Gli spiriti dell’isola

di Elisabetta Marchiori

Gli spiriti dell’isola

Titolo: “Banshees of Inisherin” (Gli spiriti dell’isola).

Dati sul film: regia di Martin McDonagh; Gran Bretagna, 2022, 114 minuti.

Trailer: https://youtu.be/vAGX4Vd6ryQ

Genere: commedia, drammatico.

 

È con “viva e vibrante soddisfazione” che apprendo che il film “The Banshees of Inisherin” del drammaturgo Martin MacDonagh, regista e sceneggiatore di “In Bruges” (2008) e di “Tre manifesti a Ebbing, Missuri” (2017), ha vinto tre Golden Globe 2023 (miglior film, sceneggiatura e attore protagonista) ed è anche il grande favorito nella corsa agli Oscar 2023, con ben nove nominations. È stato presentato alla 79Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, dove Colin Farrell ha conquistato la Coppa Volpi per la sua straordinaria interpretazione. Sarebbe stato, come ho già scritto, il mio Leone d’Oro.

È ambientato nell’Irlanda degli anni Venti, in una piccola isola dalla natura selvaggia, con paesaggi meravigliosi — mare, scogliere, prati verdeggianti — un pub e un piccolo agglomerato di case intorno al porto dove si ritrovano i pochi abitanti. I due protagonisti sono Pádraic (Colin Farrell), un giovane uomo nice — l’aggettivo con cui si auto-definisce — e sempliciotto, e Colm (Brendan Gleeson), un anziano e burbero suonatore di violino, angosciato dall’idea di morire, che desidera comporre una musica che gli sopravviva, una ballata intitolata: “Banshees of Inisherin”. Intorno a loro si muovono una serie di personaggi archetipici, tratteggiati con estrema nitidezza e nei minimi dettagli: Siobhan, la sorella di Pádraic, intelligente e avida lettrice, rappresenta la possibilità di cambiamento e di riscatto; il gestore del pub è testimone neutrale degli accadimenti; il poliziotto è la legge perversa, che non protegge i deboli ma ne abusa, come fa con il figlio Dominique (il bravissimo Barry Keoghan), considerato “lo scemo del villaggio”; il prete impiccione, che dispensa assoluzioni sommarie; la padrona pettegola e invidiosa dell’unico negozio di alimentari che è anche ufficio postale; e infine una vecchia megera, che incarna una banshee (donna delle fate), spirito femminile che si aggira presagendo profezie che nessuno vuole ascoltare.

Dopo averlo visto la prima volta, proprio in occasione della Mostra, ero stata colpita dal suo significato manifesto, che emerge dalla messa in scena dell’insensatezza delle guerre fratricide e dal fatto che, da un’isola lontana e dal passato, questo film ci interroga sulle angosce del presente. Ci invita anche a rileggere il carteggio tra Einstein e Freud “Perchè la guerra” (1932). In risposta a Einstein, che intuisce l’esistenza nell’uomo del “piacere di odiare e distruggere”, Freud spiega che l’uccisione del nemico soddisfa “un’inclinazione pulsionale” all’odio e alla distruzione, Thanatos o pulsione di morte, bilanciata da Eros,  pulsione di vita.

In primo piano c’è l’incomprensibile rottura dell’amicizia tra Pádraic e Colm. È quest’ultimo a innescare una escalation di violenza pur di tenere lontano Pádraic, di cui era the best friend, accusandolo di essere noioso, di fargli perdere tempo, di fare discorsi inutili. Insomma, non gli va più a genio (“I just don’t like you no more”)! Deve stargli lontano, o si taglierà tutte le dita della mando destra, una dopo l’altra: estremizzazione teatrale che sottolinea la natura autolesionista del conflitto fratricida, di un gioco in cui inevitabilmente tutti perderanno. Sullo sfondo, in parallelo, c’è la guerra civile irlandese dell’inizio del secolo scorso, di cui si odono l’eco degli spari in lontananza e della quale gli abitanti dell’isola non comprendono le ragioni: “Era più semplice quando combattevamo dalla stessa parte e i nemici erano gli inglesi”. .

La rottura inaspettata di questa amicizia destabilizza i fragili equilibri della piccola comunità, dove si propaga il caos, innescando negli abitanti profondi cambiamenti e inaspettati conflitti, dove prima c’erano solo (apparentemente) quiete e noia, scandite da rituali intoccabili.

Vedendolo una seconda volta, ne ho potuto cogliere alcuni significati più profondi proprio seguendo l’evoluzione dei personaggi, e in particolare dei protagonisti, che con le loro interpretazioni magistrali riescono a mostrarne le loro trasformazioni interne più profonde. Pádiac è inizialmente quello buono, gentile, però non riesce ad accettare la separazione da Colm, amico fraterno ma anche figura paterna, cui è dipendente in modo morboso, e inizia ad avere comportamenti violenti e cattivi, prima da ubriaco e poi anche da sobrio. Colm si rivela inizialmente eccessivamente rude, ma forse ha perso la speranza di far uscire allo scoperto Pádriac, quasi non si arrenda al fatto che sia davvero tanto ottuso. Colm inoltre è disperato, come rivela al prete, teme di morire, e forse vuole dare a Pádriac l’occasione di dare un senso più pieno a quella sua vita monotona da allevatore ignorante, rendendolo indipendente da lui. È questo che gli suggerisce anche Dominique, che forse tanto scemo non è, ma è traumatizzato e profondamente infelice, non tollera la cattiveria che Pádriac comincia a mostrare.

 

Un dito dopo l’altro, un’intrusione dopo l’altra, una ritorsione dopo l’altra, si compie la trasformazione completa dei due: il viso di Pádriac si storce d’ira funesta e folle mentre incendia la casa dell’ex-amico e nel contempo risuonano fuori campo le parole della lettera della sorella, che ha accettato un lavoro a Dublino: lo invita a raggiungerla prima  che sia troppo tardi. Come afferma Freud (1932), solo l’incivilimento e il rafforzamento dell’intelletto possono dominare la pulsione di morte. Ma Pádriac ormai non può fermarsi, mentre il volto di Colm si riempie di tristezza e di dolcezza, quasi si preparasse al suo destino di morte.

Anche gli animali nel film hanno un ruolo importante, sia nel definire i caratteri dei loro padroni, sia nel rafforzare la metafora della guerra: l’amata asinella di Pádriac, che come lui non sta mai al suo posto, e il cane intelligente e vivace di Colm, sembrano rappresentare le vittime innocenti e inevitabili dei loro gesti scellerati.

Infine la meravigliosa colonna sonora, in parte creata e suonata da Brendan Gleeson, rende l’esperienza della visione di questo film completamente immersiva.

So che qualcuno si è annoiato, qualcuno ha dormito, qualcuno non ha capito, io invece lo aspetto in streaming, per vederlo una terza volta e trovarci qualcos’altro.

 

 

Bibliografia

Freud S. (1932). “Perchè la guerra?”. O.S.F., 11.

 

Elisabetta Marchiori, Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

lisbeth.marchiori@gmail.com

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