Il tempo figurato

di Andrea Mosconi

(Verona – Padova), Membro Associato della Società Psicoanalitica Italiana.

*Per citare questo articolo:

Mosconi A. (2024). Il tempo figurato, KnotGarden 2024/4, Centro Veneto di Psicoanalisi, 71-77.

Per una lettura più agile e per ulteriori riferimenti di pagina si consiglia di scaricare la Rivista in formato PDF.

In questa breve sintesi prenderò in considerazione le ‘figurazioni’ attraverso le quali il tempo viene rappresentato nell’apparato psichico. Mi propongo di considerare, partendo da Freud, tre fenomeni in particolare:

  1. Figurazioni d’oggetto;
  2. Figurazioni soggettive;
  3. Figurazioni oniriche.

L’ipotesi di una pulsione come principale ‘motore’ di ogni condotta umana è nota. Da questa stessa ipotesi viene a delinearsi un criterio di necessità: il desiderio è la spinta verso una reciprocità soggetto-oggetto che struttura l’apparato psichico. Mancando questa attesa di possesso, dove ogni essere agisce sull’altro, la psiche sembra collassare in uno stato di rinuncia a partecipare alla vita.

  1. La temporalità materna muta con l’inizio dello stato interessante della donna: i mesi di gravidanza comportano una variazione dei ritmi temporali della futura mamma. Il funzionamento dell’Io attraversa una graduale trasformazione, l’attesa implica un contrasto netto tra il corpo-psiche che cambia e la realtà esterna che faticosamente rimane in apparente costanza. Cambia anche il desiderio-pulsione. Fatta eccezione per i casi di diniego della maternità e i possibili abbandoni, dove la psiche e non il corpo evade questa temporalità, la memoria inizia a registrare le figurazioni che avranno un peso nel determinare l’essere del bambino. Questo processo attiva delle tracce mnestiche che costituiranno le velocissime e sorprendenti fasi dell’attitudine femminile a occuparsi dell’unità.

Nelle prime fasi di vita, il tempo va riferito all’oggetto che ne detta, in modo cadenzato, il ritmo di presenza-assenza e che diviene determinante ai fini di quella che definirei ‘intermittenza allucinatoria’: il fenomeno allucinatorio ‘fissa’, nell’attuale attività psichica del bambino, una gratificazione che permette di superare il tempo di attesa dell’oggetto assente. Il desiderio è la spinta in seno a una mancanza che attiva il soggetto. Nella mia esperienza clinica, nei casi di abbandono del neonato, ho sempre rilevato come questa spinta subisca un profondo arresto: la dinamica piacere-dispiacere è determinante perché ci sia un presente, un passato e un possibile futuro. Una bambina adottata di sette anni una volta mi disse: «Sai Mosconi quando uno ti abbandona? È come sparire». Mancando tale presupposto, l’inizio dell’esistenza umana e la sensazione di finitezza che ne deriva si interrompono. La nascita della prima nozione di tempo si arresta.

Le figurazioni temporali d’oggetto nascono da questo primo abbozzo di identità nel bambino che si crea in virtù dell’intermittenza allucinatoria. Questo comporta un tempo che viene percepito perché scandito dall’oggetto, almeno inizialmente. La dinamica piacere-dispiacere è fondante. Il sentire del bambino e della madre avrà la sua importanza nelle captazioni reciproche che iniziano a definire lo spazio, pur non essendo queste il materiale delle figurazioni. Il prima-dopo d’oggetto (assenza-presenza materna) corrispondono al non-Io /Io, a condizione di oggetto presente. Riprendendo la situazione della bambina adottata: nella condizione di oggetto assente, quando sparisce l’oggetto, sparisce la possibilità di esistere come essere finito. Il sottrarsi al soggetto da parte della madre equivale al cessare di esistere del bambino, poiché viene a mancare il desiderio-spinta verso l’oggetto.  

  1. Le figurazioni soggettive prendono forma una volta che la differenziazione dall’oggetto inizia a fare il suo corso. Le ‘due’ nascenti identità, quella materna e quella del bambino che solo in parte per la prima volta si è abbozzata, iniziano a delineare il confine psichico. Ora la temporalità è scandita nella reciprocità della relazione e l’affetto consolida il momento temporale in rapporto alla soggettività in divenire di entrambi. L’essere nasce in ‘seno’ all’emozione che prova e che lascia traccia nell’apparato psichico. La reminiscenza può essere recuperata sole se collegata all’affetto. Entriamo nel campo delle rappresentazioni di parola della madre (che gradualmente se ne sta riappropriando) e che avrà un corrispondente affettivo-temporale nel bambino.

