Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
Recensione di Caterina Olivotto
1933 UN ANNO TERRIBILE. JOHN FANTE,
John Fante
(1985) Fazi Editore, Milano, 1996.
pagg. 250
Molti sono i romanzi che raccontano di quell’età particolare che è l’adolescenza a confermare che essa esercita un fascino a cui non è facile resistere. Importante momento di passaggio, strano, pieno di contrapposte emozioni, di sfide, a volte di dolorose ridefinizioni di sé e dell’altro, di intensi amori e altrettanto intense amicizie, di grandi speranze, ma anche di intense disillusioni. Periodo in cui il corpo, accompagnato da una travolgente spinta pulsionale, prende e chiede prepotentemente spazio; è l’epoca in cui riaffiorano importanti problematiche e che, proprio per questo, si attivano nuove e fondamentali rielaborazioni che accompagneranno l’ingresso nel così detto “mondo degli adulti” con maggiore forza e forse minore timore.
Così anni fa mi capitò in mano un libro che mi piacque molto; si tratta di 1933. Un anno terribile di John Fante. Mi ero già appassionata alla lettura di questo autore attraverso le avventure di Arturo Bandini e mi trovai, anche in questo caso, non solo catturata dalla storia, ma anche ad attraversarla come se camminassi accanto a questi personaggi che, nella loro vivida e vitale descrizione, pian piano diventavano quasi reali di fronte ai miei occhi.
Questo breve romanzo che rientra con sottile ironia e umorismo, che sono propri dello stile di Fante, nella tipologia dei romanzi di formazione, ci permette di trovare e seguire un filo che percorre il corso di un’adolescenza che, seppur travagliata, può anche scorrere poi “liscia” verso l’età adulta. Un filo che pian piano tocca e mette in luce quelli che sono i nodi fondamentali che un adolescente solitamente si trova ad affrontare: il corpo, il rapporto con la figura paterna, l’amore, l’amicizia e molto altro. Quello che mi aveva particolarmente colpito in questa storia era l’enfasi e l’importanza data proprio al corpo, attraverso una sua parte in particolare, che diventava così co-protagonista e accompagnava il protagonista facendosi per lui sede e contenitore di speranze di emancipazione e di affermazione di sé.
La storia racconta di Dominic Molise, 17 anni, che vive in un piccolo paesino del Colorado dai lunghi inverni freddi, ghiacciati e innevati. Siamo negli anni ‘30 in piena Depressione e Dominic appartiene ad una famiglia molto povera di emigranti provenienti dall’Abruzzo: la mamma rassegnata e depressa, il padre muratore che vorrebbe che lui seguisse le sue orme e che arrotonda giocando a biliardo, una sorella, un fratello piccolo e una nonna, vecchietta ancorata alle sue origini abruzzesi che non parla una parola di inglese. Dominic però non si rassegna a questa condizione e sogna la sua rivalsa attraverso Il Braccio: è un bravo lanciatore di Baseball e sogna che questo potrà/dovrà diventare la sua via di riscatto “(…) il mio braccio, il mio benedetto, santo braccio che mi era stato dato da Dio, e se anche il Signore mi aveva creato figlio di un povero muratore, mi aveva però fatto un grande regalo quando aveva fissato sui cardini della clavicola quella centrifuga” (Fante, 1996,5).
Dominic tratta il suo braccio con grande rispetto, lo cura, lo massaggia, lo spalma costantemente di Balsamo Sloan, ci parla come fosse un caro amico, il suo amico del cuore con il quale si confida e da cui prende forza. Il Braccio sembra diventare la parte del corpo in cui si concentra tutta la forza pulsionale, la carica ormonale, che si scatena nell’adolescenza. Appare quindi un forte e importante investimento sul corpo – il Braccio oggetto parziale certo, simbolicamente rappresentante della potenza fallica e onnipotente dell’adolescenza? – oggetto in cui depositare i propri sogni sul futuro e mezzo per realizzarli. Questa possibilità sembra passare per Dominic attraverso la sensorialità – le sensazioni che provengono dai massaggi, dal toccare e accarezzare il Braccio – e la tenerezza che scaturisce dal prendersene cura come in una sorta di sublimazione delle spinte pulsionali sessualizzate ed erotizzate che, incanalate lì, sembrano poter essere in qualche modo controllate, gestite e integrate senza esserne sopraffatti, mera illusione nel momento in cui nella storia apparirà una ragazza! Il corpo – qui il Braccio – diventa allora un alleato nel quale poter contare per affrontare il difficile passaggio all’età adulta.
