Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
di Anna Cordioli
Maya De Leo, nel suo bel libro “Queer” (2021) racconta di come nell”800 la stampa fosse morbosamente attirata dalle storie che riguardavano l’omosessualità e quelle che oggi chiamiamo le varianze di genere.
De Leo fa notare l’incredibile disparità tra la reale incidenza numerica di queste vicende e la sovraesposizione mediatica che le riguardava.
Uscivano articoli, pamphlet, libri di appendice, finti memoire e via dicendo.
Anche gli scienziati del tempo erano letteralmente ossessionati dalle persone queer.
Noi sappiamo bene che il voyeurismo è una perversione dalle molte propaggini, alcune anche ben tollerate dalla società. Non di rado, nella storia, la compulsione a voler sapere con chi abbia fatto sesso questa o quella persona è diventata anche motivo di scandalo istituzionale se non, addirittura, di santa inquisizione.
Ed eccoci qui, ad una settimana dall’uscita della notizia di un uomo transgender scopertosi incinto, ad essere sommersi di articoli e servizi televisivi, molti dei quali veramente disturbanti.
Come se ne parla? ma anche, perché se ne parla così?
Non mancano le battute da caserma o i ben più gravi proclami politici.
Le correnti d’opinione che ostacolano il riconoscimento dei diritti delle persone Trans, si sono molto impegnate per trarre vantaggio dalla notizia, sfruttando la confusione ma soprattutto la curiosità morbosa del lettore medio che poco sa di questi temi e che però ama sentirsi competente su tutto.
E così mi sono imbattuta in articoli che aggrovigliavano la faccenda, rendendola sempre più oscura e meno comprensibile. Sembra anzi che gli opinionisti (e gli esperti) ci trovino gusto a passare da un tema all’altro, persuadendo l’ignaro ascoltatore nelle loro convinzioni, senza dare reali informazioni.
Vorrei, dunque, provare a dare ordine ad alcuni argomenti, anche per poter ragionare con un minimo di serietà.
Proverò dunque a distinguere alcuni temi che in questi giorni ho sentito trattare con colpevole confusione.
I 5 temi che ho sentito mescolare senza alcun metodo sono: la transizione, la sessualità, la gravidanza, l’IVG e i bloccanti della pubertà.
Andrebbero distinti, invece che continuare a collassarli in un’unica matassa di parole.
1) La transizione.
Il primo elemento che attrae la curiosità nella storia di Marco è il suo essere un uomo trans. Si legge che abbia già eseguito la mastectomia, sia sotto terapia ormonale, abbia ottenuto il cambio all’anagrafe e fosse in attesa di isterectomia.
Alcuni opinionisti lo chiamano “Donna”, altri “uomo”, altri “donna con l’aspetto di un uomo”. Già dal linguaggio scelto per parlare di Marco si può comprendere quale sia il pensiero di chi commenta. Spesso chi si avvicina da poco a questo tema, fatica a comprendere quando usare un termine e quando un altro. E’ legittimo che chi si avvicina fatichi col linguaggio ma non vale altrettanto per gli esperti.
D’altro canto, ci si aspetta che qualcuno che parli da tecnico di un dato argomento, ne abbia una conoscenza profonda, al punto che l’uso delle parole sia una scelta, non certo una svista.
Per facilitare chi conosce poco l’argomento è utile sapere che il percorso per giungere alla rettifica dei documenti è molto lungo, comporta una parte molto sociale e poi una parte che è stata regolamentata per legge.
Se riferirsi ad una persona in transizione con il suo genere d’elezione è cosa gentile (che comunque non guasterebbe), diventa necessario farlo quando, per effetto della delibera del giudice, la persona ha cambiato i documenti.
Dunque se c’ stata la rettifica dei documenti, questo Marco è uomo e va chiamato uomo.
Nello schema qui sotto si possono vedere le tappe principali del processo di affermazione di genere, di norma iniziabile una volta superata l’età del consenso.
In Italia la transizione è regolata dalla legge 164 del 1982 che sancisce il diritto di una persona a chiedere il cambio anagrafico di genere.
