Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
di Luca Bruno
Cent’anni fa, nello stesso anno in cui Freud pubblicava alcuni interessanti saggi sulla telepatia e “Psicologia delle masse e analisi dell’Io”, venne dato alle stampe “Psychodiagnostic” di Hermann Rorschach (1921). La sua morte prematura, gli impedì di approfondire l’interpretazione del proiettivo da lui ideato ed il suo apparato teorico, ma da allora il “test delle macchie di inchiostro” ha iniziato ad essere uno dei metodi più rilevanti per analizzare la struttura di personalità e il funzionamento mentale. Un metodo proiettivo che ha avuto ampia diffusione, nella ricerca e nella clinica e che tutt’ora costituisce uno degli strumenti psicodiagnostici più completi e complessi.
Ma come mai tra i suoi detrattori vi sono spesso anche gli psicoanalisti?
Rorschach nasce a Zurigo l’8 novembre 1884. Si laurea in Medicina, negli anni in cui Jung mette a punto il suo test di associazioni verbali. Jung e Rorschach, per primi, creano tecniche che, attraverso la proiezione, consentono l’emergere di contenuti espressivi dell’inconscio.
Nel 1919 Rorschach partecipa all’atto costitutivo della Società Psicoanalitica Svizzera e, su iniziativa di Pfister ed Oberholzer, ne assume la carica di vicepresidente. Sviluppa il suo test in seno alla teoria fenomenologica, sotto l’influenza di Binswanger. Il 2 aprile 1922 muore per una peritonite, a soli 37 anni.
Nel 1949 viene fondata la International Rorschach Society (ISR) a Berna, dove i protocolli originali raccolti da Rorschach sono conservati negli Archivi della biblioteca municipale e universitaria.
La psicoanalisi ha contribuito riccamente allo sviluppo della capacità di analisi del funzionamento mentale che questo strumento possiede.
Numerosi psicoanalisti hanno utilizzato, e impiegano, la prova di Rorschach nei loro studi e tra coloro che hanno pubblicato interessanti volumi ricordiamo in particolare, negli Stati Uniti, Roy Schafer (1954) e, in Francia, Catherine Chabert (1983, 1987).
Searles (1979) cita il Rorschach come strumento in grado di offrirci autoritratti inconsci dei pazienti, contenenti aspetti di Sé che sono fonte di disturbo.
Anche in Italia, molti psicoanalisti si sono interessati alla prova di Rorschach. Tra gli altri, Masciangelo (1959) e Fachinelli, che nel 1961 si specializza in Psichiatria con una tesi dal titolo “Il contributo del Rorschach all’analisi strutturale della nevrosi fobico-ossessiva”.
Zapparoli e Ferradini (1961) scrivono:“Questo paziente aveva dimostrato particolari capacità proiettive nel test di Rorschach, fornendo un protocollo ricco e vario. Alla V tavola, interpretando il margine superiore destro e sinistro della macchia aveva visto: ‘Polifemo, di profilo, sdraiato, morto, già accecato, coi capelli arruffati. Sono due fotogrammi: da una parte è già morto, dall’altra riesce ancora a dire qualcosa. Da una parte la bocca è definitivamente chiusa’; aveva quindi riposto la tavola. Alla interpretazione, fornita in consonanza diretta: ‘cercheremo di riaprire anche quella bocca’, il paziente rispondeva: ‘credo che lei sia troppo ottimista’. Questa produzione al test si presta a due osservazioni: la prima riguarda l’immediata capacità dimostrata dal paziente di avvertire l’utilizzabilità del materiale prodotto per esprimere la propria posizione nei confronti dell’analisi; la seconda – e più interessante – riguarda la singolare utilizzazione percettiva di due elementi obbiettivamente identici per esprimere uno stato interiore di alternativa, emotivamente caricato” (pg.107).
Ferruta (1990) se ne occupa anche nelle patologie somatiche.
Oggi sono piuttosto rari i contributi degli psicoanalisti in cui viene fatto riferimento al Rorschach, anche se qualcuno, almeno timidamente, lo cita. Mangini (2005), ad esempio, parlando dell’isolamento e della meticolosità nella nevrosi ossessiva, in una nota a pie’ di pagina, precisa: “questi aspetti sono evidenti anche al test di Rorschach che evidenzia una grande quantità di risposte di dettagli” (pg. 97).
