'L'andar a gatognào' della rappresentazione

Andar furtivamente, andar a carponi, gattonare

di Giuseppe Moressa

Interrogarsi sulla nascita della rappresentazione significa ricostruire i primi passaggi evolutivi che portano alla formazione del pensiero. Anche se forse sarebbe meglio dire immaginare ciò che accade nelle primissime fasi dello sviluppo psichico. E qui le cose si complicano non poco. Innanzitutto si deve tener presente che siamo nel campo della costruzione di una teoria su un oggetto e non dell’oggetto stesso. In aggiunta a ciò, ci si deve confrontare con la particolarissima sensazione-percezione che si sta tentando di rappresentare nella nostra mente qualche cosa che appartiene sì al campo dell’esperienza di tutti noi, ma che di fatto proprio per via della materia stessa di cui questa esperienza è costituita – per così dire in divenire – risulterà per un buon tratto, non solo inconscia, ma anche al di qua del rappresentabile. Possiamo immaginarci, rappresentarci, le fondamenta profonde di un edificio, ma non vederle direttamente. Al massimo farne esperienza indiretta. Ciò accade ad esempio nel campo della infant observation. Ma anche nei nostri studi, quando ci capita di avere a che fare con un edificio instabile o rotto dalle fondamenta.

Già dalle prime battute si vede bene come la rappresentazione sia uno di quei termini che ci costringe ad un lavoro psichico notevole. Questo surplus di dispendio energetico andrà tenuto a mente come se fosse una scomodità per l’Io con tutte le attività difensive che un Io scomodato riesce prima o poi a mettere in campo Ritorniamo al proposito iniziale di tentare di descrivere le vicissitudini che portano alla nascita del pensiero.     

Il funzionamento psichico fin dall’inizio è regolato da due principi: il principio di piacere-dispiacere e il principio di costanza. Condizione precaria, interrotta fisilogicamente, nel senso letterale del termine (sia nell’accezione organica che nell’accezione di naturale, di normale) da una parte dalla comparsa degli stimoli-bisogni, dall’altra dalla discontinuità delle cure materne. L’emergere di un stimolo-bisogno fisico interno corrisponde all’interruzione di uno stato di quiete ed ad un aumento dell’eccitamento. Freud cita a mo’ di esempio l’emergere dello stimolo-bisogno ‘fame’ (Freud, S., 1899, p. 515). Tuttavia, è possibile collocare l’emergere dello stimolo-bisogno già durante la vita intrauterina. Ricordo le indicazioni alle future mamme di un rinomato medico specializzato in ecografie fetali qualora il bimbo non si ‘fosse visto bene’ durante l’esame: ‘Faccia dei saltelli signora, piccoli saltelli, così lo disturbiamo un po’. Se non si gira proviamo a bere un goccio di Coca Cola’. Tralasciando lo stato d’animo delle suddette signore (cosa non trascurabile, a dir la verità, infatti spesso i bimbi iniziavano a muoversi non appena le mamme ascoltavano tale richiesta) e ritornando ad osservare gli accadimenti successivi all’emergere dello stimolo-bisogno, nel bambino le cose potranno cambiare con l’aiuto di altre persone, le quali permetteranno al bimbo di effettuare un’esperienza di soddisfacimento. A quest’epoca il bambino sperimenta quindi l’alternarsi di stati fisiologici di bisogno e di momenti di quiete; questa circolarità inconscia (siamo ancora nel campo delle sensazioni) e la sincronia tra bisogno e soddisfacimento sostiene lo sviluppo dell’apparato psichico.

Le prime sensazioni vengono progressivamente ad avere un investimento percettivo-affettivo. Prendiamo ad esempio la fame, in questo caso si stabilirà un collegamento tra la sensazione somatica della variazione dell’omeostasi (quando il corpo esce dal silenzio) e la percezione, l’avvertimento dell’apparato psichico che è avvenuta una sensazione spiacevole (investimento percettivo-affettivo) ed ancora dopo piacevole con il ritorno allo stato di quiete. Il ripetersi di queste esperienze costituiscono un primo sistema di annotazione mnestico. Nel mezzo tra la percezione della sensazione spiacevole e la traccia del soddisfacimento si situa la frustrazione. Se l’oggetto – non ancora avvertito dal neonato come altro da sé –  non soddisfa il bisogno, ad un certo punto compare la frustrazione e con essa, da un lato un tentativo di scarica del bambino attraverso l’apparato motorio, dall’altro un tentativo di appagamento dei suoi bisogni per via allucinatoria. E’ qui, dall’assenza dell’oggetto, che nasce la vortsellung. Render presente un’assenza sperimentata e annotata attraverso lo spostamento del quantum d’affetto sulla traccia mnestica.    

Il termine ‘rappresentazione’ viene ripreso da Freud dal vocabolario della filosofia tedesca e diviene un concetto fondamentale per la costruzione della teoria psicoanalitica. Fin dall’inizio fu usato per spiegare l’eziologia delle psiconevrosi distinguendone i destini differenti tra rappresentazione ed ammontare affettivo. Va precisato che la rappresentazione come investimento della traccia mnestica[1] assume più il senso di ‘significante’. Secondo Freud, infatti, la rappresentazione non è collegata necessariamente ad una specifica qualità sensoriale ma va inscritta all’interno di sistemi mnestici. Ciò significa che Freud introduce anche rispetto alle tracce mnestiche (memoria) delle distinzioni topiche.