Nella sua prima formulazione la legge accordava la rettifica amministrativa solo dopo l’operazione agli organi genitali. Già dal 1985 e negli anni successivi le sentenze hanno problematizzato la necessità di tale operazione. Ad oggi la materia giuridica in tema di rettifica di genere è in continua evoluzione ma è anche soggetta alle interpretazioni dei singoli giudici, cosa che rende incerto e talvolta penoso il processo di transizione.
In generale, il trend è quello di concedere la rettifica dei documenti dopo che si sia compiuta una transizione sociale, supportata da una terapia ormonale di almeno un anno. L’operazione non è più dirimente. Esistono dunque sia persone transgender a cui è stato fatto obbligo di riassegnazione chirurgica, sia persone che non hanno compiuto l’escissione dei genitali e che, decideranno col tempo se ricorrere alla chirurgia oppure no.
È da sottolineare che non tutte le persone Transgender provano disagio per i propri genitali di nascita: conservare i genitali e gli organi riproduttivi non implica necessariamente sentirsi sospesi all’interno del processo di transizione.
Questo discorso, di solito lascia confuse molte persone che ragionano con l’assunto che il genere sia definito dai genitali.
Non mi soffermo, qui, a spiegare perché questa idea sia più una consuetudine che una verità ma vorrei invece sottolineare che, per comprendere quanto genere e genitali non siano equivalenti, basterebbe conoscere e parlare con le persone T.
Nelle loro testimonianze si apre un mondo di vissuti profondi che ci mostra quanto poco sappiamo di questo argomento.
Se è vero che per la maggioranza delle persone , la teoria del binarismo aiuta a fare ipotesi di funzionamento generale, esiste una minoranza (circa l’1% della popolazione mondiale, IPSOS 2021) per cui questa teoria risulta insufficiente per comprendere ciò che vivono.
Le minoranze spesso fanno saltare le teorie forti (generando ostilità e paura in chi ci si aggrappava) e anche nel caso dei transgender avviene così.
Come dice saggiamente Malde Vigneri “Ci troviamo di fronte a una nuova frontiera e non sarà facile comprenderla.”
2) La Sessualità.
Nel caso di cui stiamo parlando, Marco rimane incinto dopo un rapporto con un uomo.
I giornali titolano: “La gravidanza sarebbe soltanto il frutto di un rapporto volontario con un uomo. Un breve passo indietro, durante il percorso intrapreso“.
La curiosità più ricorrente in internet riguardava proprio la sessualità di questo giovane uomo.
“Se vuole diventare uomo perché fa sesso con un uomo? È omosessuale? E se non fosse sicuro della transizione e questo fosse un tentennamento?”
A queste domande, come a molte altre, solo Marco potrebbe rispondere. ma va notato che sono il segno di un voyerismo eccitato a cui seguono illazioni molto intrudenti. E forse proprio per questo sono domande che meritano una riflessione.
Ma prima vorrei riportare una breve conversazione avuta anni fa con un amico che al tempo aveva da poco concluso la sua transizione. Mi parlava di un ragazzo con cui era uscito e io, sapendolo eterosessuale, ero un po’ confusa, forse voyeuristicamente incuriosita. Con la confidenza che si ha tra amici gli chiesi come mai, al netto della avvenuta transizione, fosse stato con un uomo…
A questo punto mi immagino un picco di interesse da parte del lettore. Non è estremamente eccitante addentrarsi in queste faccende così da vicino? È necessario esserne consapevoli: è ben difficile essere “senza desiderio e senza memoria” di fronte a questi temi e ci si accorge di avere un angolo di apertura mentale sempre minore di quello che si pensa di avere.
Così capitò a me. Io ero tutta avviluppata in pensieri su eterosessualità, omosessualità, transomosessualità e diosacosa, per cui la risposta del mio amico mi stupí per la sua semplicità.
“Anna…lo sai… Siamo giovani e pieni di vita (al tempo aveva circa 30 anni). Abbiamo desideri sessuali come tutti, abbiamo voglia di sentire eccitamento e tutte quelle cose lì. È chiaro che io preferirei stare con una donna ma mi sento anche insicuro in questo momento. Piacerò? Ce la farò? Come andrà?
