Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
di Manuela Oliosi
“Scopo della psicoanalisi è aiutare il paziente a collegare le parti scisse di sé, che comprendono i suoi impulsi e le parti scisse dei suoi oggetti, per rimetterle insieme e unirle”.
M. Klein (2017, p.133)
Lezioni sulla tecnica comprende sei scritti risalenti al 1936 e la trascrizione dei seminari tenuti a giovani analisti nel 1958, materiale ritrovato negli archivi del Melanie Klein Archive e pubblicato per la prima volta nel 2017.
John Steiner, appassionato e rispettoso estensore dei contributi raccolti nel volume, propone una introduzione critica che guida il lettore alla scoperta del prezioso materiale. Si tratta di linee guida che la Klein considera un ideale a cui aspirare e illustrano l’adattamento della tecnica del lavoro con i bambini agli adulti. Egli sottolinea non solo la rilevanza storica della produzione teorica ma anche la modernità dei contenuti presentati.
Il testo è molto ricco, complesso ma godibile grazie alla freschezza della scrittura e dello stile kleiniani. Esso spazia dall’atteggiamento analitico, al transfert/controtransfert, al rapporto tra fantasia e realtà, alla questione del rapporto tra amore e odio nel transfert positivo e negativo.
Sorprendono le nuances di colorazioni e declinazioni che la Klein propone nella teoria e nella clinica distanziandosi dalla deriva totalitaria dei suoi seguaci. Mi verrebbe da pensare, ricordando il lavoro di Laplanche (1992), abbiamo bruciato troppo presto Melanie Klein?
L’Autrice sottolinea l’ubiquità del transfert la cui analisi consente l’accesso alle fantasie inconsce che rendono comprensibile la vita mentale. Utilizza il concetto di ‘posizione di transfert’ per indicare che il transfert comprende passato e presente, fantasia e realtà, paziente e analista, sottolineando l’importanza di mantenere un equilibrio tra la disponibilità dell’analista all’ascolto e il non farsi sopraffare dalle proiezioni del paziente.
Steiner individua, in particolare, due questioni che considera attuali e aperte: l’uso del controtransfert e i collegamenti del qui ed ora con la storia infantile del paziente e la realtà esterna.
Melanie Klein era scettica rispetto al fatto che il controtransfert fosse la via regia per accedere all’inconscio del paziente e riteneva che, sebbene esso derivi da un’interazione con il transfert del paziente, ha innanzitutto a che fare con l’analista. Aveva ribadito più volte che il focus prioritario dell’analista era il paziente e che l’eccessiva attenzione al controtransfert poteva condurre ad un restringimento della curiosità dell’analista. Nei seminari affermava: “Non ho mai trovato che il controtransfert mi aiutasse a comprendere meglio il paziente; se così si può dire, ho trovato che mi aiutasse a comprendere meglio me stessa” (Klein, 2017, 123).
E proseguiva: “Se sono consapevole del fatto che il paziente sta spingendo qualcosa di suo dentro di me, dipende da me lasciarglielo fare o meno. Voglio dire che siamo in due, lui lo spinge dentro di me, ma io non lascerò che lo faccia” (Ibid., 125).
Steiner confessa di avere trovato in un primo momento “sconvolgente il pensiero che l’analista possa dire ‘No’ alle intrusioni proiettive da parte del paziente, visto quanto è ormai diffusa l’idea di Bion che l’analista debba ricevere le proiezioni del paziente e dar loro significato” (Steiner, 2017, 22).
Poi, però, aggiunge: “Se pensiamo all’insistenza della Klein sulla disponibilità emotiva dell’analista ci sembra inconcepibile che raccomandasse la chiusura dell’analista alla proiezione del paziente, è dunque chiaro che aveva in mente qualcosa di diverso. Penso che distinguesse tra bisogno di registrare (e, possiamo aggiungere, di contenere) la propria reazione emotiva al paziente, da un lato, e il desiderio di non lasciarsi sopraffare dalle proiezioni, dall’altro” (Ibid., 23).
Secondo la Klein compito dell’analista è disimpegnarsi dall’identificazione proiettiva del paziente per recuperare la capacità di comprensione ricettiva, distinguendo tra proiezione sull’analista da quella dentro l’analista. E’ come se l’analista potesse ripristinare la sua prontezza a dire no alla proiezione, non in modo onnipotente, ma simbolicamente in un tentativo di reintegrare se stesso e recuperare una posizione osservativa piuttosto che un disturbo. La questione della reintegrazione è rilevante perché è fondamentale essere in grado di tornare a pensare “Ora capisco cosa sta succedendo nel paziente” e “Ora sono di nuovo me stesso” (Klein, 2017, 138).