Mi ritrovo allora a pensare all’importanza di un buon investimento libidico e sensoriale della madre nei confronti del corpo del suo bambino e quanto questo, con l’inizio della pubertà, possa aiutare l’adolescente a meglio riconoscere, accogliere e integrare le sensazioni del tutto nuove e diverse che provengono dal proprio corpo sessuato. Il corpo allora potrà veramente essere sentito come “un amico”.
Dominic ha poi un rapporto molto difficile con il padre dal quale non si sente compreso e sostenuto nei suoi desideri di affermazione e di emancipazione. Ciò che vuole il padre da lui è in netto contrasto con ciò che lui desidera per se stesso. Il corpo, attraverso il Braccio, sembra potergli fornire la forza di non soccombere e diventa il mezzo per sognare la propria strada, la propria autonomia nel momento di passaggio della crescita. Il conflitto che Dominic si ritrova ad affrontare è intenso e con forza lo espone alla differenza delle generazioni e al confronto con il limite. Non vuole rinunciare al suo sogno, che è il simbolo del suo potersi distaccare e differenziare, ma sente che non può farlo ignorando il padre; in sostanza è alla ricerca di una via che gli permetta il distacco dal padre attraverso la propria affermazione, ma che ne rispetti nello stesso tempo la funzione paterna. E’ alla ricerca di poter ereditare il sapere dei padri senza farsi schiacciare, senza perdere se stesso. “(…) per una volta cessammo di essere padre e figlio e divenimmo amici, e io riuscii a parlargli delle mie speranze e disperazioni, del peso della povertà, della possibilità di andarmene da casa per provare a diventare un professionista del baseball. Si accese un sigaro e andò alla porta, girandomi le spalle, e io parlavo e parlavo del mio sogno mentre nuvole di fumo riempivano la rimessa. Quando si girò verso di me, sulla sua faccia non c’erano né rabbia né delusione, c’era solo dolcezza, desiderio di capire e di essermi vicino. ‘Aspetta ancora un anno’, disse con tranquillità. ‘Finisci il liceo e poi vai’” (ibidem, 99).
Il corpo, il Braccio, assume in sé il ruolo di cavallo scalpitante, la parte di Dominic che non può avere pazienza, che vorrebbe realizzati i suoi desideri immediatamente e che, spinge per essere soddisfatta, ma deve essere tenuta a freno, consolata e fatta ragionare dalla parte più saggia e adulta del ragazzo. Questo confronto, giocato dentro di sé con l’aiuto e attraverso il corpo, permette poi l’attesa e la posticipazione dell’esaudimento del desiderio. Fante sembra dirci che i figli hanno l’obbligo di aspettare, entro certi limiti e i padri hanno l’obbligo di accettare la volontà dei figli, entro certi limiti. E’ un gioco reciproco in cui ognuno deve fare la sua parte, entro certi limiti!
L’autore ci trasporta così nel vortice di quello che in adolescenza è il rapporto con i genitori che, in un modo o nell’altro in maniera più o meno forte, viene messo in discussione, attaccato, distrutto e poi pian piano ricostruito; il ruolo degli adulti, dei genitori soprattutto, è estremamente importante per offrire nuove vie che permettano al ragazzo di integrare il vecchio con il nuovo portando con sé la sensazione di essere stato un po’ artefice di ciò che è diventato e della sua nuova capacità di stare in contatto con ciò che sente, con ciò che proviene dal suo corpo e dalle sue emozioni, e con gli altri.
Torniamo ora alle vicissitudini di Dominic ed ecco che appare, tra i sogni di gloria sul Baseball, la sua passione amorosa per Dorothy, la sorella maggiore del suo migliore amico. Dominic si vede brutto, insignificante, privo di ogni attrattiva, neanche il Braccio potrà fare il miracolo! “Ma in fondo anche la neve poteva essere consolatoria. Almeno ti nascondeva dagli altri, con le tue lentiggini, le tue orecchie a ventaglio e la tua ridicola statura, e nella desolazione potevi scivolare accanto ad altri fantasmi, tra teste chine e occhi nascosti, con il tuo senso di colpa e la tua dappocaggine profonda e protetta dentro di te. (ibidem, 53)
Quello di Dominic per la ragazza è un amore che non può realizzarsi: Dorothy è il suo sogno proibito, qualcosa di irraggiungibile, la prima che ha acceso la scintilla, ma nonostante l’idealizzazione egli cerca disperatamente un contatto reale e quando finalmente riesce a restare solo con lei, la forza pulsionale adolescenziale esplode in tutta la sua pienezza, lo travolge esprimendosi in tutta la sua irruenza e … il sogno, come un delicato cristallo, si infrange. Dorothy non può e non vuole essere sua … allora disillusione, disperazione … “Guardavo il suo collo lungo, i suoi capelli biondi, il miracolo di come stava nelle scarpe, e cominciai a piangere, perché Dorothy Parrish non sarebbe mai stata mia, nessuno che veniva da Torricella Peligna aveva mai avuto una ragazza come Dorothy Parrish, e non l’avrebbe avuta neanche fra mille anni, non finché ci sarebbe stato un altro uomo sulla terra” (ibidem,75)
Fante ci dipinge una disperazione grande, travolgente, ma anche accompagna Dominic pian piano all’accettazione della rinuncia che, seppur dolorosa, lo rende in qualche modo più forte e lo fa sentire più “uomo”.
