Congedo

di Patrizio Campanile

(Venezia), Membro Ordinario con funzione di Training della Società Psicoanalitica Italiana, Presidente del Centro Veneto di Psicoanalisi.

In questo Colloquio credo che abbiamo esplorato ampiamente le condizioni interne ed esterne che inaugurano la costituzione di una base solida per affrontare la realtà, i limiti che essa impone, le asperità che devono essere superate. Penso al doversi misurare con i limiti, alla paura e forse anche ad una quota (transitoria) di disperazione.

Intendo interne riferendomi da un lato a cosa, nei vari momenti della sua vita, mette in campo l’individuo per procedere in questa direzione e dall’altro a come ci possiamo rappresentare questa condizione inaugurale che, pur essendo caratteristica dell’inizio, si deve poter ripresentare sempre nel corso della vita.

Per esterne, intendo ciò che deve verificarsi nelle relazioni perché tali processi possano svilupparsi senza essere ostacolati o addirittura impediti. A questo livello credo sia importante sviluppare una riflessione su ciò che differenzia un’intromissione, anche se eventualmente dominata da significati inconsci, ma capace di rispettare l’alterità ed una interferenza su base narcisistica che impedisce lo svilupparsi di quello spazio inaugurale necessario per fondare individualità ed apertura verso il reale.

Penso che questi aspetti potranno essere approfonditi, ma che siano stati ampiamente esplorati e che al riguardo possiamo riconoscerci un sapere fondato e condiviso.

C’è una questione rispetto alla quale ci sono punti di vista che, credo, sarebbero meritevoli di approfondimento: una parte di noi è orientata a supporre una propensione nell’essere umano ad andare verso l’altro e la realtà. Propensione che ha le sue fondamenta nell’esperienza fetale e che trova rinforzo nella capacità dell’ambiente di sintonizzarsi e presentarsi come appetibile e tollerabile. Credo che tutti condividiamo l’importanza tanto dell’uno quanto dell’altro aspetto.

Personalmente penso, però, che questa dell’andare verso non sia l’unica tendenza presente nell’individuo e suggerirei di creare occasioni in cui si possa approfondire questo aspetto. Ritengo, infatti, che all’opposto dell’andare verso sia presente in ciascuno di noi la tendenza a ritrarsi, ad evitare l’incontro distanziandosi nella relazione o proprio evitandola.

Una doppia tendenza, quindi, che implichi un andare verso la realtà e l’altro, fino eventualmente a perdere il confine esitando in fusionalità mortifera e, all’opposto, un ritrarsi tanto difensivo quanto altrettanto mortifero, esitando in un disimpegno dalle relazioni ed una perdita di contatto con la realtà.

Tanto il grado di diniego messo in campo, quanto il potersi stabilizzare di un grado di illusione creativa e foriera di novità, quanto infine una dose realistica di speranza … tutti sono meccanismo o fenomeni (a seconda di come li vogliamo qualificare) su cui incidono i diversi equilibri che s’instaurano o sono possibili all’interno di ciascuno tra l’andare verso, il desiderare che implica la presenza dell’altro, ed il ritrarsi alla ricerca unicamente di un benessere narcisistico in questo caso non alimentato dalla relazione e dal rapporto con la realtà, ma che esclude l’altro ed eventualmente arriva a fondarsi sulla costruzione di una realtà immaginaria che consente un appagamento basato su fantasticherie o che arriva a vere e proprie costruzioni deliranti.

Possiamo infatti raffigurarci un investimento narcisistico capace di sostenere l’individuo senza perdere di vista l’altro e, all’opposto, investimenti oggettuali capaci o meno di preservare l’individualità di ciascuno.

Si tratta anche in questo caso di aprire una prospettiva di studio che si intreccia strettamente con l’altra che suggerivo.

In questo Colloquio abbiamo anche indagato possibili strade che l’individuo può percorrere per difendersi dalla realtà, curare e preservare il proprio equilibrio narcisistico. Anche in questo caso sia il diniego che l’illusione che la speranza sono implicati consentendo o impedendo la salvaguardia della prima ed un buon rapporto con la seconda.

Le potenzialità della comunicazione a distanza, dell’incontro virtuale tra persone (compreso l’incontro terapeutico praticato in questo modo da alcuni) pongono problemi nuovi che dovremo affrontare interrogandoci su come si stia progressivamente trasformando la realtà psichica affrontabile o tollerabile da ciascuno; quanto l’individuo possa giovarsi delle protesi di cui sempre più dispone e quanta realtà aumentata o modificata possa tollerare o essere tollerabile. Dico non solo tollerabile dai singoli rispetto a loro stessi, gli altri, al proprio operare e al mondo.

Sono riflessioni necessarie da parte della comunità psicoanalitica perché ciascuno di noi poi è e sarà chiamato a stabilire come disporsi, cosa accettare e cosa respingere; fino a che punto assecondare i cambiamenti e quando dissentire come propria scelta di campo e cioè politica.

Sarebbe un danno per noi, per la psicoanalisi e per tutti se non riuscissimo ad utilizzare il sapere che con tanta fatica e impegno sviluppiamo grazie alla nostra attività clinica mettendolo al servizio del nostro essere cittadini consapevoli.

 

 

Patrizio Campanile, Venezia

Centro Veneto di Psicoanalisi

patrizio.campanile@libero.it

 

Condividi questa pagina: