Intervista ad Anteo Saraval (2005)

A cura di Celestina Pezzola

Celestina Pezzola: I colleghi dell’Intercentri mi hanno incaricato di ripercorrere con lei alcune delle tappe più significative che hanno preceduto ed accompagnato la nascita del Centro Veneto di Psicoanalisi.

Lei ha avuto un importante ruolo di promotore del Centro Veneto come Centro indipendente, con una sua autonomia rispetto al Centro Milanese dove per altro lei era Segretario.

Lei ne è stato diretto promotore, e insieme a Musatti, Sacerdoti, Semi, Zennaro e Spacal fondatore e tra i principali testimoni di quel momento. Conserva qualche ricordo particolare del periodo in cui si è costituito il nostro Centro?

 

Anteo Saraval: Certo, Musatti ha praticamente dato l’avallo però poi le cose sono state fatte a Venezia.

L’idea è venuta a me perché io ero segretario del Centro Milanese e quindi ero già al corrente di come funzionavano le cose e mi sono reso conto che sarebbe stato positivo costituire un Centro anche a Venezia perché i veneti dovevano venire sempre loro a Milano. Inoltre come senso di aggregazione sarebbe stato molto importante avere un proprio Centro, però bisognava aspettare che ci fossero almeno cinque soci ordinari e allora ne avevo parlato con Sacerdoti.

Sacerdoti ci pensava già da tempo pure lui, io e lui eravamo i soci più anziani.

 

C.P.: Ed entrambi allievi di Musatti.

 

A.S.: Entrambi avevamo fatto l’analisi con lui. Musatti ci aveva dato un po’ la sua benedizione per questa iniziativa, sicuramente ci ha fornito il suo appoggio, ha dato il suo avallo. Noi poi lo avevamo invitato all’inaugurazione e fatto diventare Socio Onorario del Centro.

 

C.P.: Del resto pure lui era veneziano.

 

A.S.: Venezianissimo, anche se da tanti anni viveva a Milano.

E così, come le dicevo, anche Sacerdoti pensava all’idea di un centro separato però forse lui era un po’ più pigro di me, io sono sempre stato più dinamico, più fattivo, cerco sempre di fare le cose oltre che pensarle e si… credo di essere stata la molla anche perché ero già segretario al Centro Milanese, però devo dire che ho trovato consensi da tutte le parti.

Così con Sacerdoti, Semi, Spacal e la Zennaro siamo andati da un notaio… mi pare fosse a Mestre, ora non ricordo il nome, ma ci sarà l’atto costitutivo da qualche parte … e poi però c’era il problema della sede, non avevamo una sede, e Sacerdoti che aveva una casa grande aveva offerto la sua casa come sede dei nostri incontri, allora eravamo in pochi, noi soci fondatori, e mi pare cinque sei associati non di più … anche lì, il numero sarà scritto. Ricordo che anche Semi alcune volte aveva messo a disposizione la sua casa e anche a Padova delle volte eravamo stati ospitati ma principalmente ci si trovava a casa di Sacerdoti.

 

C.P.: Che clima c’era tra di voi, da un punto di vista umano, affettivo più che scientifico?

 

A.S.: Un clima ottimo, conoscevo Sacerdoti da tanto tempo, ero in amicizia con lui, poi Spacal aveva fatto una supervisione con me, la Zennaro e Semi l’analisi, quindi eravamo tutti in famiglia diciamo, c’era molta cordialità ed il clima era ottimo.

 

C.P.: Il modello all’inizio era un po’ quello della “famiglia psicoanalitica”?

 

A.S.: Certo allora eravamo in pochi e ci conoscevamo molto bene tutti. Le nostre riunioni scientifiche si tenevano una volta al mese. Spesso erano conviviali, come le dicevo a casa di Sacerdoti, prevalentemente dove sono state fatte molte piacevoli cene.

 

C.P.: Ci può descrivere in modo più approfondito come è nata questa spinta verso l’autonomia del Centro Veneto dal Centro Milanese e come era stata vissuta questa sua iniziativa dagli altri Centri?