Per cui qualche volta vai un po’ sulle cose già sperimentate. È tutto meno contorto di come te lo immagini“.
Sarò per sempre grata a questo amico per avermi risposto e per avermi, in un colpo solo, mostrato 2 cose: la prima era che non stavo capendo la situazione perché non ero libera di pensare anche le cose semplici (come se le questioni queer implicassero sempre chissà che attorcigliamento) e la seconda era che il tema della preferenza sessuale non viene scalfita ad ogni rapporto fisico.
Esiste, cioè, un bias che fa spesso pensare alla vita sessuale come ad un tutto che debba essere o tutto bianco o tutto nero e che, in presenza di variegature, si compia una sorta di sacrilegio che invalida l’intero.
Ma a farci pensare così è una rigidità legata ad un io ideale che procustizza la sessualità (e il mondo delle fantasie) affinché il nostro rapporto con l’altro sia o tutto eterosessuale o sia tutto omosessuale.
Ma abbiamo allora dimenticato il portato rivoluzionario della psicoanalisi?
Il polimorfismo della pulsione e la ricchezza ubiquitaria delle fantasie inconsce hanno ancora un valore euristico per me, eppure io stessa talvolta ricado in ragionamenti monosessuali.
È invece auspicabile vedere il limite della propria comprensione prima di accostarsi al mistero che ci pone l’altro. In questo senso Levinas (1979) ci ha richiamato alla responsabilità che abbiamo quando incontriamo un altro essere umano.
Così la faccenda della sessualità di Marco, il ragazzo incinto, è da considerarsi fatto privato e misterioso, non certo spiegabile con cliché da giornale. Potendo tenerci per noi le nostre domande e le nostre stolide certezze, ci tocca ammettere che nulla sappiamo del perché abbia fatto sesso con un uomo e che le spiegazioni su eventuali ripensamenti sono di ordine divinatorio o, peggio, moralistico.
3) La genitorialità transgender.
Come dicevo, la legge italiana ha inaugurato la possibilità di transizione solo a patto che la persona si operasse. L’operazione ai genitali implicava la sterilizzazione dell’individuo.
Questa era una richiesta che lo stato faceva a chi voleva la rettifica dei documenti, una sorta di do ut des: “tu mi fai vedere che ti sei operato e io ti concedo di poterti presentare con una carta d’identità conforme a ciò che mostri alla società“.
I documenti sono un passaggio importante perché senza di essi è estremamente difficile trovare un lavoro, accedere ai servizi o anche solo circolare per strada. Una persona in transizione che non abbia ancora la rettifica dei documenti deve girare con un foglio scritto dal proprio terapeuta che testimoni la sua condizione altrimenti, ad un qualsiasi controllo patente, la persona può essere incriminata per furto di documenti o per travisamento.
Prima della legge sul diritto alla transizione le persone Transgender avevano enormi difficoltà a trovarsi un lavoro e non di rado finivano ad avere vite ai margini, spesso dovendo ricorrere alla prostituzione.
Il cambio dei documenti, dunque, rende possibile a questi individui una vita socialmente integrata, almeno sul piano lavorativo e di accesso ai contratti.
Però, come si diceva, la legge imponeva la sterilizzazione. La società chiedeva questo “pagamento”. Ma era necessario? O è anch’esso il frutto di un compromesso che copre un profondo rifiuto di ciò che non capiamo?
Negli anni i giudici e i legislatori si sono posti il tema della legittimità di questa richiesta, soprattutto visto che non tutte le persone trans chiedono o vogliono operarsi. Operarsi è un fatto estremamente traumatico per taluni individui e la cassazione (2015) ha stabilito che la rettifica dei genitali non possa essere richiesta quando comporti un attacco alla stabilità psichica del richiedente.
Tocca soffermarsi su questa lettura perché, tra le righe, afferma che, fino a prima, lo stato aveva chiesto a queste persone di aggredire il proprio corpo anche molto oltre quello che loro stesse chiedevano.
