Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
di Paola Marion
(Roma), Membro Ordinario con Funzioni di Training della Società Psicoanalitica Italiana.
*Per citare questo articolo:
Marion P, (2024). La Nachträglichkeit, KnotGarden 2024/3, Centro Psicoanalitico di Roma, pp. 63-73.
Per una lettura più agile e per ulteriori riferimenti di pagina si consiglia di scaricare la Rivista in formato PDF.
Delle varie forme che assume la questione del tempo nel complesso modello freudiano e in analisi, la Nachträglichkeit ne rappresenta una particolare e specifica. Essa costituisce la prima e più originale intuizione di Freud sulla non linearità del tempo e della causalità, chiaramente distinta dall’idea di azione differita, in quanto – come dice Jacques André (2009) – il tipo di temporalità introdotta dal concetto sovverte le rappresentazioni convenzionali del tempo, che sono così “prese in contropiede”. Essa si lega, nella originaria concezione di Freud, alla sessualità umana in due tempi e al suo carattere traumatico, e a come essi si ripresentano sulla scena analitica.
Il termine, che ha suscitato molte controversie soprattutto per quella che è stata la traduzione di deferred action scelta dalla Standard Edition, contiene nella lingua tedesca due significati, quello di “posteriore-successivo” (später; folgend) e quello di “supplementare” (ergänzend), Al richiamo temporale a due avvenimenti in successione, tra i quali si stabilisce un legame associativo, si aggiunge il riferimento a un significato ulteriore, inizialmente assente e che il 1° acquista in virtù del 2° attraverso un movimento retroattivo: dal presente al passato, dal passato al presente.
L’uomo dei lupi (1914) rappresenta la più celebre e compiuta elaborazione del concetto, alla luce del quale è impostato tutto il trattamento del caso, al punto che il concetto di Nachträglichkeit diventa costitutivo tanto del funzionamento della realtà psichica che del funzionamento della cura. C’è tuttavia uno scritto di Freud precedente a L’uomo dei lupi, Ricordi di copertura (1899), nel quale egli, senza utilizzare esplicitamente il termine di Nachträglichkeit, sembra però averlo molto chiaro in mente quando scrive che “i nostri ricordi infantili non emergono (…) ma si formano, e una serie di motivi estranei al benché minimo proposito di fedeltà storica contribuisce a influenzare tanto la loro formazione, quanto la loro selezione” (Freud, 1899, 453). Questa osservazione ci induce a riflettere su come la cura stessa possa fungere da stimolo per la creazione del ricordo. Non credo sia un caso che molte osservazioni intorno a questo tipo di funzionamento vengano avanzate in presenza di illustrazioni cliniche, come per es. in Un caso di omosessualità femminile (1920), oppure in Un bambino viene picchiato (1919). Ciò fa pensare che Freud fosse consapevole di aver individuato un meccanismo che non solo sovraintende il modo di procedere dello psichico, ma regola anche il modo stesso del procedere analitico. Il passato, dunque, può essere (ri)-costruito a posteriori, anche in funzione di ciò che siamo, dei nostri desideri, delle nostre attuali aspirazioni. Questo particolare funzionamento descrive la stessa situazione analitica, che può fungere da stimolo per la creazione del ricordo e lo stesso passato può essere utilizzato per dar voce a una situazione traumatica che si colloca nel presente. Il funzionamento nachträglich appare dunque consustanziale anche all’economia psichica che separa il tempo del significato dal tempo dell’esperienza.
Tuttavia, potremmo chiederci se è sufficiente questa “costruzione” del ricordo (Laplanche, 2006) a invertire la freccia del tempo? Come scrive anche J. André (2009), se ci limitassimo alla triade: interpretazione, comprensione, costruzione saremmo all’interno di una ermeneutica riconoscibile. Il concetto di Nachträglichkeit di fatto esprime qualcosa di più. Non solo, infatti, contiene una doppia direzione del tempo al suo interno, dal presente al passato e dal passato al presente, ma opera una trasformazione sul trauma stesso. La prima scena, sperimentata dal soggetto (la scena di seduzione, per esempio), viene investita dall’interno e “messa da parte”, ed è proprio questo investimento interno che fa sì che “un ricordo diventi un trauma solo più tardi” (Freud, 1895, 256). La latenza, che separa il primo evento dalla sua ripresa nel secondo tempo, resta dunque una caratteristica imprescindibile del meccanismo nachträglich, considerata non più un lasso di tempo muto, quanto, piuttosto, un periodo di profondi rimaneggiamenti e trasformazioni nell’ordine dello psichico, così come in quello analitico.