 

A.S.: In un primo momento le riunioni scientifiche erano per tutti al centro Milanese e anche le supervisioni gravitavano là e da poco però i veneziani ed i padovani avevano ottenuto la possibilità di fare le supervisioni anche a Bologna piuttosto che a Milano perché Bologna era naturalmente più vicina per loro e Bologna cercava un po’ di inglobare le attività dei veneti ma secondo me era più giusto creare un centro a sé con la sua autonomia da Milano e Bologna e devo dire che anche Musatti ha sempre favorito molto questa mia iniziativa.

Il Centro Bolognese era gestito allora da Egon Molinari che non era un accentratore, non aveva ambizioni di potere ed anche lui ha sempre visto di buon occhio la nascita di un Centro

Veneto autonomo, c’è sempre stata una buona armonia con i veneti, la stessa armonia che ha poi permesso in tempi più recenti che si potesse costituire l’Istituto di Training VenetoEmiliano e questa è una cosa molto importante per gli allievi.

 

C.P.: Così dopo l’atto costitutivo dal notaio, il 13 dicembre del 1980, la tappa successiva per il neonato Centro Veneto fu l’inaugurazione ufficiale nella bellissima sede della Fondazione Querini Stampalia con C. Musatti in veste di socio onorario.

 

A.S.: Eh sì, fu proprio un bel momento.

 

C.P.: Mi verrebbe da commentare con una frase ripresa dal lavoro di Sacerdoti “Riflessi di Venezia nel lavoro analitico” letto proprio in quella occasione e ripresa da un sogno di un suo paziente: ” …però guarda dove sono arrivati questi veneziani … “

 

A.S.: Già un bel po’ di strada ne è stata fatta!

 

C.P.: Anche lei da buon veneziano frequentava da studente, come Musatti, le sale della biblioteca Querini Stampalia?

 

A.S.: Ah! no … io non ho fatto il liceo Foscarin i come lui ma il liceo classico Marco Polo e allora andavo più spesso alla biblioteca Marciana che era anche più vicina a dove abitavo. Poi prevalentemente ho frequentato le biblioteche a Padova, dove ho fatto l’università.

 

C.P.: Negli anni in cui frequentava la facoltà di medicina a Padova si parlava di psicoanalisi? C’era allora qualche referente in Veneto?

 

A.S.: No … assolutamente zero. Io mi sono laureato nel 1954 e la clinica psichiatrica non esisteva neanche, c’era solo la clinica neurologica diretta dal dr Belloni. Avevo cominciato a leggere qualcosa di Psicoanalisi già durante i primi anni d’università e così quando dopo la laurea dovetti decidere per la specializzazione mio padre che era medico e conosceva Belloni mi portò da lui per un consiglio e quando sentì che avevo in mente la neuropsichiatria mi indirizzò da Berlucchi a Pavia e io decisi subito di trasferirmi là così avrei potuto fare l’analisi a Milano con Musatti, era il 1955 e nel 56 iniziai la mia analisi. Ricordo che quando dissi a Berlucchi che sarei andato a fare un analisi con Musatti divenne tutto rosso e borbottò che in fondo tutto quello che aveva detto Freud era già stato scritto da altri prima di lui. … niente vero, per dire che il clima non era niente facile per la psicoanalisi in quegli anni. Però a Milano c’era già un clima diverso devo dire, là c’erano già molti analisti, c’era già molta apertura devo dire.

 

C.P.: Così a 24 anni decise di intraprendere la sua analisi con C. Musatti.

 

A.S.: Sa … non c’era molto da scegliere in quel periodo o Musatti o Molinari, infatti Molinari fu il mio primo supervisore e Musatti il secondo. A dire il vero inizialmente scelsi come secondo supervisore un’analista romano che fu però espulso dalla società poco dopo l’inizio della mia supervisione, così ripiegai su Musatti.

 

C.P.: Pur essendo stato il suo analista.

 

A.S.: Sì allora erano tempi d’oro e questo veniva tollerato perché i didatti erano pochi … pensi che Molinari veniva lui una volta alla settimana a Milano a fare le supervisioni agli allievi a casa, il sabato o la domenica mattina. Per non fare viaggiare i candidati veniva lui a Milano e andava personalmente a casa di ognuno di noi … mica male vero?

