coup de Chance è il cinquantesimo film di Woody Allen e fa ripensare ad un’altra sua pellicola, “Match Point” (2005), rispetto al quale ha un minore spessore filmico. Entrambi trattano un tema caro al regista: l'importante ruolo che il caso e la fortuna possono giocare nella vita.
I protagonisti, Fanny e Jean, appaiono un’idilliaca coppia di coniugi: ricchi e all’apparenza innamorati, entrambi realizzati professionalmente, vivono in un lussuoso appartamento in un quartiere esclusivo di Parigi. Ma tutto cambia quando "per caso" Fanny viene riconosciuta da Alain, un ex compagno di liceo. Lei è per lui Fanny un’antica platonica fiamma e il loro incontro casuale accende le vite dei protagonisti, che diventano progressivamente sempre più intimi.
Associazione:
Si può parlare di caso e fortuna in psicoanalisi?
Vien da fare un’associazione col pensiero magico/onnipotente, tipico dell’età infantile, che in età adulta si può vedere legato a quello superstizioso. Freud in “Psicopatologia della vita quotidiana” (1901) ne descrive chiaramente il funzionamento, affermando che il soggetto superstizioso proietta all’esterno una motivazione oppure un desiderio che vanno cercati invece nel suo mondo interno. Egli interpreta il caso come un accadimento esterno, a lui sconosciuto, che invece è da ricondurre ad un suo pensiero inconscio. Certo a ognuno di noi può essere capitato di esclamare “che caso/che fortuna/che sfortuna!”. Tuttavia per la psicoanalisi ciò che si ritiene accada in modo deresponsabilizzato da parte del soggetto, ha un “motore” inconscio che fa e muove lì dove il desiderio chiama e porta.
Bibbliografia
Freud S. (1901). Psicopatologia della vita quotidiana. O.S.F., 4.
A cura di: Elisabetta Marchiori e Stefano Marino
Sezione Mostra: In Concorso, Premio speciale della giuria
Dati sul film: :regia di Agnieszka Holland in collaborazione con Kamila Tarabura e Katarzyna Warzecha, Polonia, Francia, Repubblica Ceca, Belgio, 2023, 147'.
Video:
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Genere: drammatico.
Sinossi:
Il "confine verde" è una sottile striscia di terra che separa la Polonia dalla Bielorussia, dove ogni orrore è possibile e ogni pietà e forma di rispetto è abbandonata. È qui infatti che si trovano intrappolati i migranti provenienti dal Medio Oriente e dall'Africa che cercano di raggiungere l'Unione Europea: vengono aggrediti, derubati, umiliati, picchiati, uccisi. Sono "pedine di una guerra sommersa ideata cinicamente dal dittatore Lukašènko", spiega la regista, per provocare l'Europa. Nel film si intrecciano le tragiche storie di una famiglia siriana, di una psicoterapeuta che diventa un'attivista di un'organizzazione umanitaria clandestina e di una giovane guardia di frontiera polacca.
Associazione:
Un'opera di enorme potenza visiva e di devastante impatto emotivo, sceneggiata, diretta e interpretata in modo magistrale, con una fotografia straordinaria, girata in un bianco e nero agghiacciante. Continuiamo a non essere sufficientemente consapevoli della carneficina in corso, in terra come in mare, complici la propaganda, i social media e l'intelligenza artificiale che, affastellando notizie e immagini di ogni tipo, ostacolano la visione della realtà e della verità, confondono i pensieri e propagano la paura per l'estraneo, il pregiudizio di superiorità, la giustificazione dei soprusi e delle crudeltà più atroci.
La visione di questo film offre allo spettatore la possibilità di aprire gli occhi e la mente, non senza sofferenza.
"Se ci si chiede come siano state possibili la Shoah, le carestie pianificate dallo stato sovietico e dal governo britannico in Ucraina e in India, dove siano stati trovati i volenterosi carnefici ed esecutori di ordini, guardi i personaggi e guardi sé stesso nello specchio che questo film gli regge"
(Stefano Marino ).
È uno specchio che riflette un'immagine che non si vorrebbe vedere, perché si rischia di essere sopraffatti dal dolore, dalla rabbia e dal senso di impotenza.
C'è la necessità e rimane l'urgenza non solo di far sapere ma anche di agire: esistono da tempo per questo anche commissioni e gruppi di lavoro dell'International Psychonalytical Association, della SPI e dei Centri Psicoanalitici, ma ci si chiede cosa faccia l'Unione Europea.
Dal 2015 si contano almeno 30.000 morti lì, in quel "confine verde".