Un secondo tema sollevato da Steiner è fino a che punto l’analista debba rimanere nel qui ed ora dell’interazione della seduta o provare a fare collegamenti con la storia infantile del paziente e con gli eventi della sua vita quotidiana. E afferma: “Sembra che la Klein provi sempre a comprendere sia la fantasia specifica sottesa all’esperienza emotiva del qui ed ora, sia la fantasia universale più generale di cui quella specifica è un esempio” (Steiner, 2017, 25).
Egli ritiene che il riportare gli eventi del passato al transfert sia legato alla convinzione della Klein che un’eccessiva attenzione rivolta alla storia possa rappresentare una difesa dall’angoscia del qui ed ora. Come nel contributo citato dalla Spillius che segue:
“Ma non dobbiamo dimenticare che può esistere anche una sorta di fuga dalla situazione di transfert, nel passato […]. Gli adulti, in certi momenti, possono anche avere voglia di sentirsi di nuovo colpevoli (e così via) in relazione al passato, ma timorosi di sperimentarlo di nuovo nella situazione di transfert […]. Altre volte, il passato, quando si riaccende in tutta la sua forza, diventa tanto soverchiante da provocare una continua fuga, o un ritornare alla situazione di transfert. L’intervento consiste nel dare la massima enfasi all’angoscia e alla colpa nel momento, è questo che ci deve guidare” (Spillius, 2007, 90).
Steiner ci ricorda che nella teorizzazione kleiniana fare un collegamento con il passato ha a che fare con il vissuto fantasmatico del paziente, non con elementi reali. Con tale premessa afferma di avere trovato alcune interpretazioni kleiniane scioccanti (“mi sembrava che fosse andata ben oltre l’evidenza messa disposizione del materiale”, Steiner, 2017, 26) poiché nella psicoanalisi contemporanea ci si attiene all’osservabile e si tende a favorire una sintonizzazione alla portata del paziente.
Steiner va oltre lo smarrimento iniziale e prova a pensare come avrebbe risposto la Klein alle sue obiezioni. Egli ricorda che nella concezione kleiniana le interpretazioni non sono delle imago veritatis bensì delle ipotesi esplorative per indagare le fantasie inconsce. Forse la Klein avrebbe sostenuto che le interpretazioni possono essere utilizzate da paziente e analista per avvicinare la fantasia inconscia piuttosto che essere considerate alla stregua di comunicazioni intrusive, fuori contesto o violente da parte dell’analista. La Klein considerava le fantasie inconsce come antenne per l’inconscio e per questo era rilevante indagarle poiché “la situazione di transfert e l’esplorazione dell’inconscio sono i due fondamentali che devono costantemente guidare la nostra tecnica, e che sono effettivamente interconnessi” (Klein, 2017, 39).
Obiettivo delle interpretazioni è anche la diminuzione dell’angoscia del paziente per consentirgli di accedere ad elementi connessi più direttamente alla fantasia inconscia.
Steiner sottolinea le differenze tra l’approccio kleiniano, che si occupa di interpretare le fantasie inconsce, e la tendenza attuale ad essere estremamente cauti, ritenendo che ciò abbia a che fare con il nostro disagio più che con quello del paziente.
“Oggi, a volte, sentiamo di stare facendo qualcosa di leggermente sconveniente se interpretiamo la fantasia inconscia troppo concretamente nel transfert e potremmo temere che l’intensità del controtransfert ci spinga all’enactment qualunque sia il motivo. […] È possibile che siamo diventati più sensibili alla capacità del paziente di seguire ma è anche possibile che abbiamo perso vitalità e profondità nel processo. […] Forse possiamo imparare dall’approccio della Klein e scoprire modi di esplorare la fantasia inconscia in senso sia generale sia specifico senza che questo ci distragga dall’attenzione giustamente dedicata alla situazione di transfert attuale” (Steiner, 2017, 27).
Bibliografia
Klein M. (2017). Lezioni sulla tecnica. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2020.
Laplanche J. (1992). Bisogna bruciare Melanie Klein? In Il primato dell’altro in psicoanalisi. La rivoluzione incompiuta. Milano-Udine, Mimesis Edizioni, 2021.
Spillius E.B. (2007). Encounters with Melanie Klein. London, Routledge.
Steiner J. (2017). Introduzione. Descrizione e lettura critica delle lezioni e dei seminari sulla tecnica di Melanie Klein. In Lezioni sulla tecnica. Milano, Raffaello Cortina Editore, 2020.
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