 

C.P.: Quali sono state a suo avviso le influenze e quali le eredità lasciate al nostro Centro dalla figura di C. Musatti, capace di guardare alla psicoanalisi con la mentalità dello sperimentalista?

 

A.S.: Sicuramente la sua impronta c’era. Sia io che Sacerdoti siamo stati suoi allievi ed entrambi abbiamo studiato sui suoi libri, oltre che sulle opere di Freud, anche quelli del suo primo periodo quando era ancora uno psicologo sperimentalista. Questo ci ha permesso in generale, non solo al Centro Veneto, di accogliere sperimentalmente gli sviluppi ulteriori del pensiero freudiano. Così presto cominciarono a comparire molti altri autori importanti, a parte la K. Jein, già nota, altri autori come Winnicott e poi più tardi Bion, ci sono stati in breve tempo molti sviluppi e la psicoanalisi è diventata via via più eclettica.

 

C.P.: Com’ è stato il suo rapporto con Musatti, fuori dal setting.

 

A.S.: C’è sempre stato un ottimo rapporto con lui. Mi ha sempre portato in palmo di mano anche al Centro Milanese e sicuramente mi ha personalmente appoggiato ed ha favorito, diciamo così, … i miei avanzamenti. Sono diventato ordinario a trentuno anni e poi subito dopo segretario del Centro Milanese. Devo dire che ho sempre goduto dell’appoggio di tutti a Milano, allora eravamo in pochi e l’ambiente era molto familiare.

 

C.P.: Si dice che lei abbia sempre avuto una grande capacità di mantenere una distanza ironica dalle situazioni. 

Forse questo ha contribuito a dare di lei l’immagine di una persona ben voluta da tutti i colleghi.

 

A.S.: Sì in genere io vado d’accordo con tutti ma indubbiamente per chi si mette nella posizione di guida di un gruppo è fondamentale a mio avviso saper mediare e cercare di stabilire una buona armonia … si se no non si va avanti, però all’epoca tra i colleghi c’era veramente un buon clima.

Poi inevitabilmente le tensioni nei gruppi crescono mano a mano che il gruppo si allarga e le tensioni non giovano al calore del gruppo.

Per tornare a Musatti fuori dall’istituzione psicoanalitica devo dire che ho fatto anche delle vacanze con lui perché mia moglie era austriaca ed andavamo spesso in Austria in vacanza insieme. Era una persona amabilissima, spiritosa, colta e la sua compagnia era sempre molto piacevole.

Ecco rispetto al CVP i miei ricordi sono un po’ questi, io poi ho cominciato a frequentarlo meno per via dei miei numerosi impegni a Milano come segretario e poi anche a Roma. Poi quando ho visto che le cose funzionavano bene ho lasciato che altri facessero il presidente, così poi mi hanno succeduto Sacerdoti, Semi.

Ricordo in particolare la prematura scomparsa di Spacal, fu un momento molto doloroso per il centro. Spacal lo conoscevo bene perché aveva fatto una supervisione con me. Lui era sloveno d’origine però era stato a fare il training negli Stati Uniti. Aveva studiato alla

Columbia Università a New York. Era una persona intelligente, brillante e capace e rappresentava una voce un po’ diversa dalla nostra per la sua esperienza all’estero. E’ stato una grave perdita per il CVP e poi è successo proprio poco dopo l’avvio del Centro.

Sicuramente una grave perdita dal punto di vista umano e scientifico.

Vedo che comunque il Centro ha poi prodotto delle altre figure importanti.

Mi riferisco a Semi, Schön, Boccanegra, e tanti altri più giovani che però personalmente conosco meno. E’ sicuramente un buon Centro.

Ricordo poi che ci fu un convegno della Società al lido di Venezia in quegli anni però non ricordo se il CVP era già nato, no forse era prima si nel 1976, no, il centro fu fondato qualche anno dopo.

 

C.P.: A proposito di convegni, l’idea del convegno sulla “seduzione” da lei promosso ed organizzato a Venezia nell’ottobre 1987, era nata all’ interno del Centro Veneto?

