Musica e Parole

a cura di Caterina Olivotto e Massimo De Mari

caterina.olivotto@gmail.com , massimodemari@gmail.com

 

Non è un caso che dedichiamo questo spazio alla Musica e alle Parole mettendole insieme, pensandole cioè intrecciate una all’altra: la Musica che con il suo potenziale creativo può evocare la parola e, viceversa, la Parola, intesa qui come espressione poetica in un testo, che può cercare la sua più calzante concretizzazione in una melodia come ci accade di sperimentare nella nostra vita di tutti i giorni, ma spesso e, a volte non con troppa sorpresa, anche nei nostri studi al lavoro con i nostri pazienti.

E’ vero che Freud, mentre era appassionato soprattutto di letteratura, di poesia e di scultura, non lo era quasi per nulla di musica anche se alcune volte ne fa riferimento nei suoi scritti pensandola però come qualcosa che difficilmente può essere spiegata ritenendo che fosse molto complesso decifrare quali corde emotive profonde venissero da lei toccate dentro ognuno di noi. Sembra in fondo che egli tentasse di resistere al potere seduttivo ed enigmatico della Musica mostrando così una certa riluttanza ad entrare nella sfera pre-rappresentazionale, cioè nel sentimento oceanico. Ma nonostante tutto Freud, magari non volendo, anche questa volta ci indica la via!

Le emozioni che la Musica suscita sono molte, diverse una dall’altra ogni volta e ognuna di esse ci si presenta con varie sfaccettature a seconda del momento in cui viene ascoltata, o creata per chi possiede il dono di riuscire a farlo, portando con sé ricordi di tracce scolpite nella nostra psiche. A volte queste stesse tracce spingono anche verso la ricerca di Parole che, insieme alla melodia, le possano contenere e incorniciare.

Scrive De Mari (2018) “i suoni hanno una grande forza evocativa. E’ proprio dal dialogo interno fra il suono e l’esperienza con la madre e in seguito con le altre figure di accudimento agli inizi della vita, che si formeranno successivamente la parola e il linguaggio”. S. Maiello (1993, 2011) ci fa presente come le reminiscenze prenatali di ritmi e di suoni, soprattutto in relazione alla voce materna con la sua costanza qualitativa e la sua discontinuità nel tempo, restino nella memoria del bambino e si strutturino come un oggetto sonoro. Seguendo questo filo potremmo pensare che le prime forme di rappresentazione potrebbero essere di natura sonora e precedenti a quelle visive. E forse sta proprio qui quel qualcosa di particolare che sentiamo così avvolgente e coinvolgente nella Musica capace di catturare anche il nostro corpo spingendolo a muoversi armoniosamente al suo ritmo ricreando una particolare continuità mente-corpo.

Provo allora ad immaginare l’intreccio tra Musica e Parole insieme alle emozioni, ai ricordi, alle tracce di primordiali oggetti sonori e di prime rappresentazioni come ad uno dei numerosi aspetti del continuo e vitale lavoro di legamento svolto da Eros che agganciando la spinta slegante di Thanatos la imbriglia rendendola nominabile, conoscibile e meno distruttivamente pericolosa permettendoci così di sperimentare una via di piacevolezza.

 

De Mari M., Carnevali C., Saponi S. (2018), Tra psicoanalisi e musica. Alpes. Roma

Freud S. (1913), Il Mosé di Michelangelo, OSF VII, BollatiBoringhieri Torino

Freud S. (1929), Il disagio della civiltà, OSF X, Bollati Boringhieri Torino

Maiello S. (1993), L’oggetto sonoro. Un’ipotesi sulle radici prenatali della memoria uditiva. Richard e Piggle, 1/1993

Maiello S. (2011), Dialoghi antelitteram. Note sugli elementi ritmici e sonoridel linguaggio e della comunicazione verbale. Richard e Piggle, 19, 3/2011

Munari F. (a cura di) (2019), Eros e Thanatos. Sui processi di legamento. Alpes. Roma

 

 

 

LA NINNANANNA TRAGICA DI JANIS JOPLIN

di Massimo De Mari

Janis Lyn Joplin nasce il 19 Gennaio del 1943, quindi negli anni sessanta, quando divenne famosa, aveva solo 21 anni. La sua vita, costellata di dolori ed increspature è così simile alla sua voce e alla sua versione di Summertime.

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Sì perché quando si siede al piano e inizia a suonare capiamo subito, perché l’abbiamo sentita milioni di volte…

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