Arti Visive

a cura di Franca Munari

 

Perché le opere in immagine partecipano alla nostra riflessione.

 “… provo godimento per me stesso in un oggetto sensibile diverso da me. Di questa specie è il godimento estetico. E’ godimento di sé oggettivato.

Ora il fatto che io provi godimento per me stesso in un oggetto sensibile presuppone che io abbia, trovi o senta me stesso in esso. Ci imbattiamo così nel concetto fondamentale dell’estetica odierna: il concetto di empatia [Einfülung].

Essa significa che, nel momento in cui colgo un oggetto, appunto in tale oggetto, così come esiste e solo può esistere per me, vivo un’attività o una modalità dell’auto-attivazione come qualcosa che gli appartiene.” (Lipps,1906)

Ogni immagine è un’interfaccia: essa “svolge un ruolo tra investire emotivamente l’esterno ed essere colpiti da esso e questo le conferisce il valore di formazione limite dell’Io e del non Io, di cui essa costituisce a modo suo la frontiera, partecipando dell’uno e dell’altro. L’arresto sull’immagine o sul registro immaginante, blocca nello stesso tempo l’invasione del mondo interno da parte delle eccitazioni esogene, e l’emorragia del mondo interno nel mondo esterno” (Guillaumin, 2001).

Ogni immagine è un prisma che può variamente rifrangere l’intrapsichico e l’intersoggettivo.

Ogni immagine è un doppio.

Si era ben consapevoli di questo nella Grecia arcaica dove eidolon, l’immagine, da eidos (εἰδος), che significa “forma” e prima ancora dalla radice εἰδ– di vedere, definiva una categoria di fenomeni, quella del “doppio” che comprende oltre all’immagine stessa, la psyché, l’apparizione, l’ombra, il sogno e il fantasma. “Il doppio è una realtà esterna al soggetto, ma che, nella sua apparenza stessa, s’oppone, per il suo carattere insolito, agli oggetti familiari, allo scenario consueto della vita. Esso si muove su due piani contrastanti ad un tempo: nel momento in cui si mostra presente, si rivela come qualcosa che non è di qui, come appartenente ad un inaccessibile altrove.” (Vernant, 1965)


Franca Munari, “Luisa raddrizza il quadro” (2019).

 

Ogni immagine che è qui ed ora, hic et nunc, richiede, rimanda ad un altrove e a un prima, alibi et tunc.

Ogni immagine, ha la pretesa di essere presente, di presentare al posto stesso di ciò che è rappresentato, un’hybris che fa dell’immagine letteralmente un “pretendente” dell’essere. … A differenza di un luogotenente che supplisce all’assenza dell’originale, il pretendente ha per scopo non soltanto la funzione del rappresentante, ma pretende di rimpiazzare l’originale stesso, simulando di esserlo (Alloa, 2010).

Ogni immagine alla fin fine risulta comunque enigmatica, resiste ad ogni interpretazione e se così non fosse essa non avrebbe senso di esistere. In altri termini sono interessanti solo le immagini “recalcitranti”, indefinitamente recalcitranti. (Leutrat, 2001)

“Questo è allora l’ombelico del sogno, il punto in cui esso affonda nell’ignoto.” Ebbe a dire Freud a proposito del “groviglio di pensieri onirici che non si lascia sbrogliare” (Freud, 1899).


Bibliografia

Alloa E. (2010) Entre transparence et opacité – ce que l’image donne à penser. In, sous la direction de Emannuel Alloa, Penser l’image, Les presses du réel, Dijon

Freud S. (1899) L’interpretazione dei sogni. OSF 3.

Guillaumin J. (2001) L’image entre le dedans et le dehors. Rev. Franç. Psychanal. 65,4 13337-1347.

Lipps T. (1906) Empatia e godimento estetico. In Discipline filosofiche. Una “scienza pura della coscienza”: L’ideale della psicologia in Theodor Lipps. XII 2 2002, 31-45.

Leutrat J.-L. (2001) L’intéressant dans l’image. In, sous la direction de Gagnebin M. et Savinel C., L’image récalcitrante. Presses d la Sorbonne Nouvelle, Paris.

Vernant J.-P. (1965) Mito e pensiero presso i Greci. Einaudi Editore, Torino, 1970.


Franca Munari

franca.munari.ls@gmail.com

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