Il divenire nello scorrere del tempo

di Sergio Mordenti

(Forlì), Membro Associato della Società Psicoanalitica Italiana.

*Per citare questo articolo:

Mordenti S. (2024). Il divenire nello scorrere del tempo, KnotGarden 2024/4, Centro Veneto di Psicoanalisi, 60-70.

Per una lettura più agile e per ulteriori riferimenti di pagina si consiglia di scaricare la Rivista in formato PDF.

 

Eco dell’orologio 

Mi sono seduto
in una radura del tempo.
Era uno stagno di silenzio,
di un bianco silenzio.

Formidabile anello,
dove le stelle
cozzavano con i dodici galleggianti
numeri neri

 

Federico Garcia Lorca (1921)

 

Il tempo è dimensione fondamentale dell’esistere umano, poiché rappresenta contemporaneamente un organizzatore della vita psichica e sociale come anche un sentimento sensibile individuale prima di divenire realtà pensabile e condivisibile. Il tempo è uno spazio nel quale è contenuta l’esperienza umana, il suo “esser-ci” o dasein (Heidegger, 1924, 32), un oggetto con duplice significato: l’orologio che nel suo procedere lineare organizza il flusso dell’esistere, come anche una realtà psichica e relazionale verso il “going on being” (Winnicott, 1956, 361). Esistono perciò diverse dimensioni temporali, non solo nella loro funzione, ma anche nella possibilità di percezione e relazione.

 

A partire dall’esperienza multifattoriale e multisensoriale esperita nel corpo ed attraverso il corpo, si struttura l’esistenza psichica dell’individuo, come anche vengono ad organizzarsi lo psichismo e le capacità adattive e di mediazione dell’Io. Le pulsioni dirigono il vivere individuale, organizzandolo secondo il principio del Piacere costantemente in conflitto con il principio di Realtà. Tale conflittualità muove nel mondo interno dell’individuo sia desideri che fantasmi, in dinamiche che definiscono il percorso individuale.

Come sottolinea bene Freud, e dopo di lui Winnicott: «L’Io è innanzitutto un’entità corporea» (Freud,1928, 488); «Lo schema corporeo, con i suoi aspetti relativi allo spazio e al tempo, costituisce una descrizione valida della rappresentazione che un individuo ha di sé, e non credo che l’intelletto assuma una collocazione così evidente. […] “la mente non esiste come entità” […]» (Winnicott, 1949, 291); «Per come noi osservatori vediamo la cosa, il corpo è essenziale alla psiche, che dipende dal funzionamento cerebrale e che nasce come organizzazione dell’elaborazione immaginativa del funzionamento corporeo» (Winnicott, 1949,142).

L’intelletto razionale, nel proprio sforzo interpretativo e descrittivo, porta a definire il tempo come una linea retta che attraversa due punti nello spazio opposti fra loro. Tale lettura, di sapore elementare e di facile comprensione, ha però la necessità di essere declinata e meglio specificata quando si tenta di descrivere il sentimento del tempo esperito dall’uomo. Se il tempo rappresenta infatti una chiara ed inequivocabile dimensione fondamentale e fondante dell’esistere individuale, quanto anche condivisibile con l’altro da sé, questa dimensione risulta nell’esperienza intima tutt’altro che semplice, scontata e lineare. Il nostro Io, affannato nella ricerca di sempre migliori equilibri tra Es e Realtà, si riferisce principalmente, ma non esclusivamente, ad un tempo lineare che, mutuando la lingua greca antica, potremmo definire Kronos, evocando il mito del titano che divora i propri figli. Si specifica così come i due punti che comprendono la retta lineare del tempo, condivisa dagli uomini, siano gli estremi opposti del percorso di vita umano cha va dalla nascita alla morte. Tale linea si muoverà inesorabilmente in direzione univoca, dirigendo l’uomo, nel suo scorrere, verso l’essere divorato immanentemente senz’altra possibilità. I greci però utilizzavano anche un altro termine per definire il tempo: Kairos, “momento giusto o opportuno”, un tempo vissuto che offre possibilità felicitanti. Anche tale tempo, o forse soprattutto tale tempo, attiene all’esperienza umana, riferendosi al sentimento unico e personale dell’individuo difficilmente condivisibile con l’altro. Kronos, appartiene all’esperienza del “non-me”, della realtà condivisibile, il secondo, Kairos, attiene al “me”, al sentimento personale, individuale. Kairos è il tempo atemporale, singolare dell’individuo, sospeso nel paradiso terrestre del ventre materno rievocato dall’holding materno (Winnicott, 1955, 147). Il Kairos si alterna al Kronos attraverso l’esperienza, prima di tutto corporea, ad esempio di fame e freddo e di assenza e presenza dell’oggetto primario. In parte è proprio questa alternanza di presenza e assenza dell’oggetto che fonda il precursore del sentimento stesso di tempo. Per quanto Kairos rappresenti l’“essere”, diviene anch’esso dimensione pensabile proprio attraverso questo movimento significativo di presenza-assenza.

