"Le fonti dello psichico. A partire dal pensiero di Agostino Racalbuto"

Recensione di Andrea Mosconi

“Le fonti dello psichico. A partire dal pensiero di Agostino Racalbuto”
“Le fonti dello psichico. A partire dal pensiero di Agostino Racalbuto”

Autore: Enrico Mangini e Marco La Scala (a cura di)

Contributi: Francesco Conrotto, Maria Vittoria Costantini, Antonio Di Benedetto, Giuseppe Di Chiara, Cristina Esposito, Fausta Ferraro, Giovanna Giaconia, Amalia Giuffrida, Paola Golinelli, Marco La Scala, Mario Magrini, Enrico Mangini, Franca Munari, Giuseppe Pellizzari, Celestina Pezzola, Agostino Racalbuto

Titolo: “Le fonti dello psichico. A partire dal pensiero di Agostino Racalbuto”

Editore: Borla

Collana: Temi del Centro Veneto di Psicoanalisi “Giorgio Sacerdoti”

Anno pubblicazione: 2009

Pagine: 208 p., Brossura

Col fine di riprendere e ripensare l’eredità scientifica lasciata da Agostino Racalbuto, di soddisfare la sua e comune necessità di poter contare su delle ‘invarianti psicoanalitiche’ per muovere verso nuove esplorazioni teorico-cliniche, gli autori uniscono i loro sforzi prendendo come punto di partenza la relazione analista-paziente per procedere verso la teorizzazione (dalla premessa di Marco la Scala).

 Il V Colloquio del Centro Veneto di Psicoanalisi «Giorgio Sacerdoti», svoltosi a Venezia nel marzo del 2008, fu uno scambio di idee che aveva proprio l’intento di tornare, a tre anni dalla scomparsa di Agostino Racalbuto,  al suo pensiero scientifico, che trova in questo libro una sua rappresentazione ed elaborazione. È un testo che dà continuità ad una tradizione del Centro Veneto di Psicoanalisi, avviata nel 2001 con l’organizzazione del colloquio su ‘Verità Storica e psicoanalisi’, dedicato alla memoria di Giorgio Sacerdoti.         

 Come sottolinea La Scala, era importante che il lavoro di esordio del volume fosse di Agostino Racalbuto: «Pensare. L’originario della sensorialità e dell’affetto nella costruzione del pensiero». Le due citazioni da cui parte Racalbuto, quella di Freud, del 1923 («L’Io è innanzitutto un’entità corporea») e quella quella di Bion, del 1975 («Se, dunque, si consideri l’accumulo dell’esperienza e poi l’uso che viene fatto di questi “possessi”, si usa il vocabolario che è stato forgiato per (e a partire da) il mondo dell’esperienza sensoriale»), sottolineano l’intento integrativo del suo pensiero scientifico, intento peraltro sottolineato dallo stesso autore.

La frase citata più volte da Agostino Racalbuto e ripresa nel testo dai due autori, tratta dal Faust di Goethe, esprime bene la loro partecipazione, anche affettiva, nella stesura dei lavori:

 «Ciò che hai ereditato dai padri,

Riconquistalo, se vuoi possederlo davvero».

Aggiungerei: «ciò che hai ereditato da un collega e amico…».

Questo libro, che rileggo dopo qualche tempo con piacere e con una certa emozione (sono stato allievo di Racalbuto all’università di Padova), muove i suoi passi su uno (ve ne sono molti altri) dei tanti terreni fertili della psicoanalisi, il difficile lavoro con quei pazienti che, in mancanza di un oggetto primario soddisfacente, difettano di un «apparato per pensare i pensieri» (Bion).

Racalbuto, nel suo tentativo, a mio avviso ben riuscito, di integrazione  teorico-clinica, partendo da una condizione originaria insoddisfacente, traccia la necessità di un tempo che promuova il pensare del paziente: si tratterebbe, in attesa di poter  utilizzare una funzione simbolica, di «interpretare i bisogni», ovvero ritrovare «l’affetto di base perduto del paziente (o mai reperito)». Una rêverie materna che ha lo scopo di accostare al funzionamento psichico basato sull’attivazione sensoriale-corporea (che si manifesta anche nel controtransfert) la rappresentazione d’oggetto implicita nella restituzione dell’analista: «Penso perciò che se in analisi non ci fosse una parola in grado di risvegliare processi primari nessun percorso analitico potrebbe dischiudersi» (Racalbuto, 1997, p. 21).

