Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
Recensione di Cristina Marogna
Titolo: “Blade Runner”
Dati sul film: di Ridley Scott, USA, 1982, 118’
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=eogpIG53Cis
Genere: Fantascienza
“Blade Runner“, liberamente ispirato al romanzo di Philip K. Dick del 1968, Do Androids Dream of Electric Sheep? (Gli androidi sognano pecore elettriche?) è considerato un capolavoro di Ridley Scott, sceneggiato da Hampton Francher e David Webb Peoples.
È un film che oggi possiamo definire “distopico”, ambientato in un futuristico 2019 a Los Angeles e che, benché abbia subito diversi tagli e rimaneggiamenti, ha cambiato la storia del cinema.
La storia è quella di Rick Deckard (Harrison Ford), un ex-poliziotto del L.A.P.D. (Los Angeles Police Department) richiamato forzatamente in servizio per identificare un gruppo di androidi Nexus 6, fuggiti dalle colonie Extra-Mondo e tornati clandestinamente sulla Terra. L’obiettivo degli androidi è di trovare il loro costruttore, Eldon Tyrell (Joe Turkell), colpevole di averli dotati di una vita troppo breve. La ricerca dei Nexus 6 da parte di Rick Deckard è feroce e serrata, ma subisce una battuta d’arresto e una rivoluzione nell’incontro con Rachael (Sean Young), replicante femminile più desiderabile di una donna autentica. Nel corso del film i Nexus 6 saranno tutti “messi a riposo”, ma il momento più lirico è proprio lo scontro finale tra il cinico Rick e l’angelico androide Roy (Rutger Hauer).
“Blade Runner“ non è solo fantascienza, è il primo film a cui viene avvicinato uno stile noir a colori: l’atmosfera è oscura ed avvolta da una cupa tristezza, che ci proietta in un mondo sporco e buio, dove la tecnologia progredita ha preso il predominio e non si riesce più a contattare la qualità poetica del vivere. In questo degrado antropico i replicanti modello Nexus 6 ci danno un punto di vista diverso sul senso dell’esistere, facendoci dubitare del nostro stesso “essere umani“.
Infatti, gli umani vivono una misera quotidianità dove il piacere del cibo, delle relazioni e del paesaggio è sostituito con l’efficienza, alternata da punte di onnipotenza, mentre i replicanti si interrogano sul senso della vita:
Roy Batty: Io voglio più vita, padre! […]
Eldon Tyrell: Siete stati fatti al meglio delle nostre possibilità.
Roy Batty: Ma non per durare…
Eldon Tyrell: La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo. E tu hai sempre bruciato la tua candela da due parti, Roy. Guardati: tu sei il figliol prodigo. Sei motivo d’orgoglio per me.
Freud (1914) in “Introduzione al Narcisismo”, definisce l’immortalità dell’Io come “il punto più vulnerabile del sistema narcisistico” (p. 461) e sottolinea che “l’individuo conduce effettivamente una doppia vita, come fine a sé stesso e come anello di una catena di cui è strumento, contro o comunque indipendentemente dal suo volere. Egli considera la sessualità come uno dei suoi propri fini ma, da un altro punto di vista, egli stesso non è che un’appendice del suo plasma germinale a disposizione del quale pone le proprie forze in cambio di un premio di piacere: “è il veicolo mortale di una sostanza virtualmente immortale” (p. 448). La morte, dunque, è superabile con la generatività, possibilità questa che sembra essere negata ai Nexus 6 destinati a disattivarsi in base ad una obsolescienza programmata.
La memoria, i ricordi … I falsi ricordi
Kant ha sostenuto in più contesti come il tempo non abbia valore di realtà assoluta, piuttosto sia un’espressione personale, una rappresentazione ingannevole che è funzione della mente e non una realtà empirica. Freud dal canto suo ha rilevato come il risveglio della coscienza ci faccia percepire un flusso interno che proiettiamo nella realtà esterna. La realtà esterna ed interna dei protagonisti è difficile da separare e la voce fuori campo ci proietta in una dimensione onirica. I ricordi dei Nexus 6 sono veri? Quali memorie si vengono a formare quando è il flusso e la pressione esterna ad invadere il nostro sistema coscienza? Quanto possiamo fidarci che le immagini mentali che conserviamo siano memorie di esperienze realmente vissute o falsi ricordi?
