Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
di Patrizio Campanile
(Venezia), Membro Ordinario con funzione di Training della Società Psicoanalitica Italiana, Presidente del Centro Veneto di Psicoanalisi.
Perché l’essere umano, anziché basare benessere e sicurezza sul riconoscimento della realtà e cioè delle percezioni e dei fatti, preferisce o è costretto da ragioni interne o per la complicità di seduzioni provenienti dall’esterno, a sfuggire il loro riconoscimento? Quali pericoli rendono non solo necessario, ma talora inevitabile il ricorso al diniego?
Benessere, sicurezza e all’opposto paura, senso di precarietà ecco chiamato subito in causa il narcisismo messo in crisi da pericoli interni e da pericoli esterni.
Qual è la via che l’individuo può percorrere per rimanere aderente alla realtà, tollerarla quando inevitabile, modificarla se possibile, comunque affrontarla? Quali appigli trova dentro di sé per affrontare questi compiti e proteggere, se c’è e quando c’è o far crescere quando non c’è, un progetto di vita?
C’è da misurarsi con il pensare la speranza; con ciò che la sostiene a livello cosciente (ma è qualcosa che riguarda solo il conscio?) e ciò che la spegne. Ideali, affetti, legami … tutto può contribuire a mantenere vivo un qualcosa di potenzialmente vitale, ma che può essere anche terribilmente distruttivo, com’è l’illusione (fenomeno cosciente, ma solo?).
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L’idea di questo Colloquio è nata guardandoci attorno: il diniego sembra la cifra della nostra epoca con le valenze distruttive che può avere. Eppure, quando abbiamo cominciato a confrontarci con questa tematica subito si è posta la questione di cosa sia per l’individuo la realtà, di quanta realtà possa essere tollerata e quindi in che misura dobbiamo difendercene eventualmente ricorrendo al diniego? Ma si tratta in tal caso e sempre di diniego? Che altri concetti psicoanalitici possono venirci in aiuto per indagare questi fenomeni? E che rapporto c’è tra meccanismi inconsci, quali sono per definizione i meccanismi di difesa (diniego, negazione, isolamento dell’affetto, isolamento del pensiero, annullamento retroattivo, …), ed azioni psichiche coscienti che sostengono non necessariamente l’inconsapevolezza, ma l’evitamento ed eventualmente la menzogna? E poi: che effetti hanno gli uni e le altre sull’apparato psichico dell’individuo e sui suoi prodotti? Producono scissioni, prevedono perniciose coesistenze tra opposti o quote di buon rapporto con la realtà, compromessi che intaccano in diversa misura l’integrità dell’Io?
Quanto il ricorso al diniego apre la strada a costruzioni di supposte realtà, a finzioni, a teorie che alterando, distorcendo, eliminando la realtà del dato percettivo e dei fatti portano più o meno inevitabilmente ad affidarsi, con un progressivo impoverimento ed irrigidimento del pensiero, a soluzioni idealizzanti che piegano l’illusione in una direzione mortifera cosicché, anziché sostenere una possibile speranza, di fatto la svuotano di efficacia? Quanta energia psichica si investe, si spende, si dissipa nelle varie soluzioni adottate?
Il terreno elettivo su cui basare la ricerca non può che essere la clinica che troverà ampio spazio nel Colloquio; è immergendoci in essa che possono crescere in noi ipotesi e teorie esplicative, possiamo indovinare e fantasticare chiavi di lettura. Al tempo stesso è per il nostro essere individui in società che, osservando i fenomeni sociali in cui siamo immersi, possiamo indagare fenomeni e processi che vanno al di là dell’individuale e che, diventando sociali, ricadono sull’individuo stesso plasmandolo ed offrendogli vie di fuga di fronte all’angoscia o, all’opposto, sono capaci di sostenere anche a livello individuale soluzioni creative e sforzi per migliorare la realtà personale e collettiva. Ed anche questo desideriamo che il Colloquio possa affrontare.
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