Personalmente, anche in anni recenti, ho scritto qualche articolo sui rapporti tra Rorschach e psicoanalisi (Bruno 2016, 2021). Segnalo inoltre l’esistenza di una rete internazionale di ricerca denominata “metodi proiettivi e psicoanalisi”, che non solo si occupa di analizzare quanto la psicoanalisi possa essere utile per i metodi proiettivi, ma anche di approfondire il contributo che i metodi proiettivi possono portare alla teoria e alla pratica psicoanalitica (www.reseaumpp.org).
Uno degli aspetti più criticati dagli psicoanalisti rispetto alla possibilità di utilizzare il Rorschach nei colloqui preliminari alla presa in carico terapeutica risiede nel fatto che si introduce attivamente un elemento terzo concreto nell’incontro, nella relazione tra clinico e paziente, che indubbiamente avrà una risonanza emotiva. L’analista esce momentaneamente dalla sua posizione di neutralità ed astinenza.
Come bilanciare questi elementi critici con i numerosi vantaggi legati alle informazioni che si possono ricavare dalla sua applicazione? Il Rorschach permette di osservare un’ampia gamma di aspetti psichici e costituisce bussola preziosa, insieme a tutto quello che emerge dall’incontro con il paziente, per una valutazione approfondita dei criteri di analizzabilità e per orientare il tipo di trattamento. Si tratta di uno strumento che consente anche di rilevare segni che stimano la presenza di processi che possono rimanere a lungo nascosti (o invisibili all’osservazione) e inespressi nei colloqui.
Da un punto di vista psicoanalitico, il Rorschach permette una valutazione degli aspetti e delle dinamiche profonde della personalità, sia dell’assetto narcisistico che di quello oggettuale. Oltre alla valutazione dell’esame di realtà, del funzionamento cognitivo, affettivo e dell’adattamento all’ambiente, il proiettivo consente di analizzare in modo estremamente raffinato il tipo di coesione identitaria e le rappresentazioni di Sé, sul duplice versante identitario e identificatorio. Mette in luce aspetti importanti delle identificazioni del soggetto e del loro ruolo nella formazione e nel funzionamento egoico, superegoico e dell’ideale dell’Io. Ma non solo. Evidenzia l’espressione dei derivati pulsionali e i loro punti di fissazione, le principali modalità con le quali il paziente si rappresenta le relazioni oggettuali, la natura dell’angoscia lungo il percorso evolutivo che attraversa la frammentazione, la perdita e la castrazione, la gamma dei meccanismi di difesa (arcaici o evoluti, il loro livello adattativo e di efficacia nel fronteggiare l’ansia, il loro impiego isolato, massiccio, morbido o rigido). Permette inoltre una prima osservazione di importanti elementi della relazione con il clinico, quali le resistenze e la comparsa di precoci aspetti transferali. Il Rorschach ha risonanze con l’area transizionale, come concepita da Winnicott e aiuta a riflettere sulle dinamiche transfert/controtransfert.
Didier Anzieu, nella prefazione al volume di Chabert “Il Rorschach nella clinica adulta. Interpretazione psicoanalitica” (1983) afferma che il Rorschach esplora il preconscio e l’inconscio, induce una profonda regressione, topica e formale, e fa emergere fantasmi inconsci nel sistema percezione-coscienza. Scrive, Anzieu (lui che è stato profondo esploratore dell’Io-pelle), che il Rorschach è prezioso nel reperire le immagini del corpo, le frontiere dell’Io, gli involucri psichici, “realtà talvolta trascurate dagli psicoanalisti”.
A differenza di un utilizzo solo psicometrico e ateorico, come ad esempio è il metodo di Exner che snatura decisamente le stesse intenzioni del suo Autore e che impoverisce enormemente la portata esplorativa del metodo, il Rorschach psicoanalitico diviene uno scandaglio molto efficace nella valutazione del funzionamento mentale, permettendo di cogliere, con ampiezza e profondità, aspetti complessi della mente e le loro reciproche interazioni e interferenze.