In una conversazione, un uomo Trans, che aveva ottenuto la rettifica dei documenti una decina d’anni fa, lui mi diceva con amarezza: “Io non ho potuto scegliere se operarmi o no. Sono stato sterilizzato e soprattutto sento che tutti davano per scontato che io dovessi essere sterile. Ho capito con gli anni che non mi ero mai chiesto se avrei voluto avere figli, perché nessuno mi ha aiutato a pensare che avevo il diritto di averne anche in qualità di persona trans.”.
Avere un figlio implica avere ripensamenti sulla transizione?
Chi ha opinioni trans-escludenti dice di sì o cerca di mettere la pulce nell’orecchio. Dice che l’uso dei genitali in maniera procreativa riaggancia l’individuo al binarismo biologico e dunque invalida e nullifica la domanda di transizione.
È fortunato chi ha certezze incrollabili. Ancora più fortunato chi è mosso da certezze di fede…
Io, che sto immersa nell’umano, accetto di farmi la domanda che le persone trans impongono: quanto impatta la generatività sull’identità di genere?
Questa è una domanda che non vale solo per le persone trans e mi porta a ripensare all’orgoglio che provano le persone nell’avere figli. Un uomo è “più uomo” se ha molti figli e una donna è “più donna” se ha generato.
O almeno così si dice.
E dunque vale anche il contrario? Un uomo è meno uomo e una donna è meno donna se non hanno figli?
Un certo tipo di politica direbbe di sí…
Ecco, dunque, uno dei depositi velenosi del far coincidere il genere con la generatività.
Eppure va riconosciuto che c’è, nella generatività, un “di più”, una eccezionalità che lascia colmi di contatto con il corpo e con la vita. Andrebbe esplorato senza facili equazioni, soprattutto senza giungere a mortificare chi non genera o imporre a qualcuno di non generare.
Tornando dunque a Marco, non appena si è saputo della sua gravidanza, il dibattito è stato ricondotto al suo genere, più che al suo diritto di generatività.
“Ora che è incinto è più donna. Ora che è incinto è meno uomo. Forse è rimasto incinto perché aveva una ambivalenza inconscia sull’essere maschio e ha provato di nuovo ad essere donna.“
Ma se invece smettessimo di usare pensieri preconfezionati?
Non abbiamo idea di come si senta questo ragazzo. Non sappiamo il suo vissuto di genere e non sappiamo il suo vissuto a riguardo della sua generatività. Chissà come si mescolano in lui queste due dimensioni, chissà se le sente nemiche o se le può fare coesistere.
In realtà nel mondo esiste già un certo numero di figli nati durante e dopo la transizione. Da quando le persone T hanno cominciato a pensare di non dover rinunciare ad essere genitori, il numero di questi bimbi è aumentato.
Per quanto sia assurdo, tocca dirlo: sono persone, dovrebbero avere i diritti di tutti, non hanno commesso un crimine per cui lo stato non dovrebbe limite in alcun modo i loro diritti, compreso il diritto ad usare l proprio corpo per avere un figlio.
La corte Europea dei diritti dell’uomo nel 2023 ha addirittura varato una norma che struttura la registrazione dei bambini nati da uomini trans.
Un altro aspetto sgradevole del modo in cui è stat trattata la notizia è relativa alla sorpresa di Marco, quando si è scoperto incinto.
Si è messo in dubbio che Marco non si fosse accorto della gravidanza, come a fare illazioni sulla sua ambivalenza alla transazione. Ma cosa ne sappiamo? Qualcuno è così vicino alla vicenda da sapere come è andata?
Non è raro che una donna si accorga di una gravidanza anche oltre il quarto mese, specie se soffre di irregolarità mestruale. Marco può aver attribuito l’assenza di ciclo agli ormoni della transizione e anche le trasformazioni del corpo può averli attribuiti alla stessa causa.
Era stato adeguatamente informato sulla sua potenziale generatività? Aveva ragionato su di essa? Aveva scelto la sterilizzazione dopo un adeguato percorso o solo perché la legge lo richiede?