A cura di: Ilaria Binotto
Sezione Mostra: In Concorso
Dati sul film: regia di Giorgio Diritti, Italia-Svizzera, 2023, 181’
Video:
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Genere: drammatico.
Sinossi:
Lubo è un artista di strada jenish che nel ‘39 viene arruolato nell’esercito svizzero per difendere il territorio nazionale dall'invasione tedesca. Mentre si trova al fronte i gendarmi svizzeri portano via, secondo la legge vigente dell’epoca, i suoi tre figli piccoli e la moglie muore in quel frangente nel tentativo di opporsi. Quando Lubo ne viene a conoscenza decide di dedicare la propria esistenza alla ricerca dei propri figli e all’ottenere giustizia per la propria famiglia e per il suo popolo.
Il film porta sullo schermo il dramma degli Jenish, terza popolazione nomade in Europa, di origine germanica. Essi furono aspramente perseguitati e discriminati in varie forme, in particolare in Svizzera tra il 1926 e il 1974. Lì infatti fu attuato da Governo il programma "rieducativo" Pro-Juventute, che puntava al “recupero” dei bambini di strada, figli degli jenish, allontanandoli in tenera età dai genitori e affidandoli ad istituti educativi o ad altre famiglie. Spesso erano costretti in situazioni di privazione, violenze fisiche e psicologiche, come testimonia la scrittrice jenish Mariella Mehr (2006), che fu vittima come molti altri dell’iniziativa di sedentarizzazione forzata del popolo nomade.
Fino agli anni ‘80 l’opinione pubblica è stata per lo più all’oscuro di tali persecuzioni e solo nel 1986 la Confederazione Elvetica le ha riconosciute e ha pubblicamente porto le proprie scuse.
Associazione:
Da questo film si evince che al tempo era totalmente messa in discussione la funzione genitoriale degli Jenish.
Da sempre la psicoanalisi è interessata alla costruzione dei primi legami tra l’infans e le sue figure di attaccamento. Winnicott (1965) ha sempre sostenuto che “non esiste un bambino senza una madre”. Questa conosciutissima frase paradossale, significa che per comprendere l’infans il filtro che l’osservatore deve usare è quello delle rappresentazioni, consce e inconsce, che i genitori hanno di lui.
Per capire qualcosa di un bambino dobbiamo così vedere e ascoltare le persone che si occupano e si prendono cura di lui.
Diritti afferma che è stato il romanzo Il seminatore (2004) di Mario Cavatore, che ha ispirato il film, a svelargli queste vicende, che l'hanno portato a riflettere sul senso di giustizia, sul senso dell’educare e dell’amare: “Quando principi folli e leggi discriminatorie generano un male che si espande come una macchia d’olio nel tempo, penetrando nella vita degli uomini, modificandone i percorsi, i valori, generando dolore, rabbia, violenza, ambiguità…ma anche un amore per la vita, per i figli che vuole sopravvivere a tutto e riportare giustizia” (https://www.labiennale.org/it/cinema/2023/venezia-80-concorso/lubo).
Quale è quindi la migliore educazione per un bambino? A questa domanda Lubo risponde: “La migliore educazione è l’amore”.
Bibliografia
Mehr M.(2006). Labambina. Pavia, Effige.
Cavatore M. (2004). Il Seminatore. Torino, Einaudi.
A cura di: Silvia Mondini
Sezione Mostra: In Concorso, Sezione Orizzonti
Dati sul film: : regia di Mohamed Ben Attia; Tunisia, Francia, Italia, Arabia Saudita, 2023, 98 minuti.
Video:
Trailer
Genere: drammatico.
Sinossi:
Rafik, giovane padre di famiglia, dopo un’improvvisa crisi pan-toclastica si getta dalla finestra dinnanzi ai colleghi attoniti. L’impatto, potenzialmente mortale, produce solo un’evidente contusione all’occhio sinistro. Incapace di collaborare con l’autorità giudiziaria viene condannato e recluso. Dopo breve tempo ripete il salto nel vuoto di fronte agli altri carcerati e an-che questa volta ne esce incolume.
Quattro anni dopo, ottenuta la scarcerazione, rapisce il figlio spinto da un sogno: dar prova di “quel mistero” che si trova al di là’ delle montagne dalla “cresta di drago”, quelle stesse che lo inseguivano, in una direzione o nell’altra, quando da bimbo vi passava vicino in macchina.
Una trama in apparenza priva di senno e di senso, ma capace di avvolgere lo spettatore tra suoni e silenzi dei boschi e mi-steriose tonalità del verde, del giallo e del blu.