Tale ritmicità si inserisce nella dinamica di conflittualità insolubile della condizione umana che, prima che determinata dalla triangolarità edipica, è costituzionale per l’uomo a causa dell’opposizione tra biologia/natura (anti-individuale) ed individualità, tra l’inconscio non rimosso e l’istinto di conservazione egocentrico ben rappresentato nell’Io. Come più sopra accennato, l’Io, prima che posto nella necessità di trovare equilibrio adattivo tra le articolate e complesse esigenze dei diversi attori quali Es, Super Io e realtà, all’origine fonda la propria strutturazione sul dentro e fuori, tra me e non me, tra soggettività e realtà condivisa; solo successivamente si arricchirà della capacità di triangolare con istanze terze quali quelle super-egoiche.

 

La formazione del senso del tempo

Ciò che l’uomo sa di sapere del tempo corrisponde ad una rappresentazione secondo la matematica e la geometria elementare dello scorrere lineare di una retta contenuta tra due punti opposti. Kronos, tempo per gli uomini, è una linea retta a senso unico, spietata ed inesorabile. L’esperienza sensibile ed originaria dell’individuo però sostiene un’altra esperienza fondamentale, un altro tempo: Kairos, che definisce un movimento in varie direzioni, uno scorrere che può dilatarsi o restringersi secondo bisogni e sentimenti, illudendo persino di una sua circolarità infinita. Questo sentimento di tempo sincronico con le necessità individuali egocentriche richiama il primo stato di fusionalità onnipotente con il tutto, il “sentimento oceanico” (Freud 1929, 558). Con tale primo sentimento il lattante avvia la propria esperienza di conoscenza graduale di sé nella realtà degli altri, tenuto e contenuto dal Kronos materno. Questo è da lei proposto in modo da sostenere l’illusione di eternità del figlio, riparandolo dalla linearità stringente/angustiante del tempo lineare. «Un particolare degno di nota, specialmente nei confronti del concetto dell’angoscia che viene “contenuta”, è che un’integrazione nel tempo viene ad aggiungersi all’integrazione più statica degli stadi precedenti. Il tempo è mantenuto in moto dalla madre, e questo è un aspetto della funzione di Io ausiliario svolta dalla madre stessa; ma l’infante giunge ad avere un proprio senso del tempo, un senso che dapprima dura solo per poco. Esso è tutt’uno con la capacità del bambino di conservare viva l’immagine della madre in quel mondo interiore che contiene anche gli elementi frammentari benigni e persecutori provenienti dalle esperienze istintuali. Il periodo di tempo durante il quale un bambino può tenere viva l’immagine nella realtà psichica interna dipende in parte dai processi maturativi e in parte dallo stato dell’organizzazione delle difese interne [ovvero dalla funzionalità dell’Io]» (Winnicott 1962, pag.195). Inizialmente Kronos dovrà essere presentato al lattante dalla madre come movimento bidirezionale, in cui l’assenza di piena soddisfazione e piacere assoluto non diviene mai definitiva separazione irreparabile. La conquista fisiologica nel lattante della capacità di rappresentazione e memoria consentirà la sopravvivenza del Kairos in stato di fusionalità con il Kairos materno alla presentazione, sempre attraverso la madre, del Kronos (e della realtà). Madre che presenterà in maniera adeguata e tollerabile tale stringente realtà. La fiducia e la capacità nel lattante di affidarsi a Kronos corrisponderanno allo strutturarsi della fiducia nella costanza ed attendibilità/sopravvivenza dell’oggetto materno. Il Kairos acquisisce così fiducia e contenimento in Kronos così come il lattante accetterà sempre più di abbandonarsi, senza perdersi ed annichilirsi, nell’abbraccio materno o/e nella sua assenza. Tutto ciò avvia movimento e direzionalità mantenendo anche la sopravvivenza di entrambe le dimensioni del tempo, dove il Kairos individuale garantirà ed attribuirà significato al Kronos condiviso. «Man mano che lo sviluppo procede e la separazione tra il bambino e la madre si fa più netta, questa tenderà inevitabilmente ad allontanarsi e per il bambino si porrà la necessità di “raccogliere ricordi” di lei e delle sue cure, memorizzandoli e interiorizzandoli come oggetti buoni nel proprio mondo interno» (Cesàro-Boursier, 2004,20).