Era pronto a operarsi?
Non diamo per scontate le risposte a tutte queste domande.
Marco è un uomo come tanti, non ha il compito di rappresentare tutte le persone Trans d’Italia, non ha il compito di non fare errori perchè altrimenti la sua storia sarebbe stata usata contro di lui e contro tutti.
Se si deve fare di più perchè la coscienza di fertilità aumenti tra le persone trans, facciamolo! Ma facciamolo anche a livello di società.
la maturazione di una consapevolezza di genitorialità la si fa restando nel flusso delle generazioni, restando del sentimento di appartenere alla società.
La società italiana invece non parla della fertilità delle persone trans, i media (così tanto accusati di essere molto queer friendly) non trattano questo tema e sono eternamente congelati al momento della definizione dell’identità di genere. Non permettiamo alle persone trans di diventare grandi, avere desideri adulti, progetti adulti. Li raccontiamo sempre ad un bivio.
Ad oggi, nella mente della maggioranza, la transazione è ancora sinonimo di sterilizzazione.
Fin che le persone T non potranno chiedersi con serenità che rapporto vogliono avere con la genitorialità (senza il rischio di essere sbattute in prima pagina), non potremo che trovarci di fronte a situazioni traumatiche.
Detto questo, sappiamo che esiste una netta opposizione nei confronti delle genitorialità queer.
Nonostante 40 anni di studi longitudinali che testimoniano la buona salute psichica dei figli delle famiglie arcobaleno, sono ancora forti i pregiudizi sul fatto che l’omogenitorialità sia un danno per i bambini (Carone, 2021).
Non mancano mai gli psi che non credono a queste ricerche neppure di fronte all’enorme mole di dati, osservazioni ecc.
La legge discrimina l’omogenitorialità, basti pensare che se una coppia eterosessuale ricorre alla fecondazione eterologa, comunque entrambi vengono riconosciuti come genitori mentre così non è per le coppie lesbiche.
Amaramente, tocca riconoscere che esiste una ostilità nei confronti della genitorialità queer, anche quando non coinvolga la gestazione per altri.
Nel caso delle persone Transgender il pregiudizio diviene ancora più smaccato.
Nel mondo non mancano i bambini nati da persone sia prima che dopo la transizione (senza sterilizzazione). Tra qualche anno potremmo fare riflessioni su base osservativa invece che su base ideologica.
Sicuramente le gestazioni delle persone Trans ci pongono molte questioni, ci inducono a molte domande. Ci prospettano un mondo a cui non siamo abituati, che non si spiega facilmente con l’equazione uomo:padre=donna:madre.
Sono certa che non saremo comodi ma non trovo nulla di male nel cercare di fare spazio affinché ciascuno si senta un po’ più accolto.
4) L’interruzione volontaria di gravidanza.
Nel caso della storia di Marco, il giovane, colto di sorpresa dalla gravidanza, ha chiesto di interrompere la gestazione anche se sono stati superati i termini per l’I.V.G.
Noi sappiamo che in Italia l’interruzione di gravidanza è un tema ancora molto battagliata. Solo pochi giorni fa, la camera dei deputati ha ospitato un convegno per la revisione della legge 194, in senso restrittivo.
Questa storia di Marco va dunque osservata sia nel suo specifico sia nel dolente dibattito in corso sull’ivg.
Personalmente dubito che verrà concessa l’interruzione di gravidanza nonostante complessità del caso. A questo si aggiunge la risonanza ricevuta dal caso, che ha fatto alzare ulteriori muri.
Mi sembra di aver capito che il feto non abbia risentito del fatto che il giovane abbia continuato l’assunzione di ormoni mascolinizzanti e che sia dunque sano.
La domanda è se Marco corra dei rischi psicologici sentendosi costretto a una gestazione non voluta e che può sentire come una aggressione al suo vissuto interno.
Sempre Malde Vigneri rifletteva sul fatto che il rischio di un break down psicotico dovrebbe essere un motivo per valutare di concedere l’IVG oltre il terzo mese.
Chissà se Marco otterrà una tutela nei confronti anche della sua salute.