Associazione:
Un film che, nelle intenzioni del regista, desidera dar voce ad un uomo in fuga dal conformismo, dal “politicamente corretto” e dal pensiero unico. Ma è anche un film che - proprio nella sua intenzione di “ampliare i confini del possibile” sino a scon-finare involontariamente nella dimensione del delirio - ci inter-roga sull’importanza dell’intrapsichico, sul rapporto tra un pa-dre “novello Icaro” e un bimbo costretto ad esperire le sue stesse convinzioni e, infine, sulla trasmissione psichica nel corso delle generazioni (Faimberg,1995, 2006).
Un film, comunque, che trova la propria forza nell’ enigmaticità della trama e nella capacità di resistere alle possibilità interpretative.
Bibliografia
Faimberg H., 1995, "Trasmissione della vita psichica tra generazioni", Ed Borla.
Faimberg H., 2006, "Ascoltando tre generazioni" ed. Franco Angeli.
A cura di: Elisabetta Marchiori e Maria Vittoria Costantini
Sezione Mostra: Fuori Concorso
Dati sul film: regia di William Friedkin, USA, 2023, 109'.
Video:
Conferenza stampa
Genere: drammatico.
Sinossi:
Il Maestro William Friedkin è mancato circa un mese fa a ottantasette anni, ma è riuscito a terminare le riprese del suo "The Caine Mutiny court-martial", presentato a questa Mostra del Cinema insieme alla versione restaurata del suo "L'esorcista".
La sceneggiatura è tratta dalla versione teatrale del romanzo “L’ammutinamento del Caine” (1953) di Herman Wouk, da cui il film di Edward Dmytryk (1954) con Humprey Bogart. La storia è quella di un tenente di Marina a processo davanti a una corte marziale per aver destituito dal comando, senza giusta causa, il suo Comandante. A suo avviso, le sue decisioni sconsiderate durante un tifone rischiavano di far affondare la nave.
Associazione:
L'avvocato difensore riesce, con il suo pressante interrogatorio, a far emergere la parte gravemente sofferente del Comandante, nascosta dietro la rigidità, il perfezionismo, l'ossessività e l'autoritarismo. Questi tratti di personalità erano stati considerati compatibili con le sue funzioni da una Commissione di psichiatri chiamati a valutarlo, non evidenziando una vera e propria diagnosi psichiatrica corrispondente a criteri definiti. Per questo, viene chiamata in causa esplicitamente la psicoanalisi, in grado di rilevare sofferenze a livello più profondo. Il regista ha dichiarato di aver voluto "lasciare avvolta nella massima ambiguità la questione di cosa sia giusto e cosa sia sbagliato". Tuttavia, al di là del bene o del male, questo film pone un'altra domanda: quando la sofferenza psichica mette a repentaglio la vita di altri, l'uomo al comando andrebbe fermato, pur avendo una onorata e lunga carriera alle spalle? O piuttosto compreso e aiutato?
È straordinario come una piéce teatrale degli anni cinquanta si riveli tanto attuale, in questi tempi di guerra e con uomini dal potere di decidere le sorti del mondo, a non lasciar cadere una discussione tanto seria e importante, divisiva, che rischia di sfociare in facili moralismi.
A cura di: Elisabetta Marchiori & Maria Vittoria Costantini
Sezione Mostra: Sezione Orizzonti
Dati sul film: regia di Zar Amir Ebrahimi e Guy Nattiv, Georgia, USA, 2023, 105'.
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Trailer
Genere: drammatico
Sinossi:
Dopo "Il sole sorgerà", di Ayat Najafi, il film iraniano "Tatami", co-diretto dall'israeliano Guy Nattiv e dall'iraniana Zar Amir Ebrahimi. Girato in segreto a Tbilisi, in Georgia, è la storia di Leile, judoka iraniana che sta combattendo per vincere i mondiali, ma il Governo pretende si ritiri quando si prospetta l'eventualità che la finale sia contro l'atleta israeliana. Leile è determinata a non assoggettarsi, nonostante le minacce contro di lei e la sua famiglia, e si scopre il capo.
Associazione:
Il film è essenziale, concentrato, intenso, con una fotografia nitida e tagliente, con un ritmo serrato dato anche dalla particolare colonna sonora di pezzi rap orientali.
Lo spettatore viene coinvolto profondamente a livello quasi fisico, con tutti i sensi, nella lotta corpo a corpo sul tatami, a livello cognitivo e affettivo nella progressiva presa di coscienza della protagonista e a livello inconscio.