La sopravvivenza del Kairos al cospetto di Kronos risulterà necessaria per la sopravvivenza psichica dell’individuo e per una sua identificazione con l’oggetto buono nonostante l’esperienza dolorosa della realtà e dell’assenza, e ciò diverrà possibile grazie all’originario sentimento di fusione del lattante con il Kairos materno. L’esperienza dell’assenza della madre introduce alla percezione della realtà e di un tempo lineare Kronos, reso tollerabile in virtù della sua adeguata e graduale presentazione, e delle conquiste psico-fisiche che permettono la capacità di memoria e rappresentazione nel bambino. Concretamente diverrà così anche possibile arricchire il mondo del bambino del paterno, già contenuto e rappresentato simbolicamente dal titano Kronos, inesorabile separatore. Kairos rappresenterà l’“Elemento puro femminile” (Winnicott, 1966, 141), non concepito o localizzato nella coscienza ma come funzione fondamentale integrata ed integrante per il sé soggettivo, grazie alle evoluzioni del lattante accompagnato dalla madre sufficientemente buona in stato di fusionalità. Mentre Kronos rappresenterà l’“elemento puro maschile” (Winnicott, 1966, 141), il tempo del fare condiviso in armonia con il proprio tempo soggettivo.

Si evince che quanto descritto sia condizione di armonia e contemporaneamente di conflitto tensivo, che grazie ad una madre sufficientemente buona non diverrà per il lattante spinta scissionale, quanto piuttosto una fertile possibilità di dialogo intimo, giocoso e creativo. Così, sempre, nell’esperienza e sentimento di tempo umano, Kronos conterrà Kairos a livelli diversi e compresenti, essi stessi percepiti in opposizione e tensione non annichilente ma nutriente l’esistenza individuale. L’esperienza del tempo individuale Kairos è di natura fondamentalmente primaria in opposizione con la consapevolezza secondaria di Kronos, ed il “dialogo” fra loro è tanto dinamico quanto creativo.

«Soltanto fondandosi sulla monotonia può la madre arricchire il mondo del bambino» (Winnicott, 1945, pag. 184); «Sentiamo spesso parlare delle frustrazioni effettive imposte dalla realtà esterna, ma molto meno spesso del sollievo e delle soddisfazioni che questa offre» (Winnicott, 1945, pag. 185).

 

Il tempo nella clinica psicoanalitica

L’accesso al tempo Kronos certamente significa frustrazione e dolore mort-ificante, ma ciò è anche a fondamento dell’adulto sano e adattato, in grado di godere in maniera nutriente della realtà condivisa e dell’altro da sé. Tale condizione viene raggiunta secondo graduali tappe di sviluppo, partendo dalla non integrazione fino alla percezione della realtà e con una maggiore integrazione:

«Nella fantasia, le cose funzionano per magia: non vi sono freni, ed amore ed odio hanno degli effetti allarmanti. La realtà esterna ha dei freni, e può essere studiata e conosciuta; infatti la fantasia è tollerabile solo quando vi è un buon apprezzamento della realtà oggettiva. Il soggettivo ha un immenso valore, ma è così allarmante e magico, che non se ne può godere se non parallelamente all’oggettivo» (Winnicott, 1945, 185).

