“Invidia e Gratitudine”
di Melanie Klein

Presentato da  Elena Galliera

Autore: Melanie Klein

Titolo: Invidia e gratitudine

Titolo originale: Envy and gratitude (A study of unconscious sources)

Prima edizione: 1957 Tavistock Publications Ltd., London

Editore: G. Martinelli & C. S.a.s. – Firenze

Collana: Psicoanalisi e Civiltà Contemporanea

Anno di pubblicazione: 1969

Numero pagine: 122

Quarta di copertina

Invidia e gratitudine, pubblicato nel 1957, è la conclusione di quarant’anni di fecondo lavoro psicoanalitico di Melanie Klein (1882-1960), la quale è senza dubbio il personaggio di maggior rilievo apparso nel campo della psicoanalisi dopo Sigmund Freud.

Allieva di Ferenczi e poi di Abraham, ella si dedicò fin dall’inizio della sua attività allo studio del bambino mettendo a punto la tecnica del gioco, un metodo di analisi ispirato alla regola freudiana delle libere associazioni, che permette di esplorare e quindi di trattare i disturbi psicologici di bambini anche molto piccoli.

Tramite questo nuovo strumento di ricerca la Klein ebbe modo di compiere osservazioni del tutto originali sullo psichismo infantile: infatti, oltre a dimostrare che alcune fasi dello sviluppo psicologico quali il complesso edipico e la formazione del Super-Io sono già attive nei primissimi anni di vita, in anticipo cioè rispetto a quanto postulato da Freud, essa ha individuato nel bambino l’esistenza di processi di scissione, di proiezione e di elaborazione della coppia che testimoniano il difficile lavoro che il bambino deve compiere per difendersi dalle angosce che i prorompenti impulsi aggressivi gli suscitano. L’accento, posto sulle problematiche aggressive precoci, costituisce l’aspetto fondamentale dell’opera della Klein la quale non solo ci dice che l’aggressività è un nostro potente impulso, ma che essa ci minaccia fin dalla nascita allorché si presenta nella sua prima veste: l’invidia.

 

 

Biografia

Melanie Reizes, poi Klein da coniugata, nacque a Vienna il 30 marzo 1882, ultima di quattro figli. L’ambiente familiare era culturalmente vivace: il padre aveva intrapreso gli studi di medicina, la madre e il fratello maggiore, al quale Melanie era particolarmente legata, erano appassionati di letteratura e di musica. La vita giovanile di Melanie fu turbata, però, da due importanti lutti: la sorella Sidonie morì a 9 anni e il fratello Emanuel a 25 anni, quando lei ne aveva 20. Ella non superò mai completamente questi lutti.

Melanie intraprese gli studi di medicina dai quali si ritirò pochi anni dopo durante il periodo di fidanzamento con Arthur Klein, che sposò nel 1903 e da cui ebbe tre figli: Melitta (1904), Hans (1907) ed Erich (1914). Il matrimonio si rivelò sin da subito insoddisfacente.

Nel 1910 seguì il marito a Budapest e lì venne a contatto con la teoria freudiana. Iniziò l’analisi con Sándor Ferenczi, il quale la incoraggiò ad applicare all’infanzia la tecnica analitica, fino ad allora rivolta esclusivamente a pazienti adulti. Nel 1919 lesse il suo primo lavoro, Lo sviluppo di un bambino (pubblicato successivamente in International Journal of Psycho-Analysis), davanti ai membri della Società Psicoanalitica di Budapest fondata da Ferenczi nel 1913, della quale lei stessa era divenuta socia.

Nel gennaio del 1921 si trasferì con i sui figli a Berlino ed alcuni anni dopo divorziò dal marito.

Al congresso dell’Aja del 1920 conobbe Karl Abraham e nel 1924 Melanie intraprese l’analisi con lui. Abraham morirà poco dopo, ma nonostante i soli nove mesi dell’analisi, il pensiero del maestro si rivelerà determinante nell’impostazione della teoria kleiniana.

In quegli stessi anni anche Anna Freud, cominciò a dedicarsi alla psicoanalisi infantile e, sin da subito, tra Melanie ed Anna si delinearono delle importanti divergenze di pensiero teorico e metodologico; esse determineranno una frattura nell’ambito della giovane disciplina psicoanalitica e porrà le basi per la nascita della Psicologia dell’Io e della Teoria delle Relazioni Oggettuali.