Cosa spinge infatti Leile a mettere a rischio la sua stessa vita, quella del marito, del figlio, dei genitori, oltre che la sua carriera, pur di continuare a combattere?
Oltre alla sfida tra atlete, oltre alla lotta politica ed esistenziale, ciò che viene magistralmente messo in scena è il conflitto interno di Leila — e di ognuno di noi — tra l'investimento del proprio Sè e della propria identità rispetto all'investimento oggettuale. Non si tratta di una presa di posizione egoistica e meramente narcisistica: non c'è speranza per l'oggetto in assenza di un Sè vivo, vitale e autentico.
Delle stesse autrici è possibile leggere anche la recensione estesa su SPIWEB
A cura di: Silvia Mondini
Sezione Mostra: in Concorso Orizzonti
Dati sul film: regia di Nehir Tuna, Turchia, Germania, Francia, 2023, 118'.
Video:
Intervista al regista e attori
Genere: drammatico, autobiografico
Sinossi:
Siamo in Turchia, nel 1997. La vita del quattordicenne Ahmet subisce una svolta quando il padre, convertitosi all’islamismo, decide di inserirlo in un dormitorio religioso (Yurt) per educarlo al Corano.
Ambientato in un paese martoriato dal conflitto tra religiosi e laici, il film declina, a diversi livelli, le turbolenze adolescenziali e regala un ritratto inedito delle congregazioni religiose, senza trascurare momenti di intensa poesia.
Associazione:
Un’opera in buona parte autobiografica, capace di ritrarre con originalità e delicatezza l’intenso gioco delle dinamiche di esclusione, odio, amore e tenerezza. Un film che, attraverso il racconto del conflitto con l’autorità paterna, religiosa e politica e le infinite sfumature dell’amore adolescenziale, invita a riflettere sul destino asintotico del complesso edipico.
A cura di: Silvia Mondini
Sezione Mostra: In Concorso, Sezione Orizzonti
Dati sul film: regia di Alain Parroni; Italia, Germania, Irlanda, 2023'.
Video:
Trailer
Genere: drammatico, autobiografico
Sinossi:
Tre adolescenti crescono in un mondo senza adulti, immersi in una realtà in cui immagini e suoni tentano di saturare il vuoto di affetti e speranze. Unico modo per lasciare segno di sé é scrivere compulsivamente il proprio nome sul muro o mettere al mondo un figlio. Un film che permette di sperimentare un linguaggio cinematografico particolarmente originale, con suoni immagini e pervasivi, che possono risultare disturbanti.
Associazione:
Un’opera prima autobiografica sul vuoto interno tardo-adolescianziale, su una realtà esterna senza speranza dove gli unici adulti di riferimento sono una nonna, che unisce religiosità e superstizione, e un losco pecoraio. Un film che fa riflettere sul potere dell’arte come strumento per lasciare spazio al sogno e trasformare la realtà in modo poetico e permanente (Freud,1907).
"Anche il poeta fa quello che fa il bambino giocando: egli crea un mondo di fantasia, che prende molto sul serio; che, cioè, carica di grossi ammontari affettivi, pur distinguendolo nettamente dalla realtà" (p.376)
Bibliografia
Freud S. (1907). Il poeta e la fantasia. OSF., vol. 5
A cura di: Elisabetta Marchiori & Lenio Rizzo
Sezione Mostra: In Concorso
Dati sul film: regia di Pablo Larraín, Cile, 2023, 110'., distribuito da Netflix.
Video:
Trailer
Genere: commedia dark/horror
Sinossi:
È un film in cui Pablo Larraín si confronta direttamente con quel fantasma, tanto reale quanto tragico, che infesta tutti i suoi film, il generale Augusto Pinochet. Lo incarna in el Conde”, un pluricentenario vampiro in crisi esistenziale, incerto se continuare a bere sangue e frullare cuori umani, o redimersi. Intorno a lui si affaccendano moglie, figli, un maggiordomo e una giovane e bella suora contabile, chiamata a “sistemare i conti”, personaggi ambigui e grotteschi. La storia, giocata sul registro della satira e della farsa politica, ci viene raccontata, in inglese con perfetto accento British, da una voce femminile
Associazione:
Il film, con la complicità di un bianco e nero che porta lo spettatore in una sorta di angosciante universo parallelo, è la metafora cinica di un potere crudele, che ha succhiato e sparso il sangue dei suoi concittadini, strappando cuori dal petto a mani nude. Quelle scene disgustose, che lo spettatore vede come horror e splatter, sono solo piccoli gesti di crudeltà confrontati agli orrori compiuti nella realtà durante il regime di Pinochet.