Altri due impieghi preziosi del Rorschach sono la valutazione degli elementi di indicazione per una presa in carico psicoanalitica e la possibilità, nella metodologia del test/re-test, di valutare gli esiti del trattamento psicoanalitico, facendo emergere aspetti di cambiamento strutturale e di trasformazione del funzionamento mentale del paziente nel corso o alla fine della cura.
Riporto l’esempio di un paziente adulto che al Rorschach fornì numerose interpretazioni che sembrarono mettere in luce una conflittualità edipica molto attiva nel suo funzionamento psichico e che orientarono la presa in carico psicoanalitica:
tav X “due guerrieri che si scontrano (grigi superiori)… e sembra che siano sospinti da due figure che stanno dietro di loro (rosa)… si affrontano con le lance e dietro… due figure femminili, come nei poemi omerici, lo scontro di eroi e dietro ci sono donne molto importanti!” e poi “solo adesso, alla fine, ho notato questo triangolo (ride) che non è un triangolo perché non è chiuso (arancione centrale). Non lo avevo proprio notato!”.
Dopo 100 anni, il Rorschach resta uno degli strumenti psicodiagnostici più utilizzati, continua ad arricchirsi la letteratura specialistica che lo riguarda e numerose sono le occasioni di scambio e dibattito scientifico. Dall’11 al 15 luglio 2022, a Ginevra, si terrà un congresso internazionale organizzato dall’ISR per celebrare questo centenario.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Bruno L. (2016), “Difficoltà diagnostiche e terapeutiche nella perversione. L’ausilio dei metodi proiettivi Rorschach e TAT”. In: Psicologia clinica e psicoanalisi (a cura di Sola T.), Edizioni Universitarie Romane, Roma.
Bruno L. (2021), “Rorschach e Corpo. La clinica psicoanalitica” e “Fragilità narcisistiche e destini pulsionali: studio di due casi”. In: Intramontabile Rorschach. Ieri, oggi, domani (a cura di Sola T.), Edizioni Universitarie Romane, Roma.
Chabert C. (1983), Le Rorschach en clinique adulte. Interprétation psychoanalytique, Bordas, Paris (tr. it. 1988).
Chabert C. (1987), La psychopathologie à l’èpreuve du Rorschach, Dunod, Paris (tr. it. 1993).
Fachinelli E., Ermentini A. (1961), “Il contributo del test di Rorschach all’analisi strutturale della nevrosi fobico-ossessiva”, Rivista sperimentale di freniatria, 85, pp. 1723- 1735.
Ferruta A. et al. (1990), “L’immagine del cuore, Protocolli Rorschach in pazienti trapiantati”. In: De Martis D. et al. (a cura di ), Il labirinto della somatizzazione, La Goliardica Pavese, Pavia.
Freud S. (1921), Massenpsychologie und Ich-Analyse (tr. it. OSF 9).
Mangini E. (2005), “Sulla nevrosi ossessiva: aspetti metapsicologici del linguaggio e del pensiero ossessivo, l’isolamento tra rappresentazione di cosa e di parola”. In: Nevrosi Ossessiva, (a cura di Mangini E.) Monografie della Rivista di psicoanalisi, Borla, Roma.
Masciangelo P.M. (1959), “Osservazioni clinico-sperimentali sulle modificazioni indotte dall’ LSD nella personalità epilettica”, Rivista sperimentale di freniatria, 83, pp. 750-761.
Rorschach H. (1921, 2° ed. 1932), Psychodiagnostic, Hans Huber, Bern (tr. it. 1981).
Searles H. (1979, tr. it. 2004), “A proposito di transfert e controtransfert”, Rivista di Psicoanalisi, 1, pp. 175-202.
Schafer R. (1954), Psychoanalytic Interpretation in Rorschach testing, Grune & Stratton, New York (tr. it. 1971).
Zapparoli G.C., Ferradini F. (1961), “Note su alcuni problemi di psicoterapia analitica
in un reparto psichiatrico”, Rivista di psicoanalisi, 2, pp. 101-110.
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