Con la seconda topica l’idea di Nachträglichkeit sembra relegata sullo sfondo a vantaggio del concetto di coazione a ripetere, il quale prende decisamente il sopravvento. A una ripetizione che tende alla trasformazione si sostituisce (o sembra prevalere) una ripetizione che ripete in modo identico la ripetizione stessa, lo stallo della cura. Certamente, come nota anche Laplanche (2006), la nozione di après-coup nasce con la teoria della seduzione e risente dunque delle trasformazioni che essa ha subito nel percorso freudiano. Più in generale però il destino della Nachträglichkeit sembra legato alle vicissitudini legate alla questione del “trauma” nella teoria psicoanalitica e quindi anche a tutte le evoluzioni e involuzione che l’intreccio trauma-teoria sessuale ha subito. Tale intreccio, già a partire da Freud, subisce alcune significative modificazioni di paradigma, che ne condizionano il destino clinico e teorico. Con la seconda topica registriamo, infatti, uno spostamento di direzione relativamente alla natura del trauma che va a scapito della sessualità, mentre acquistano spazio le vicissitudini legate ai legami oggettuali, sia nel senso dei difetti e delle carenze dell’oggetto, sia nel senso della sua perdita e del lutto che sopraffà il soggetto nella sua impotenza (Hilflosigkeit). I termini di questa evoluzione concettuale, che ha accompagnato tutto lo sviluppo successivo della psicoanalisi e si rifletterà anche nella considerazione e nell’uso della dimensione della posteriorità, affondano le radici nel terreno arato da Freud, ma che poi Freud stesso ha piantato a colture diverse.
Come ha osservato Green (2000), mentre la psicoanalisi post-freudiana si è concentrata sul problema dello spazio proponendo elaborazioni complesse e rivoluzionarie – pensiamo al modello contenitore-contenuto di Bion, al concetto di spazio transizionale e spazio potenziale di Winnicott – non altrettanto si può dire per quanto riguarda la dimensione temporale. Il concetto di Nachträglichkeit per lungo tempo è andato incontro a una sorta di oblio o a un periodo di latenza, per rivedere la luce solo molti anni dopo grazie a Lacan (1953). E già questo è un punto interessante della questione, proprio perché la Nachträglichkeit sembra aver subito il destino che essa stessa esprime. In quell’ a posteriori si sono giocati i motivi di contrasto e di divergenza che testimoniano di interpretazioni diverse del concetto nelle varie comunità psicoanalitiche (Marion, 2010; 2012). Una lettura che riduce il fenomeno in termini di risignificazione retrospettiva risulta, più che riduttiva, fuorviante, non tenendo conto che il “colpo”, “ciò che scardina” (e che letteralmente è reso dalla traduzione francese di après-coup, che ha ormai assunto un uso extra-territoriale), è di natura traumatica e psichica e non tenendo conto che l’aspetto traumatico ha a che fare con una integrazione “incompleta o parziale” (Phillips, 1988), che si riproduce nella situazione di transfert.
Qui il riferimento a La paura del crollo (1963) di Winnicott è d’obbligo, lavoro che rappresenta una folgorante intuizione di questo movimento temporale. Nonostante la parola Nachträglichkeit non venga esplicitamente menzionata, questo testo rappresenta in vivo un modo di operare della posteriorità all’interno della cura. Il crollo primitivo avvenuto, ma mai sperimentato risorge attraverso un movimento d’après-coup, quando all’interno del percorso analitico incontra situazioni d’impasse e di scacco traumatico. Non è un caso che su questo testo insista anche la Faimberg (2005; 2007) per proporre un’operazione nachträglich rispetto alla stessa lezione freudiana, illuminandola da un’angolatura diversa. Per questa Autrice non sono solo in gioco i due tempi, ma decisivo insieme al ricordo è l’affetto che non si è prodotto al momento dell’esperienza vissuta, non più e non soltanto associato alle scene sessuali. Ella chiarisce così come l’elemento centrale caratterizzante sia rappresentato dal valore traumatico, che riveste l’esperienza non integrata e non assimilata.
La Perelberg (2006; 2009), distinguendo tra impostazione “descrittiva” e impostazione “dinamica” del concetto, cerca di recuperare il significato specifico della Nachträglichkeit nel suo intreccio trauma-sessualità. Per questa A. la concezione “dinamica” è compresa nella metapsicologia freudiana e si fonda sul collegamento specifico tra trauma, ripetizione, sessualità infantile e, soprattutto, sul raggiungimento dell’Edipo, che segna la scelta dell’oggetto e l’accettazione della castrazione: “Ciò che definisce l’après-coup dinamico è il ruolo primario della sessualità, la passivizzazione erotica nel transfert, che evoca la scena sessuale dell’infanzia” (2009, 1589). Nell’accezione “dinamica” la posteriorità riguadagna il significato più specifico contenuto nel concetto freudiano (Eickhoff, 2006) e il transfert, come situazione sovradeterminata, si offre così al ripetersi degli eventi traumatici. L’accezione dinamica del concetto introduce una dimensione complessa, che non si esaurisce in una attribuzione retrospettiva di significato, mentre richiede una attenta considerazione “della radicale discontinuità tra sessualità infantile e sessualità adulta attraverso la ristrutturazione che ha luogo con il complesso d’Edipo” (Perelberg, 2006, 1012).
