Il percorso di un segreto, tra svelamenti, silenzi e bugie

di Camilla Pozzi

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ELIO

Elio non aveva ancora 5 anni quando la madre gli aveva chiesto di mantenere il loro segreto e di non svelarlo mai. Questo silenzio l’aveva lasciato solo in una situazione di angoscia e smarrimento senza che nessuno potesse aiutarlo ad esprimere quello che sentiva.

Dopo circa un anno, il segreto era stato svelato. Il papà per caso gli aveva confidato qualcosa, ed Elio aveva pensato che allora i segreti, forse, si potessero anche dire. Elio si era sentito un po’ sollevato perché di quella “cosa” terribile, incomprensibile ed inquietante se ne poteva fare carico anche qualcun’altro.

Rimaneva l’infinito peso del trauma, di qualcosa che lo portava a fare i conti con mondi lontani da lui, dalla sua immaturità di bambino. Si aggiungeva a tutto questo la necessità di dover descrivere, a più persone, scene avvenute, azioni perturbanti, non significabili che rendevano davvero difficoltoso l’avvio del processo elaborativo.

L’arresto della madre, l’allontanamento dalla sua vita, l’inserimento alle elementari, i confronti con gli altri bambini, l’essere esposto a nuove domande: “Ma dov’è tua mamma? Perché non c’è?” hanno riportato Elio ad un confronto concreto e reale con il peso di quanto era depositato dentro di lui. È sorta così la necessità di ripristinare il segreto come protezione per ciò che non era in grado di esprimere. La verità di nuovo non poteva essere detta. Troppo grave, troppo invasiva.

Al tempo stesso, tuttavia, qualche “risposta” Elio, aveva bisogno di poterla esprimere. Assieme al papà avevano concordato una versione: la madre l’aveva picchiato durante un litigio e per questo era stata allontanata da lui. Avevano inventato così la loro bugia, il loro modo per comunicare quella quantità di verità che era possibile tollerare, per non spaventarsi perdutamente, per non spaventare chi avrebbe ascoltato.

Elio intanto stava crescendo, lottando contro la sua paura di essere contaminato internamente da ciò che era stato costretto a subire. Di poter diventare da grande come sua madre. Di avere dentro sé qualcosa di brutto e di sporco e che anche il papà lo potesse avere. Meccanismi di difesa all’insegna del controllo, della rigidità, della determinazione nell’eccellere, sembravano aver svolto una funzione difensiva rispetto all’angoscia indicibile e alla paura di impazzire, di perdersi e di perdere gli altri, il papà soprattutto, senza il quale sarebbe stato solo.

Con l’avvento della pubertà e della sessualità pre-adolescienziale, il trauma di ciò che aveva vissuto era tornato intensamente, in una nuova forma, nei suoi pensieri. Le pulsioni sessuali lo terrorizzavano, le sue fantasie erano pesantemente inibite nel tentativo di arrestare la sua crescita e di rimanere bambino.

Con il proseguire della terapia, Elio, un po’ più sicuro e meno impaurito, era riuscito a confidarsi con il suo migliore amico. Questa nuova “edizione” dello svelamento del segreto aveva consentito un ulteriore tassello elaborativo. Ciò che era indicibile aveva potuto, di nuovo, trovare delle parole, l’angoscia di essere rifiutato era stata affiancata dalla confortante sensazione di percepire solidarietà e vicinanza. Elio aveva sentito allora che doveva continuare a cercare le parole.  Scrisse un testo teatrale per una recita, raccontando a suo modo, la storia di un bambino maltrattato. Lo spettacolo fu molto apprezzato ma soprattutto Elio era riuscito a trovare una via tutta sua, per condividere la sua storia.

Sembra che proprio l’esperienza di poter cercare modalità ed aiuti per poter confrontarsi con quello che era avvenuto e con quello che continuava a ri-accadere dentro di lui, nelle varie fasi della crescita, abbia reso questo terribile segreto un evento traumatico molto doloroso ma, almeno in parte, non più coincidente con il suo stato identitario. Lo svelamento del segreto, nei suoi vari passaggi, sembra quindi essersi manifestato di pari passo al processo di parziale elaborazione e riparazione del trauma infantile.