 

A.S.: Sì, io mi stavo occupando di quel tema e dopo averne parlato anche con Semi e Sacerdoti ne è nata l’idea del convegno e successivamente ne è stata fatta la pubblicazione e certo molti fra gli autori più importante appartengono al Centro Veneto, sono quasi tutti veneti.

 

C.P.: Il suo legame con Venezia e con il Centro Veneto si è poi mantenuto nel tempo?

 

A.S.: Con Venezia e con i veneziani, si. Con Sacerdoti sono sempre rimasto in contatto, lo andavo sempre a trovare quando tornavo a Venezia. Ci si vedeva spesso anche al di fuori del lavoro.

 

C.P.: Magari per qualche vogata in sandalo.

 

A.S.: Qualche volta mi ha portato in giro per la laguna con il suo sandalo.

Devo dire che il mio rapporto e legame più stretto è stato ed è quello con Semi, con lui c’è un legame più intimo, forse perché mio allievo e poi perché abbiamo molte affinità.

Abbiamo continuato a lavorare insieme, lui mi ha coinvolto per il suo trattato e anche io lo coinvolgo sempre quando devo scrivere qualcosa.

Anche con Schön, con il quale ho lavorato nella commissione etica sono stato a lungo in contatto e devo dire mi sono sempre trovato d’accordo su molti punti nelle decisioni da prendere, mi sono sempre trovato in sintonia …. Forse perché veneto (ridendo).

Devo dire che poi, progressivamente, per via dei molti impegni a Milano sono venuto sempre meno al Centro Veneto e però vedo che l’albero che abbiamo piantato è cresciuto bene, è proliferato. Il Centro Veneto è progredito da molti punti di vista.

Io vi ho lasciato crescere “a distanza”, vi ho lasciato soli e questo vi ha giovato. Se ci si emancipa dai genitori si cresce meglio no?

 

C.P.: Certo si cresce meglio e questa sua “distanza ironica”, Professore ci insegna molte cose.

A proposito di ironia, tema caro al CVP per l’interesse che ne ha avuto Sacerdoti, lei pensa che ci possa essere un legame tra questa sua capacità di distanziarsi ironicamente e le sue radici triestine veneziane ed in parte anche ebraiche?

 

A.S.: Ma sì, forse il mio senso dello Humor potrebbe essere riconducibile alle mie origini, anche se credo sia un senso dello humor molto veneziano alla fine, credo di sì. Per quanto riguarda le origini ebraiche io sono ebreo solo a metà, sono un misto perché mia madre era cattolica dunque per gli ebrei non sono ebreo, lo ero solo per i nazisti. Però devo dire sono piuttosto ignorante in materia, anche se forse alcune cose le ho nel sangue, probabilmente si.

Indubbiamente c’è un doppio legame tra ebraismo e psicoanalisi che ha condizionato un po’ tutti noi analisti. Sacerdoti lo sentiva molto sicuramente, Musatti è sempre stato molto laico, so che anche Semi è un profondo conoscitore di cultura ebraica.

 

C.P.: A proposito di umorismo ed ebraismo, memorabile mi era sembrata la novella chassidica da lei citata nel suo lavoro sulla neutralità dell’analista e ripresa da un testo della Nissim, che narra di un figlio di re che, sentendosi pollo, viveva sotto un tavolo e che solo andando sotto il tavolo con lui e parlando un po’ al principe ed un po’ al pollo un sapiente riuscì a rinsavirlo. Lei faceva riferimento alla capacità dell’analista di essere un lucido ed imperturbabile ricercatore di verità e nello stesso tempo saper entrare in contatto empatico con il paziente.

Crede che questa continui ad essere una buona ricetta anche per la psicoanalisi delle nuove generazioni?

 

A.S.: Sicuramente, per noi analisti è e continuerà ad essere fondamentale avere queste capacità del sapersi mettere in contatto e lavorare con le parti più regredite del paziente.

Il sapiente del racconto chassidico non conosceva la psicoanalisi, ma possedeva, innate, le doti che io considero fondamentali per un setting relazionale analitico: saper alternare con abilità, vicinanza e distanza.

 

Padova, Dicembre 2005

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