Il film ripercorre le "origini" del Conte che, abbandonato dai genitori, cresce combattendo contro ogni rivoluzione, a partire da quella francese, fino ad approdare in Cile: la dittatura è figlia della democrazia liberale, come il Conde è figlio "naturale" della grande politica inglese. E quella voce? Appartiene forse a Margaret Thacher?.
La moglie è complice, i figli appaiono inebetiti, imprigionati in quella "difesa attraverso l'ambiguità" di cui parla Silvia Amati Sas, che è
"afasia dell’orrore”
, fatta di silenzio e apparente indifferenza, estremo “adattamento a qualsiasi cosa” come reazione inconscia alla violenza estrema traumatica d’origine umana, cui incorrerà anche la bella contabile.
Il regista definisce il suo film "un monito allegorico del perché la storia debba necessariamente ripetersi".
Bibliografia
S.Amati Sas, (2017), LA RESISTENZA ALLA DISTRUZIONE PSICHICA, Spiweb
A cura di: Elisabetta Marchiori e Maria Vittoria Costantini
Sezione Mostra: Orizzonti Extra
Dati sul film: regia di Karan Tejpal, India, 2023, 90'
Video: link ad uno spezzone
Genere: drammatico.
Sinossi:
Due giovani uomini, fratelli molto diversi e in conflitto fra loro, si incontrano per recarsi insieme alla cerimonia di matrimonio della madre. Si trovano però casualmente coinvolti nel caso di una donna cui è stata rubata la bambina di cinque mesi. Nel corso della drammatica vicenda, che ha il ritmo e la suspence di un thriller, i protagonisti, compresa la giovane madre, faranno emergere parti nascoste di sè e segreti, che li porteranno a comprendersi e a stabilire un legame di fiducia e rispetto.
Associazione:
Il film si apre con una frase che dice più o meno questo: "Esistono due Indie, che non si incontrano mai e che qualche volta collidono".
Il regista, gli attori e il produttore, presenti in sala, hanno spiegato che si riferiscono alle caste: i due fratelli appartengono a una classe privilegiata che ha tutto, mentre la giovane madre ha solo la sua bambina. Quello che desiderano mostrare è che le persone, in India in particolare, ma anche in tutto il mondo, hanno perso la fiducia nell'umanità e evitano di confrontarsi con il dolore degli altri (Sontag, 2003); l'uso di internet e dei social network permette inoltre che pericolose fake news diventino virali. Il film affronta altre questioni di grande attualità anche per i paesi Occidentali, come la gestazione per altri, che in India comporta lo sfruttamento delle donne più povere, e il rapimento dei bambini (in India ogni dieci minuti ne scompare uno).
È comunque la ricerca della bambina rubata, che fa entrare i protagonisti in contatto con la forza dell'amore materno, il primum movens verso il cambiamento e la risoluzione dei conflitti profondi nel loro mondo interno, disvelando la loro umanità e anche la verità.
Bibliografia
Sontag S. (2003). Di fronte al dolore degli altri. Milano, Nottetempo, 2021.
A cura di: Maria Vittoria Costantini e Elisabetta Marchiori
Sezione Mostra: Orizzonti
Dati sul film: regia di Marianna e Santiago Ariana, Messico, Spagna, 2023, 117'
Trailer: link al trailer
Genere: drammatico.
Sinossi:
La storia è quella di due fratelli e una sorella acquisita uniti dalla vendetta. La regia è firmata da sorella e fratello, la sceneggiatura è del padre, Guillermo Arriaga. Attraverso un lungo viaggio, una fratellanza conflittuale diventa un legame profondo. Il bisogno di vendetta si trasforma in necessità di perdono, tramite la sensibilità femminile.
Associazione:
Guardando questo film viene da pensare al saggio di Freud del 1921 "Alcuni meccanismi nevrotici nella gelosia, la paranoia e l’omosessualità" e anche ai lavori di Kancyper (2004) e di Kaës (2008), entrambi intitolati "Il complesso fraterno" .
Riferimento Bibliografico
In una intervista del 2008 a SPIWEB , Luis Kancyper diceva: " A mio parere, quello edipico non va considerato come l’unico complesso nucleare delle nevrosi. Anche il complesso fraterno ha una funzione strutturante e un ruolo formativo nella vita psichica del soggetto e dei popoli.
Ricordo che, in Totem e tabù, Freud sostiene che, ai loro albori, le religioni, la morale, le società e l’arte hanno in comune una stretta correlazione col complesso edipico. Io credo che egualmente il complesso fraterno svolga un ruolo decisivo in questi albori.
"
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