Roy Betty: Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”
Roy non ha memoria, non ha famiglia, non possiede una sua anima e dunque non dovrebbe provare emozioni, ma in questa scena è più capace di sentire gli affetti e comunicarli con immagini e parole di quanto sappia fare il poliziotto (Gaff) che per esprimersi costruisce origami.
Il desiderio di restare in vita è un sentimento troppo complesso e strutturato per essere attribuito a un replicante? L’esame dell’empatia per riconoscere gli umani dai replicanti risulta a questo punto fallimentare perché dipende dall’esaminatore e dal legame che si viene a creare nella coppia come accade nella dinamica transfert-controtransfert.
Il desiderio di vita grazie a Rachel diventa necessità di memoria, deposito necessario per dar senso all’esistere: aver avuto una madre è l’ancoraggio per non sprofondare nel baratro della non esistenza. Già Freud nella sua ricerca clinica aveva capito quanto i falsi ricordi di abuso fossero difficili da smontare e anche oggi, con il bombardamento mediatico che subiamo potremmo chiederci quale sia la verità che viene proposta e perché la riteniamo affidabile. Anche per il film “Blade Runner” conserviamo e riproduciamo una memoria “tagliata” la versione che vediamo è diversa, nella sua fine, dalla versione originale voluta dal regista e denegata da altri.
Il tempo da vivere e il cambiamento catastrofico
Il tempo e la memoria hanno un ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità. Damasio (2012) in relazione ai tre livelli di coscienza, parla di Sé esteso quale livello superiore dello sviluppo del Sé, fulcro dell’identità biografica dell’individuo. Questo livello contempla una prospettiva biografica personale: siamo quelli che siamo stati e permane una continuità storica di noi stessi. La costruzione del Sé è basata sul rapporto con l’oggetto la cui presenza determina cambiamenti nell’individuo che permangono in un livello di coscienza che Damasio definise “nucleare”. Il cambiamento ha dunque a che fare con tempo che diviene una dimensione fondamentale dell’identità in trasformazione. Se l’analista impara nel training a sostare in uno spazio “senza memoria e senza desiderio” (Bion, 1970) in un tempo presente che contempla il passato e il futuro, abitando uno straordinario spazio d’incontro al di fuori del tempo, il paziente in questo spazio vive il “cambiamento catastrofico”.
Rachel sperimenta il “cambiamento catastrofico” e “l’oscillazione PS – D” nell’incontro con Rick potendo così scegliere un futuro da costruire in coppia, mentre Rick può coltivare uno spazio d’illusione che lo spinge oltre la mera rinuncia, stato in cui lo troviamo all’inizio del film.
Rick: Tyrell mi ha detto che Rachel era speciale: nessuna data di termine.
Non sapevo per quanto tempo saremmo stati insieme.
Ma chi è che lo sa?
Pensiero indispensabile: non sapevamo quanto tempo Vangelis sarebbe stato con noi, ma la sua musica in questo film continuerà a risuonare.
Riferimenti bibliografici
Bion, W. R. (1970). Attenzione e interpretazione. Armando, Roma, 1973.
Damasio, A. (2012). Il sé viene alla mente. La costruzione del cervello cosciente. Adelphi, Milano.
Freud S. (1914). Introduzione al Narcisismo. O.S.F., 7.
Cristina Marogna, Padova
Centro Veneto di Psicoanalisi
Condividi questa pagina:
Centro Veneto di Psicoanalisi
Vicolo dei Conti 14
35122 Padova
Tel. 049 659711
P.I. 03323130280