 

In questo mio breve contributo ho voluto condividere l’intensa esperienza clinica che mi ha permesso di assistere ai vari passaggi del percorso di un doloroso segreto nei vissuti del mio piccolo paziente e nelle sue relazioni con il mondo esterno. Un segreto dapprima mantenuto per accondiscendenza e paura. Un evento indecifrabile per un bambino e al tempo stesso proprio per questo ancor più angosciante.

Ferro e Stella (2019), a questo proposito, parlano di emozioni violente ed indigerite a causa dell’assenza degli strumenti per pensare e metabolizzare, riconducibile sia alla gravità, inacessibilità delle problematiche sottese sia all’immaturità del contenitore mentale.

Il percorso del segreto è progredito con il costituirsi di uno spazio potenziale per giungere al suo svelamento, sollecitato anche dall’esperienza casuale della condivisione amorevole di un altro piccolo, tenero, segreto.

Riflettendo riguardo a questa sorta di “spazio potenziale”, mi tornano alla mente le parole di Riefolo (2019) che sottolinea come, sebbene la difesa sia uno dei poli fondamentali che vediamo esprimersi nel comportamento, vi sia anche un l’altro polo contro il quale si organizzano le resistenze: la tensione al nuovo che si incarna ed emerge soprattutto come disposizione potenziale (Damasio, 1999) verso soluzioni non ancora formulate. Il soggetto è continuamente sollecitato a trovare soluzioni nuove, più economiche alla necessità che la realtà impone.

Lo svelamento del segreto sembra infatti aver avuto per il mio paziente, dapprima la funzione salvifica di riportare alla vita, ad un senso di liberazione. Successivamente però, con l’avvicendarsi della crescita evolutiva, l’angoscia nel proprio mondo interno si è estesa ai rapporti con il mondo esterno, suscitata soprattutto dall’esposizione di una parte di sé sofferente nel confronto con l’altro: quale immagine il mondo potrà restituire riguardo a se stesso? Un’immagine che, in fondo, non può non imporre un rifiuto difensivo della verità, in cui non ci si può ancora riconoscere, di cui non si riesce a trovare un significato accettabile e che non è ancora elaborabile. Sembra allora non sostenibile svelare una verità che non può ancora proteggere, che espone a rischi di disintegrazione del proprio sé.  Si crea così la necessità di costituire “una bugia”, per essere aiutati attraverso il sostegno di un oggetto di amore, a trovare una modalità che possa funzionare come una sorta di compromesso fra verità e silenzio totale.

Ferro e Stella (2019) ritengono che la bugia possa essere talvolta una sorta di “reazione immunitaria” alla quale ricorriamo per difenderci da qualcosa che sovrasta la nostra capacità di contenimento e di padroneggiamento conscio e di metabolizzazione inconscia. La bugia quindi può salvare da verità insopportabili al pensiero. I meccanismi di difesa possono essere gradienti di bugie possibili, laddove la verità, la O, è non solo inconoscibile ma anche insopportabile.

Il percorso del segreto del mio paziente continua il suo viaggio, parallelamente alla psicoterapia. Con l’arrivo della pubertà la questione si ripresenta in una sorta di “nuova edizione” sempre profondamente dolorosa ma che, un po’ alla volta, sembra consentire di trovare le parole per esprimere vissuti ora più significabili e comunicabili. Il segreto per quanto traumatico sembra non sovrapporsi ad aspetti identitari, ciò che era accaduto non pare minacciare più così pesantemente l’immagine di sé.

Mi sembra che il bisogno che successivamente è emerso di trovare forme sublimate per raccontare quanto avvenuto, possa rappresentare, davvero, un ulteriore passaggio del percorso interiore che un segreto può attraversare nelle relazioni intrapsichiche e intersoggettive di chi lo vive.

 

Bibliografia

Bion W. (1970). Attenzione e Interpretazione. Roma, Armando 1973.

Damasio A.R. (1999). Emozione e coscienza. Milano, Adelphi, 1993.

Ferro A., Stella G., (2019). Contributo ad una teoria psicoanalitica della bugia. Psiche, Rivista di cultura Psicoanalitica, 2/2019 pp459-466.

Ferro A.  Civitarese G. et al. (2011). Psicoanalisi in giallo. L’analista come detective. Milano, Cortina.

Riefolo G. (2019). Segreto e nuove concezioni dell’inconscio. Psiche, Rivista di cultura Psicoanalitica, 2/2019 pp361-372.

Camilla Pozzi, Mestre

Centro Veneto di Psicoanalisi

camillapozzi75@gmail.com

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