Il romanzo ci descrive quello che in fondo è un passaggio naturale che in adolescenza trova nell’amore forse la sua espressione più forte e colorita anche se molto dolorosa, cioè il ritrovarsi a fare i conti con la delusione, con la rinuncia, con l’essere lasciati da parte, rifiutati e in attesa di tempi migliori. Ci fa vedere la possibilità di voltare pagina contando sulle proprie ricchezze interne e riconoscendo il proprio valore al di là della sconfitta e della rinuncia, che insomma pian piano si può guardare in un’altra direzione che spesso si rivela poi ricca di nuove soddisfazioni. Ma oggi ci troviamo ad osservare anche qualcosa di molto diverso: la sessualità adolescenziale appare cambiata velocemente e con molta evidenza; anche la società è cambiata, l’ammorbidimento dei limiti che emerge nella difficoltà, a volte, degli adulti a sostenere con i figli una solida funzione genitoriale, ad esempio, partecipa all’emergere di aspetti problematici nell’approccio dell’adolescente alla sessualità e all’amore. Capita allora che i ragazzi cerchino di aggrapparsi al proprio corpo e al corpo dell’altro, di rispecchiarsi nell’altro per non perdersi e per avere conferma del proprio esistere; una grande importanza ha assunto il vedere, l’essere visti e il mostrare la propria vita attraverso i social. Le disillusioni e le delusioni, così tipiche di questo periodo della vita, sembrano, in queste situazioni, non poter essere tollerate, né pensate.
In tutta la storia Dominic è alle prese con ciò che sente, con le sue emozioni spesso dirompenti cariche di disperazione, tristezza, gioia, esaltazione; è alle prese con gli affetti, spesso ambivalenti, che prova verso il padre, la madre, verso tutta la sua famiglia; poi c’è Kenny, il suo grande e unico amico, e soprattutto il Braccio. Spesso sono proprio questi affetti che lo costringono a fare i conti con la spinta scalpitante dei desideri adolescenziali e a fermarsi a pensare. L’amicizia con Kenny è un sostegno nei momenti di disperazione, e luogo di ammirazione reciproca delle loro diverse caratteristiche che, riconosciute, li completano vicendevolmente; l’amicizia è per loro condivisione di sogni e ricerca di modalità per realizzarli. Si trovano ad allenarsi insieme e lo spogliatoio diventa il luogo in cui confidarsi, sostenersi a vicenda, il luogo in cui prendono concretezza i loro progetti e sembrano poter diventare realtà attraverso una vera realizzazione. Forse non c’è altro periodo della vita in cui l’amicizia, quella stretta, quella del cuore assuma un’importanza così fondamentale e imprescindibile nonostante tutti i timori che può generare una così intensa vicinanza. Nel racconto spicca e assume rilievo una frequentazione in cui l’essere presenti è fondamentale, contemporanea presenza del corpo e presenza della mente che permette così il confronto, lo scontro, l’allontanarsi e il ritrovarsi. Gli affetti si intrecciano con il corpo e il corpo con gli affetti e procedono sostenendosi e contenendosi l’un l’altro. Eros, anche qui, fa il suo lavoro di legamento.
Arriviamo così pian piano all’epilogo della storia, alcuni nodi fondamentali della vita di Dominic li abbiamo guardati più da vicino ed è bene fermarci qui. Ma cosa scopriremo allora alla fine di questo racconto? Certo Dominic non è un tipo che si arrende e Fante riesce a fargli esprimere l’alternanza tra i sospiri melanconici dello sconforto e il roseo respiro della speranza. Ci ritroviamo così, insieme al protagonista, in un vortice di emozioni che portano Dominic verso il salto per l’accesso alla maturità: momento, un po’ magico, in cui puoi scegliere di fare il tuffo ed incamminarti nel mondo degli adulti diventando un uomo o preferire di rimanere un ragazzo per sempre …
Buona lettura!
Bibliografia consigliata
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