Il sogno di un paziente, G., illustra bene quello “scombussolamento della cronologia”, di cui parla J. André, e la complessità dei livelli temporali che la situazione analitica sollecita, permettendo di recuperare nel secondo tempo dell’analisi e del transfert ciò che era rimasto “muto” al tempo del suo avvenire (Marion, 2009). Prima di portare il sogno, il paziente aveva recuperato una serie di associazioni relative al trauma e al dolore che gli avevano procurato le sue prime esperienze adolescenziali legate al rifiuto subito dalle sue giovani partner. La sua esperienza era stata quella di non sentire accolta la sua sessualità emergente (il pene in erezione) nei primi scambi amorosi con le sue coetanee. La comunicazione conteneva una richiesta rivolta a me, a come io nel transfert potevo accogliere e sostenere la sua eccitazione e il suo desiderio e guardare alla sua virilità. Il dolore per quelle esperienze si accompagnava alla ricerca di un’identità paterna e all’enorme rabbia associata all’assenza del padre nella sua vita reale di bambino e adolescente. In un momento avanzato dell’analisi il paziente porta due sogni che sembrano riflettere bene il movimento della Nachträglichkeit nel transfert. Nel primo sogno il paziente è in una fortezza e deve affrontare con la sciabola l’assalto di un gruppo di negri. Si trova poi nella città X con il figlio e chiede informazioni sul tram da prendere per andare in un certo posto. Dice al bambino di fare attenzione perché X è piena di buche, potrebbe cascare e sparirci dentro. Infine si trova di fronte a un palazzo che è l’Ordine degli Architetti.
Tralascerò le associazioni del paziente – per altro molto significative – per concentrarmi su come il sogno sembri illustrare bene la complessa molteplicità di linee temporali e la concezione “dinamica” della posteriorità che si realizza attraverso la dimensione transferale. Nel sogno emerge una rappresentazione della figura paterna, e questo è la prima volta che succede, attraverso il recupero di molti tempi. Il trasferimento a X (il paziente non sa che è anche la mia città d’origine) nella realtà aveva rappresentato il tentativo di separarsi dalla madre, avvenuto durante l’adolescenza, quando il risveglio sessuale aveva riproposto al paziente un Edipo negativo e l’angoscia di precipitare nel buco della confusione materna. Nel sogno le due età, quella infantile tramite il suo bambino e quella adolescenziale tramite il riferimento a X venivano messe insieme nella stessa scena. Attraverso l’Ordine degli Architetti (il padre faceva una professione vicina), il paziente per la prima volta sembrava poter accostare il tema dell’ordine paterno, riconoscendolo come necessario per muoversi nella realtà esterna. Il bisogno di informazioni e il senso di disorientamento nascondevano l’angoscia di non avere abbastanza padre per separarsi, così come per poter fare da padre a suo figlio. Una questione centrale riguarda il mio funzionamento in seduta. Infatti, solo a posteriori e grazie a un sogno immediatamente successivo del paziente, in cui egli immaginava di essere all’interno di un “viaggio dantesco”, ma sulla strada sbagliata, mi sono resa conto che, concentrata com’ero sulla novità della comparsa dell’Ordine paterno, avevo trascurato la prima scena del sogno. Il mio ascolto, così orientato alla ricerca del padre, non aveva colto l’indicazione importante intorno alla questione edipica e alla sua sessualità. La mia interpretazione aveva mancato di riconoscere e di accogliere un altro piano, che, attraverso “l’assalto dei negri alla fortezza”, rimetteva in gioco la madre “fortezza”, il pericolo della sua eccitazione non integrata, che poteva infiammarmi come un tempo poteva infiammare le compagne adolescenti e la madre, proponendo un legame tra sessualità e scena traumatica. Ero diventata io stessa uno dei buchi del sogno, nei quali le angosce del paziente bambino rischiavano di precipitare, così come rischiava di rimanere chiuso e confuso nella “fortezza” materna.