Enrico Mangini e Marco La Scala, i curatori del volume, si prendono proprio cura… del pensiero di Racalbuto e dei colleghi che lo hanno ricordato tracciando un percorso di figurabilità, una possibilità per l’oggetto che passa dalla rappresentazione di cosa e dal rappresentante psichico della pulsione, che ripercorre le fasi  pre-simboliche dell’originario, della complessa relazione madre-bambino.

In quest’area di non-rappresentazione, Enrico Mangini, riferendosi all’abitare da parte del paziente uno spazio psichico limitato, rintraccia nelle parole di questi («eccola qua: …oggi mi sento un acrobata e la rete è lei») la rimozione originaria,  mostrando come l’analista divenga un ‘dispositivo’, la rete di protezione-separazione dello spazio psichico. L’analisi sarebbe in definitiva una buona palestra (Freud) di pensabilità e la rimozione originaria l’architetto dell’inconscio (Mangini, 2008, p. 39).

La Scala ci ricorda come il movimento e la scarica del moto pulsionale divengano l’asse portante della ricerca teorico-clinica di Racalbuto, che trova, nell’articolazione dell’intrapsichico  e della relazione, la sua centralità (La Scala, 2007, p. 7).

I contributi degli autori fissano le tematiche dominanti in una connessione che introduce il complesso procedimento della clinica e della teoria psicoanalitica. Posto che si sta parlando di parole, parole che riprendono gli affetti-sensazione, concetto di Racalbuto aperto a promuovere revisioni e nuove soluzioni cliniche, le riflessioni sembrano seguire quel processo clinico di cui si fanno depositari gli autori che procedono, ripercorrendo la traccia ‘mnestica’ lasciata da Racalbuto, per riconquistare e possedere davvero il lascito di un collega e amico; esercizio di pensiero questo, che penso sia sempre utile riprendere come luogo di esplorazioni cliniche.

Vale la pena di sottolineare l’attenzione posta, al complesso di Edipo, quale ‘invariante psicoanalitica’ e all’adolescenza, definita da Racalbuto un tempo “al limite”, momento fondante di trasformazione e ridefinizione dell’identità, dove le spinte pulsionali sovvertono l’ordine infantile riattivando il trauma originario.

Questa breve recensione, riduttiva rispetto alla complessità dei temi trattati, vuole mettere l’accento sul dialogo affettivo che sembra alimentare la dialettica del testo, dialogo fatto di rimandi intertestuali espliciti tra gli autori che richiamano il lavoro di chi li ha preceduti…, portando ad  un’argomentazione che lascia trasparire una stima reciproca e un fecondo incrocio questo, che andrebbe sempre ritrovato, tra ricordo e individuazione.

Per questi motivi, il lettore rintraccia nel testo il rispetto per Freud, padre della psicoanalisi, ma anche per i maestri che dopo di lui hanno trasmesso e trasmettono il sapere della pratica analitica, trasmissione di cui si occupa l’ultima parte di questo libro. 

 

In copertina: Anna Busato, Nascita di un pensiero (2005).

         

Bibliografia

Bion W.R. (1975) Memoria del futuro. Cortina, Milano, 1993.

Freud S. (1922), L’Io e l’Es. O.S.F. 9.

La Scala M. (2007), Rileggendo «Tra il fare e il dire»: considerazioni sulla rappresentazione    e la figurabilità. In: AA. VV., La rappresentazione tra mondo interno e mondo esterno. In ricordo di Agostino Rcalbuto. Cleup, Padova.

 Mangini E. (2008), Forme del ricordare. Seminario interno del Centro Veneto di Psicoanalisi «Giorgio Sacerdoti».

Mangini E. (2008), Rimozione originaria: spazio dello psichico, tempo dell’analisi. V Colloquio di Venezia; Sulla rimozione originaria. Rivista di psicoanalisi (LV, 2).

Racalbuto A. (1994), Tra il fare e il dire. Cortina, Milano.

Racalbuto A. (1997), Pensare. L’originario della sensorialità e dell’affetto nella costruzione del pensiero. Bion Conference Torino.

Racalbuto A. (2001), Vivendo lungo il «border». Rivista di Psicoanalisi, 47, 1.

Racalbuto A. (2003), Editoriale: Continuità e trasformazione. Rivista di psicoanalisi, 49, 3.

Racalbuto A. (2004), Le parole della cura e la cura delle parole. Rivista di Psicoanalisi, numero speciale.

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