Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
Titolo: “Il disagio nella civiltà”
Autore: Sigmund Freud
A cura di: Alberto Luchetti
Anno pubblicazione: 2021
Editore: Feltrinelli
Numero Pagine: 276
È possibile recensire oggi un libro di Freud? Mi sono posto questo interrogativo di fronte ad una nuova edizione de “Il disagio nella civiltà” (un libro del 1929) appena uscita nella serie Classici della Universale Economica Feltrinelli (e, buono a sapersi visti i tempi, per soli 10 €). Si tratta di una edizione curata da Alberto Luchetti con il testo originale tedesco a fronte e con una nuova traduzione, dovuta a Virginio B. Sala (la traduzione del “Disagio” nelle Opere di Freud delle edizioni Boringhieri era di Ermanno Sagittario). Già il titolo è diverso: disagio nella civiltà, non “della”, com’è nelle Opere. Musatti, nell’avvertenza editoriale, spiegava allora che la deformazione (il tedesco è “in der Kultur”) era “prevalsa tradizionalmente”, una spiegazione – diciamo la verità – piuttosto misera. Comunque, per chi volesse dedicarsi ad una fenomenologia della traduzione, c’è ampio spazio a confrontare le due versioni, con il vantaggio di disporre del testo tedesco. L’edizione è poi completata da una Biografia cronologica di Freud e da una Bibliografia essenziale. Mi ero posto una domanda iniziale e mi ritrovo a non averle risposto. Val la pena di modificare la domanda: che senso ha recensire oggi un libro del 1929, per di più un libro famoso di un autore famosissimo? Beh, bisogna pensarci su. Il fatto è che Freud ci ha lasciato numerose opere che propongono interrogativi declinabili diversamente in diverse epoche. Certo, questo può valere per ogni opera letteraria importante: gli interrogativi che ci suscita la lettura del Decamerone sono certamente diversi da quelli pensati dai contemporanei del Boccaccio (e così le risposte, sempre provvisorie). Ma i saggi freudiani non sono opere letterarie, ambirebbero ad essere opere scientifiche. Il disagio nella civiltà, come vedete, mi sta ponendo degli interrogativi anche ora, tanto più che mi posso chiedere quanto l’attuale difficoltà del nostro mondo (effetti della pandemia compresi) possa spingere ad una lettura “attuale” illuminante o, viceversa, troppo attualizzata e dunque infedele. Ma anche quanto la continua rilettura di questo saggio da parte degli studiosi in novant’anni non abbia aperto strade interpretative nuove.
Ah, Luchetti! Con stile beneducato questo psicoanalista e studioso che ha curato l’edizione di cui vi scrivo ha inserito un suo saggio intitolato “Il fattore molesto” dopo (per questo Luchetti è beneducato!) il testo di Freud. L’avesse collocato prima, a guisa di prefazione, ci avrebbe condizionato la lettura del saggio di Freud. Collocandolo invece dopo, ci spinge a chiederci “Toh, ma questo lo sapevo? L’avevo capito? Aspetta che torno indietro a rileggermi questo passo o questa parte”. Beninteso il lettore può anche non leggere questo scritto. Ma, diciamolo subito, farebbe un grave errore, perché Luchetti man mano, a partire dai commenti che lo stesso Freud fa e poi seguendo i fili interpretativi che si possono dipanare all’interno del saggio freudiano ma anche nella letteratura psicoanalitica posteriore, ci apre tutta una prospettiva illuminante e inquietante. Ve la dico, non ve la dico? Eh, temo che se vi dicessi questa prospettiva vi farei un cattivo servizio, quasi come rivelare in anticipo l’assassino di un giallo. Dovete scoprirvela, senza correre all’ultima pagina.
Insomma non ha senso recensire oggi un libro di Freud come se fosse appena scritto, ma ha senso recensire una nuova edizione se ci fornisce nuovi strumenti di interpretazione e se ci spinge – come fa ogni buon testo di psicoanalisi – a interrogarci, a rivedere noi stessi in modo diverso. Mi sembra che l’insieme di questa edizione – testo originale, nuova traduzione, saggio sul “fattore molesto” e così via – assolva bene questa funzione psicoanalitica fondamentale. Dunque grazie Luchetti!
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