Nella situazione di transfert si ripeteva il trauma e ciò aveva a che fare con le mie stesse difese rispetto all’entrare in contatto con un livello più primitivo, che rimetteva in gioco la sessualità infantile., impedendo la significazione e l’integrazione dell’esperienza traumatica. La stessa costruzione del sogno in due parti rifletteva questo scollegamento che non ero riuscita a cogliere. La novità offerta dall’elemento paterno, che faceva la sua comparsa non più investito da sentimenti di rabbia e umiliazione, testimoniava che si stava avviando un’operazione nachträglich, che chiamava in causa l’Edipo e apriva la strada a una significazione diversa della sua storia, e tuttavia richiedeva anche e soprattutto un lavoro sui vissuti traumatici legati alla sessualità e ai desideri infantili, a suo tempo non elaborati né integrati. Del lavoro che si stava avviando sarà poi testimone un sogno successivo nel quale il paziente sogna di essere in alta montagna assieme al figlio e al padre. Stavano sistemandosi in un ostello. Il padre diceva che lui poteva dormire anche fuori. Il paziente insisteva perché entrasse, c’era posto anche per lui, testimoniando così come dentro di lui si era creato lo spazio necessario per accogliere la figura paterna, quindi il terzo e riconoscere attraverso la copresenza nella scena del sogno di lui, del padre e del figlio la catena generazionale.
Il lavoro della Nachträglichkeit si rivolge all’esplicitazione del “resto” enigmatico, traumatico, che ha accompagnato coattivamente il paziente nei differenti tempi della sua esistenza. La sua significazione consiste nel complesso lavoro associativo, di elaborazione e integrazione dell’esperienza che al momento dell’accadere era rimasta muta, “in sonno”, lavoro messo in moto da un accadimento successivo o da una maturazione organica. Il mio fallimento nell’ascolto rappresentava l’impasse dell’analista che – come dice Winnicott (1955) – presentifica il trauma nel transfert. Nel caso del paziente la lacerazione traumatica era consistita in ciò che succedeva nell’allora e non era stato compreso e integrato, costituendosi così come rumore di fondo, e trovando solo a posteriori, dopo aver attraversato il suo tempo di latenza, la condizione per trasformarsi in suono.
Il senso della cura è in questa duplicità temporale, che è contemporaneamente nel tempo della storia del paziente e nel tempo del processo analitico. Nel transfert viviamo il ricorrere di una storia che non ci appartiene, ma alla quale siamo tuttavia convocati e che dobbiamo percorrere in un continuo transito di andata-e-ritorno per il nostro ruolo di compagni di viaggio di quel tratto di strada. Il transfert come momento altamente specifico e caratterizzante la cura psicoanalitica, rappresenta anche il punto di maggior impatto e di più complessa articolazione della dimensione della Nachträglichkeit. In tale fenomeno si esprime, infatti, la particolare “torsione” a cui il lavoro analitico è sottoposto e la compresenza, ma non la sovrapposizione, nella mente dell’analista del tempo presente della seduta e di un altro tempo, di un’altra scena, a lui ignoti, che il paziente gli porta alla ricerca del suo “tempo perduto”. Tale ricerca trova in noi, o dovrebbe trovare, lo strumento che ci permette di illuminare quella scena, non come effettivamente essa fu, ma come “l’illuminazione” che le forniamo le permette di ricrearla.
È qui chiamata in causa l’idea di “costruzione”, più che di interpretazione, idea che la Faimberg (2007) collega in modo specifico al lavoro della Nachträglichkeit, intendendola in senso “ampio” o “allargato”. Senza affrontare l’argomento nella sua complessità, sottolineerei solo un aspetto che mi pare congruente con il discorso che propongo. Si tratta dell’aspetto anticipativo della “costruzione”, come è stato messo in luce sia da Duparc (1999) che dalla Faimberg stessa (2005; 2007), e dallo stesso Parsons (2009) quando parla di avant-coup o Vorträglichkeit, intendendo con ciò “costruzioni” volte a dare configurazione a eventi primitivi che insistono su una forma ripetitiva, celando così l’aspetto traumatico (Winnicott, 1963). In questi casi la “costruzione” precede l’interpretazione e funziona come strumento di “descrizione della struttura psichica” (Duparc, 1999, 782), a cui in seguito seguirà l’ingresso nell’ordine temporale.
Per concludere, penso che la Nachträglichkeit rappresenti lo specifico movimento temporale della seduta e del processo analitico, la postura caratteristica della mente dell’analista al lavoro, che si costituisce come posteriorità e differenzia il movimento transferale da una semplice, riduttiva ripetizione di antiche relazioni oggettuali interiorizzate. Il dispositivo analitico accoglie e, attraverso gli stessi limiti dell’analista, ricrea la condizione traumatica delle origini. Nel contempo offre i presupposti per la costruzione di nuove interpretazioni, nuovi sensi e nuovi assetti interni, potenziali speranze. Il riferimento alla retroattività nella costituzione del trauma, associato alla bifasicità della sessualità e al periodo di latenza, può espandersi ora in termini più generali come i due tempi dell’esperienza e del significato separati dalla latenza, creando così un’esperienza che prima non esisteva nella forma che viene ora prendendo (Ogden, 1999).
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*Per citare questo articolo:
Marion P, (2024). La Nachträglichkeit, KnotGarden 2024/3, Centro Psicoanalitico di Roma, pp. 63-73.
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