Le idee della Klein trovarono accoglienza presso la Società Psicoanalitica Inglese, presieduta in quegli anni da Ernst Jones. Nel 1926, su invito dello stesso Jones, Melanie si trasferì a Londra.

Jones aveva inoltre dato vita, nel 1919, alla British Psychoanalytical Society e voleva che quest’ultima diventasse il punto di riferimento delle teorie kleiniane per l’ambiente psicoanalitico europeo.

Nel 1932 uscì il lavoro teorico più importante di Melanie Klein, La psicoanalisi dei bambini.

Terminata la guerra, nel 1946, pubblicò Note su alcuni meccanismi schizoidi. Seguirà, nel 1957, un altro testo innovativo, Invidia e gratitudine.

Morì nel 1960 all’età di 78 anni.

 

Invidia e gratitudine

Melanie Klein, a partire da un’attenta analisi del funzionamento precoce del bambino, arriva a considerare come l’invidia, costituzionalmente presente in ogni essere umano, sia uno dei fattori che opera sin dalla nascita.

L’invidia viene sperimentata dal bambino principalmente in rapporto alla madre e al seno che la rappresenta, e dalla quale dipende. Melanie Klein individua in questo sentimento uno dei maggiori fattori che mina la capacità di provare amore e gratitudine proprio perché colpisce il rapporto primordiale del bambino con il suo primo oggetto, la madre.

Secondo la Klein, l’invidia mira all’essere buono come l’oggetto e a possederne la sua bontà, ma quando ciò è avvertito come impossibile, mira a guastare la bontà stessa dell’oggetto e a voler eliminare la fonte che crea frustrazione. “L’invidia è un sentimento di rabbia perché un’altra persona possiede qualcosa che desideriamo e ne gode. L’impulso invidioso è di portarla via e di danneggiarla.” (p.17)  Questo è l’aspetto più distruttivo dell’invidia e lesivo per lo sviluppo: la fonte di tutto ciò che è buono e vitale e dalla quale il bambino dipende, è resa cattiva rendendo impossibile compiere delle buone introiezioni. Per la Klein, quindi, poiché l’invidia attacca la sorgente della vita, può essere considerata la più precoce forma di istinto di morte.

L’esito più grave dell’invidia, se molto intensa, è che mina lo sviluppo dell’Io perché compromette la capacità di costruire in modo valido un oggetto interno buono che è il fondamento della sicurezza e della serenità interiori. Anzi, l’attacco distruttivo all’oggetto genera un circolo vizioso di proiezioni che portano a vissuti persecutori e di colpa.

Poiché una forte invidia nei confronti dell’oggetto primario provoca sofferenza e disperazione, la Klein individua alcune difese (idealizzazione, svalutazione dell’oggetto, svalutazione del Sé, stimolare l’invidia negli altri, reprimere i sentimenti di amore ed intensificare quelli d’odio) utilizzate per contenere l’angoscia che ne deriva.

Durante il corso di uno sviluppo più normale, ossia quando l’invidia non è eccessiva e quando l’oggetto non è particolarmente frustrante, l’invidia può essere integrata con altri sentimenti. Infatti, la gratificazione sperimentata al seno, stimola ammirazione, amore e gratitudine, oltre che invidia. Così quando l’Io comincia ad integrare questi sentimenti contrastanti verso l’oggetto, se l’invidia non è dominante, la gratitudine supera e modifica l’invidia stessa ed il seno buono viene introiettato divenendo, così, parte dell’Io.

Per Melanie Klein “Il sentimento di gratitudine è una delle espressioni più evidenti della capacità di amare. La gratitudine è un fattore essenziale per stabilire il rapporto con l’oggetto buono e per poter apprezzare la bontà degli altri e la propria.” (p.29)

Nel testo trova spazio un’ampia esposizione di casi clinici di bambini ed adulti che supporta e chiarifica le concettualizzazioni teoriche di invidia e gratitudine. 

 

Elena Galliera, Trento (TN)

Centro Veneto di Psicoanalisi

elena.galliera@gmail.com

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