Sicuramente sta patendo il destino di molte donne che, anche senza la complicazione della transizione, si sentono rifiutare la richiesta di un aborto anche per motivi gravi. Questo fa di lui una donna?
Un’esperta, intervistata da giornali vicini alle posizioni pro-life e trans-excludent, sembrava trionfante di fronte a questa situazione, usandola per rimarcare il fatto che Marco è e resta biologicamente una donna.
“Una donna resta tale anche quando si percepisce uomo e affronta i trattamenti come Marco che cambiano l’aspetto esteriore e gli equilibri biologici ma lei è rimasta donna biologicamente, tanto che è restata incinta”.
Nelle argomentazioni si evince la posizione ideologica sottostante: dietro ad argomenti biologico-centrici emerge una svalutazione della richiesta stessa di transizione. Ma questa posizione andrebbe resa esplicita, invece che nascondersi dietro a discorsi da scienza dura.
Tocca sempre ripartire da capo? Le persone Trans devono sempre ripartire dal difendere il diritto alla transizione?
Fatico a pensare che sia una cosa degna di uno scienziato, lo svalutare le vite altrui per vincere una disfida ideologica.
È proprio l’assetto etico che non posso condividere.
Mi chiedo anche cosa sarebbe successo se Marco fosse stato felice della gravidanza. Si sarebbe aperto il tema del diritto di ciascuno a poter generare o si sarebbe parlato di revocare la transizione?
In altre parti d’Europa e del mondo ci sono movimenti di consapevolezza che si muovono per chiedere maggiore tutela istituzionale per i genitori trans, esistono anche campagne che chiedono un accesso reale all’ivg per le persone trans. Sono consapevolezze anni luce avanti a quelle che ho letto sui giornali in questi giorni.
C’è addirittura chi, per sminuire in ogni modo le persone trans, le descrive come disinformate e manipolate.
Esistono sicuramente le persone disinformate ma, mediamene, le persone trans adulte hanno molte più informazioni di un clinico: si informano sugli ormoni, sulle procedure mediche e chirurgiche, si informano sugli aspetti sociali, su quelli giuridici e via dicendo.
Ciò che a molti sfugge è che, ad eccezione di qualche persona in cui la varianza di genere si accompagna a delle psicopatologie maggiori, le persone trans sono consapevoli che la genetica non si cambia. Sono consapevoli che prenderanno medicinali tutta la vita, che dovranno comunque fare screening per la salute di genere (es per la densità ossea) ecc.
Il loro cercare di stare in comunità, le aiuta contro la disinformazione e le aiuta ad informarsi sui loro diritti, non ultimi anche quello alla gravidanza e all’ivg.
Le persone Trans affrontano un percorso lungo, fisicamente doloroso e tutt’altro che comodo.
Sono le persone cisgender che non ne hanno idea e spesso pensano che la transazione sia un capriccio o un delirio.
Le stesse persone Trans parlano della permanenza del dato biologico perché sanno l’importanza di studi medici specifici e anche perché non sono più così prone a rinunciare al diritto di procreazione.
Il dato biologico non è più un taboo da molto tempo, sui giornali lo usa solo chi vuol fare colpo su un’audience poco informata.
Però , tornando a Marco, vorrei sottolineare quanto sia disgraziato usare l’argomentazione del dato biologico come trionfo del pensiero binaristico.
Marco non vuole portare avanti la gravidanza.
Quando si è di fronte ad una richiesta di IGV, certi argomenti trionfanti, tradiscono un certo sadismo.
Il sottotesto è che le persone trans debbano essere punite per la loro Hybris.
Il trionfo con cui si parla di dato biologico invece che affrontare il tema dell’IVG è come se si dicesse: “Marco ha voluto rifiutare il suo genere biologico? Verrà punito con una gravidanza che non può essere interrotta”.
Si muovono, dunque, anatemi quasi ancestrali nel profondo di questi dibattiti sui massimi sistemi.