«Esistono tre processi che mi sembra abbiano inizio molto precocemente: 1) l’integrazione, 2) la personalizzazione e, di seguito ai primi due, 3) la comprensione del tempo e dello spazio e delle caratteristiche della realtà – in altri termini, la presa di coscienza della realtà (realization)» (Winnicott, 1945, pag. 88).

 

La ricchezza del vivere individuale si costituisce nel confronto dialogico-tensivo tra Es e realtà, tra me e non-me come anche tra Kronos e Kairos. Secondo le prime concettualizzazioni freudiane, l’inconscio è atemporale o più propriamente assoggettato al tempo Kairos fedele al principio del piacere e del desiderio, mentre la realtà è oggettiva ed anti-soggettiva e dominata dal tempo Kronos. In condizioni di salute, l’inconscio si manifesta evidentemente soprattutto in maniera allucinatoria attraverso il sogno, in equilibrio con la realtà grazie a un Io che mantiene la separazione permeabile con il reale ed il Kronos condiviso con gli altri.

La clinica psicoanalitica da sempre permette, attraverso la descrizione fenomenica di diversi malfunzionamenti strutturali, di giungere deduttivamente alla descrizione della strutturazione sana degli uomini. Così, ad esempio, vediamo nello psicotico, che difetta di una buona strutturazione dell’Io in grado di fornire confini contenitivi-protettivi, l’assenza di uno scambio armonico tra Es e realtà e la mancanza di un fertile dialogo tra le due dimensioni temporali. Prevale nello psicotico il dominio di un Es tirannico che impedisce la condivisibilità e la creatività generativa nell’interazione con la realtà dell’altro da sé. Nello psicotico osserviamo lo straripamento dell’inconscio nel reale come anche lo “strapotere” di un tempo Kairos sul Kronos. Il conflitto normalmente gestito dall’Io si manifesta nel delirio autoreferenziale. Il conflitto non viene contenuto e gestito all’interno dell’Io ma si manifesta in maniera incarnata nello psicotico che ne porta tutti i segni al pari del mutilato di guerra.

Altre evidenze di quanto sin qui teoricamente descritto le possiamo rintracciare ancora nella clinica del grave depresso, dove la disfunzionalità non sarà principalmente in capo all’Io quanto più nella presenza dell’assenza di un’originaria buona fusionalità del Kairos del lattante con quello materno. Questa disfunzionalità è causata da una probabile non sufficientemente protetta presentazione del Kronos al lattante, che porta ad un conseguente annichilimento del fragile Kairos dello stesso. Tale difettosità originaria può obbligare ad una successiva esistenza contraddistinta da un Kronos tirannico svuotato dall’illusione nutriente e significante di un Kairos portatore di grazia ed amore, capace di mantenere “l’illusione” di un sentimento di infinito nel reale condiviso, di un esser-ci con un proprio spazio di valore e significato. Infine, la clinica del disturbo di personalità grave evidenzia uno stato di parziale difettosità tanto nel funzionamento dell’Io quanto nell’originario e fragile sentimento di fusione sostenitiva tra il Kairos materno con quello del lattante. Qui più evidentemente l’Io, pur in grado di distinguere un dentro da un fuori, difetta soprattutto nella propria permeabilità, mantenendo per lo più una separatezza scissionale tra le due dimensioni, anche temporali, a protezione del fragile e difettoso sentimento di sopravvivenza del me e del Kairos.

Ovviamente la complessità di tali strutturazioni difettuali e patologiche non è riducibile a quanto qui proposto, ma certamente, si crede, che quanto descritto possa in parte rappresentare il funzionamento dinamico ed i sentimenti densi di complessità del vivere umano.

 

Tempo e setting

Se il tempo, o i vari tempi, contengono e descrivono tutto il procedere umano, anche la seduta psicoanalitica potrà, in parte, funzionare ed essere descritta attraverso tali dimensioni temporali. Il setting, contenitore con la funzione di terzo e rappresentante della realtà nella sua strutturazione protettiva e distintiva, sarà organizzato dal Kronos materno e paterno, permettendo al suo interno un funzionamento del paziente, dell’analista e della coppia analitica in stati e modalità di tempo Kairos, con dilatazioni, regressioni ed anche rapide evoluzioni. Il percorso psicoanalitico ben organizzato rappresenta la felice ed armonica compresenza dialogante di tali dimensioni anche temporali, lo scambio fertile tra un paterno e un materno rispettosi delle potenzialità e delle fragilità di un figlio-paziente, nonché dei suoi tempi di maturazione e integrazione.