La distinzione tra preconscio e inconscio è assimilata  a una distinzione tra due sistemi mnestici. Tutti i sistemi mnestici sono inconsci in senso descrittivo, ma le tracce del sistema Inc non sono in grado di giungere alla coscienza senza deformazioni, mentre i ricordi preconsci (la memoria nel senso corrente del termine) possono essere attualizzati in determinati comportamenti. Postulando il principio economico Freud osserva come il sistema Percezione-Coscienza non possa contenere tracce mnestiche in quanto ben presto si troverebbe impossibilitato, dall’ammontare delle tracce permanenti, nello svolgere le proprie funzioni, ovvero non potrebbe più ricevere nuovi eccitamenti.

Riassumendo, le tracce mnestiche possono essere mantenute grazie ad una quota di investimento nel sistema Prec e nel sistema Inc, non nel sistema Percezione-Coscienza.

Torniamo ora alla rappresentazione, ricordando il dato di partenza, ovvero che si tratta di un investimento della traccia mnestica. Rispetto alla topica freudiana la rappresentazione si differenzia in rappresentazione di parola e in rappresentazione di cosa. La rappresentazione di cosa, non solo visiva ma direi multisensoriale, e che deriva dalla cosa, appartiene esclusivamente al sistema inconscio. Quella di parola, per lo più uditiva, che deriva appunto dalla parola, caratterizza il sistema preconscio-conscio. Va tuttavia sottolineato come non si tratti di una differenza tra gli apparati sensoriali, di una supremazia dell’udito sulla vista. Esistono infatti delle rappresentazioni di parola che in realtà sono trattate come rappresentazioni di cosa e soggette alle leggi del processo primario. In questo caso non costituiscono l’espressione di un pensiero quanto piuttosto espressione di tracce mnestiche investite. 

Più specificatamente la rappresentazione della cosa consiste nell’investimento, se non delle dirette immagini mnestiche della cosa, almeno delle tracce mnestiche più lontane che derivano da quelle impressioni. Qui va ricordato che ciò che viene investito è un sistema mnestico piuttosto che una singola traccia mnestica.

Per quanto riguarda la rappresentazione di parola questa lega assieme verbalizzazione e presa di coscienza. In altri termini la rappresentazione di cosa ottiene il segno specifico della coscienza associandosi ad una immagine verbale. La rappresentazione conscia comprende la rappresentazione della cosa più la rappresentazione della parola corrispondente, mentre quella inconscia è la rappresentazione della cosa e basta. 

Questo cambiamento risulta fondamentale per comprendere il passaggio dal processo primario al processo secondario, dall’identità di percezione all’identità di pensiero.

Questa parziale descrizione sulla nascita del pensiero, che va dalle prime sensazioni, alle percezioni ad esse collegate e poi, attraverso la frustrazione alla nascita della rappresentazione di cosa prima e di parola poi, è utile anche per analizzare il percorso, direi graduale e furtivo, della nascita delle rappresentazioni nella mente dell’analista a partire da stimolazioni percettive portate dal paziente. Disegni, ritratti, profumi, canzoni ed altro materiale, diverso dal fluire verbale a cui chiediamo al paziente di attenersi e che ciononostante arriva in seduta e che spesso ci viene consegnato a ‘futura memoria’.

Come dicevo, a conti fatti, è tutto abbastanza scomodo per l’Io dell’analista che si trova, il più delle volte all’improvviso, di fronte ad uno stimolo già organizzato in una rappresentazione da e di qualcun altro. Il rischio qui è di ritrovarsi a saltare quei passaggi primari fondamentali alla nascita della nostra rappresentazione a partire da ciò che il paziente ci ha fatto sentire e percepire. La scomodità e il surplus di lavoro a cui accennavo sta nel fatto che ciò che il paziente ci offre consciamente può apparirci narcisisticamente appagante (ad es. un regalo) oppure estremamente curato (ad es. un bel disegno) o ancora  molto organizzato (ad es. un profumo che viene donato perchè ricorda una data vicenda  a sua volta collegata ad un certo ricordo) epperò dovremmo, io credo, tenere a mente che stiamo ricevendo, vedendo, annusando l’ultimo atto di qualcosa di qualcun altro e che è stato in buona parte inconscio. Il rischio è, per così dire di andare dritti al punto, di  prendere, anche in questo caso, una scorciatoia.

 

 

Bibliografia

Freud, S. (1899), L’interpretazione dei sogni, O.S.F., vol. III.

 

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[1]  Nell’uso freudiano la distinzione che egli fa tra la traccia mnestica e la rappresentazione come investimento della traccia mnestica rende difficile concepire la presenza di una traccia mnestica pura, cioè una rappresentazione che sia totalmente disinvestita, sia dal sistema C-Prec che dal sistema Inc.

Giuseppe Moressa, Venezia

Centro Veneto di Psicoanalisi

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