Io invece sono molto preoccupata e dispiaciuta per Marco. Mi accorgo di provare un senso protettivo all’idea di questo giovane uomo confuso sul da farsi, sul chi poter essere, sul come superare questa ennesima prova della vita.
In questi giorni, invece che essere ascoltato nella sua richiesta, è stato usato per rimettere tutto in discussione. La confusione creata nel trattare questi argomenti ha spostato il focus non solo dalla richiesta di IVG ma anche da Marco stesso.
Mi auguro che incontri ginecologi e infermieri capaci di comprenderlo e accompagnarlo, che non lo torturino con idee sul dato biologico e sulla generatività, che lo rispettino.
Qualsiasi cosa accada a lui e al bimbo che pare nascerà, spero che possano incontrarsi lontano dalla violenza argomentativa di questi giorni.
5) I bloccanti della pubertà.
I giornali e i dibattiti sulla vicenda di Marco, si sono divisi in quelli che sono rimasti sulla vicenda della gravidanza indesiderata e quelli che hanno allargato così tanto il tema da tirar dentro i bloccanti della pubertà.
Marco è giovane ma non è un adolescente dunque era come se, parlando su un caso di IVG, qualcuno facesse un focus sul menarca. Perché farlo?
Non è un dettaglio piccolo.
Cosa c’entra il trattamento degli adolescenti con il caso di un adulto che chiede l’IVG?
Questa è una domanda che mi inquieta.
Ovviamente questi dibattiti in TV, divenivano caotici, scomposti, delle arene di opinionismo.
Vigeva dunque l’ennesima confusione argomentativa sul tema delle persone Trans. Anche attraverso l’allargamento a questo tema era come se, ogni volta, si dovesse ricominciare da capo: ridiscutere tutto fin dall’inizio, fin dalla legittimità stessa della transizione.
I dubbi sono un importante strumento di conoscenza e discrimine ma va anche riconosciuta la radice capziosa di certe eterne rimesse in discussione.
Riportare sempre le questioni di genere all’adolescenza è un modo per non pensare mai le persone Trans come adulti, generativi e parte della società.
Il caso di Marco è quello di un adulto, sessualmente attivo che chiede un IVG per motivi seri. Invece è stato usato per rimettere tutto in discussione:
Ha voluto essere un uomo? Ora non può più! ha fatto sesso con un uomo? È una donna! È rimasto incinto? È una donna? Chiede l’IVG! Così impara a pensare di non essere una donna! Vuole scegliere per se stesso? Non è maturo per farlo!
Penso invece che questo giovane andrebbe avvicinato cercando di capire in che punto della vita è, non sminuendolo con i nostri discorsi, ma aiutandolo ad affrontare questo difficile momento personale.
Provo enorme fatica nel vedere “esperti” di sorta assumere un atteggiamento paternalistico. Sembrano dire che Marco è immaturo, non è informato, non è consapevole, non poteva scegliere prima e non può scegliere ora.
Questo atteggiamento paternalistico è estremamente svalutante. Non si propone di aiutare la persona ma punta solo a guadagnare una posizione di autorità.
E noi? Noi impareremo a fare dei dibattiti sul tema delle transizioni senza esporre le singole persone?
Impareremo a porre e a porci questioni veramente utili al benessere delle persone con una disforia o con una varianza di genere?
Impareremo a trattare questo tema senza fare guerre e aggrovigliamenti invece che cercare di capire?
Dipenderà da quanto prenderemo sul serio l’esistenza delle persone Trans.
Bibliografia
Carone N., 2021, Le famiglie omogenitoriali. Teorie, clinica e ricerca Condividi, Raffaello Cortina Editore.
De Leo M., 2021, Queer.Storia culturale della comunità LGBT+, Einaudi
IPSOS 2021, LGBT+ PRIDE 2021 GLOBAL SURVEY –KEY FINDINGS. (Qui il link)
Levinas E. ( 1979) Il tempo e l’Altro, il melangolo, Genova,
Vigneri M., 2023, La psicoanalista: “Marco per la legge sarà madre e padre: in Italia ora si apre una nuova frontiera”, 21 Gennaio 2024, Repubblica.it (Qui il link all’articolo)
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