É il desiderio che attiva il piacere-dispiacere reciproco nell’unità e con esso ogni funzione temporale. Il tessuto onirico dell’essere ha origine da ‘un fuori tempo’ che, essendo inconscio, non può che concepirsi come a-temporale. Qualsiasi intrusione nell’unità o, viceversa, qualsiasi meccanismo difensivo che dall’unità possa far breccia nella realtà stessa, comporta un’interruzione spazio-temporale.  Anche le difese in una prima fase sono comuni verso l’esterno (come accade nella ‘luna di miele’ analitica in rapporto all’attivazione del transfert verso l’oggetto).

  1. Nelle figurazioni oniriche la strada del desidero è spianata e la dinamica del piacere-dispiacere trova la sua più naturale circostanza per dispiegarsi. Il tempo nelle figurazioni manifeste riporta all’unità, ossia all’immediatezza della gratificazione: presente, passato e futuro sono sostituiti dall’inconscio che per sua struttura è a-temporale. L’intermittenza allucinatoria lascia spazio a un’allucinazione che non subisce interruzioni e che riempie la mancanza, si tratta di un tutto-pieno che riporta all’unità primaria. Nei sogni non ci si preoccupa dell’orario o, se avviene, è per riprendere il piacere, riacchiapparlo prima della veglia. Talvolta mi capitò da piccolo di svegliarmi durante un bel sogno e, tentando di riaddormentarmi, sperare di ripartire da lì, da dove il piacere leniva la mancanza, dalla gratificazione. Nel sogno i nessi temporali sfumano poiché qualsiasi temporalità è subordinata all’appagamento del desiderio e alla pienezza della figurazione onirica. La condensazione scioglie ogni nesso temporale preesistente ed elimina la spazialità necessaria a contenerli all’interno di una sorta di ‘ripiegamento’ temporale.

In conclusione: il ‘ripiegamento’ temporale che, in termini figurativi, corrisponde a una sorta di ‘unire ancora ciò è stato dispiegato’, contiene una quantità molto elevata di nessi temporali. Nel ripiegamento lo spazio aumenta in proporzione all’unità madre-bambino.

Lo spazio-tempo diventa il prodotto della ripetizione dei nessi temporali in ‘seno’ all’intermittenza allucinatoria che fin da subito produce differenziazione nell’unità. La spazialità entra in gioco quando i nessi temporali contenuti nel ripiegamento iniziano un lento e graduale processo di integrazione: ogni nesso, corrispondente all’affettuosità dispiegata nel momento della gratificazione nel contatto seno-bocca, diviene il punto la cui continuazione definisce lo spazio.

Il confine spaziale soggetto-oggetto è il risultato della proiezione dei due corpi dove i suoni, pianto-parole, strutturano una captazione reciproca tra la madre e il suo bambino. Il tempo di ricezione dei messaggi comunicativi contribuisce a definire la temporalità e la spazialità necessaria a strutturare l’Io. Lo spazio-tempo si sviluppa dall’unità, dal ripiegamento-dispiegamento dei nessi temporali che attivano gradualmente la percezione cosciente. Il tempo e lo spazio non sono dei dati teoretici, ma il risultato della differenziazione del soggetto-oggetto che nel terzo trovano un ‘terzo’ punto di dispiegamento che promuove la finitezza umana.

L’oggetto cambia profondamente nell’unità e il soggetto accompagna questo movimento e ne recepisce la mutazione, potremmo dire che ne fa parte. Lo spazio è proporzionale alla distanza-vicinanza soggetto-oggetto. Ogni nesso temporale presuppone una ripetizione del contatto seno-bocca che, nella sua unicità, produce differenza e attribuisce spazialità.

Per tutta l’esistenza e in ogni nuovo legame il soggetto riproporrà questa primaria temporalizzazione, analisi compresa. 

 

Bibliografia

Freud S. (1907). Il poeta e la fantasia. In: Il motto di spirito e altri scritti. O.S.F., 5.

Freud S. (1920). Al di là del principio di piacere. In: L’Io e l’Es e altri scritti. O.S.F., 9.

Green A. (2001). Il tempo in frantumi. Borla, 2001.

Green A. (2006). Atemporalità dell’inconscio. In: La diacronia in psicoanalisi. Borla, 2006.

Le Guen C. (2013). Dizionario Freudiano. Edizione italiana a cura di Alberto Luchetti. Borla, 2013.

Mosconi A. (2002). Approfondimento del libro “Freud dopo l’ultimo Freud. Per una psicoanalisi sempre nuova” di Patrizio Campanile. Novità Editoriali, Sito Centro Veneto di Psicoanalisi, 2022.

 

Andrea Mosconi, Verona – Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

mosconi.cabianca@gmail.com

*Per citare questo articolo:

Mosconi A. (2024). Il tempo figurato, KnotGarden 2024/4, Centro Veneto di Psicoanalisi, 71-77.

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