 

Conclusioni

L’osservazione della clinica psicoanalitica evidenzia ulteriormente l’intuibile duplicità del sentimento di tempo nell’uomo, combattuto tra un tempo lineare condiviso ed una percezione felice di vita attraverso un tempo sincronico ai propri bisogni, in un’illusione onnipotente di infinito e di infinite possibilità. Ciò rappresenta una realtà potenzialmente conflittuale che diviene sostenibile, nonché possibilità creativa, grazie allo strutturarsi di un Io sano a partire dall’accompagnamento da parte di una madre sufficientemente buona nelle prime fasi di vita dell’individuo. Lo stato di fusionalità del Kairos materno con quello del lattante renderà a quest’ultimo tollerabile e contenibile il presentarsi del reale e del Kronos, prima di tutto materno, senza che questo annichilisca il sentimento positivo di sé, obbligandolo a funzionamenti e difese primitive estreme. L’assenza separativa gradualmente imposta al bambino dalla madre procederà in armonia con la sua crescente capacità di tollerare tale assenza grazie all’istaurarsi della capacità di memoria e di rievocazione allucinatoria. Si instaura così la possibilità di una vita secondo il principio di realtà e di un tempo Kronos non annichilente del tempo Kairos, il quale diviene compresente e comprimario al primo, in una democrazia interna garantita dal buon funzionamento di un Io sano.

La condivisibilità dialogica e bi-direzionale con l’altro da sé, dimensione sana, creativa e nutriente dell’esistere, risulta così consentita e possibile da una corrispondente strutturata capacità intima di dialogo anche tra le due diverse dimensioni temporali.

 

Bibliografia

 

Freud S. (1929). Il disagio della civiltà. O.S.F., X.

Freud S. (1922). L’Io e L’es. O.S.F., IX.

Heidegger M. (1924). Il concetto di tempo. Adelphi, Milano, 1989.

Lorca F. G. (1922). Poesie sparse. Ugo Guanda editore, Milano, 1976.

Khan Masud (1974). Lo spazio provato del sé. Bollati Boringhieri editore s.r.l. Torino, prima edizione 1979, ristampa aprile 1994.

Winnicott D. W. (1945). Lo sviluppo emozionale primario in Dalla pediatria alla psicoanalisi, G. Martinelli, Firenze, 1975, 1991.

Winnicott D. W. (1949). L’insediamento della psiche nel corpo. Da: Sulla natura umana (1988) Raffaello cortina Editore, Milano.

Winnicott D. W. (1962). Lo sviluppo della capacità di preoccuparsi. Presentato alla Società Psicoanalitica di Topeka, il 12 ottobre 1962 e pubblicato per la prima volta in <<Bulletin of the Menninger Clinic>>, 27, pagg. 167-76, in Psicoanalisi dello sviluppo. Armando Editore Milano, 2004.

Winnicott D. W. (1949) L’intelletto ed il suo rapporto con lo psiche -soma in Dalla pediatria alla psicoanalisi, G. Martinelli, Firenze, 1975, 1991.

Winnicott D. W. (1956) La preoccupazione materna primaria in Dalla pediatria alla psicoanalisi, G. Martinelli, Firenze, 1975, 1991.

Winnicott D. W. (1966) La creatività e le sue origini. In Gioco e realtà, Armando, Roma, 1974.

Winnicott D. W. Psicoanalisi dello sviluppo a cura di A.N. Cesàro e V. Boursier Armando Editore Milano, 2004.

 

Sergio Mordenti, Forlì

Centro Adriatico di Psicoanalisi, Centro Psicoanalitico di Bologna

mr_sergio@libero.it     

*Per citare questo articolo:

Mordenti S. (2024). Il divenire nello scorrere del tempo, KnotGarden 2024/4, Centro Veneto di Psicoanalisi, 60-70.

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