Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
*Per citare questo articolo:
Carnevali C., (2024) “La musica del desiderio in adolescenza e trasformazioni identitarie nel transfert e nella relazione analitica.”, Rivista KnotGarden 2024/1, Centro Veneto di Psicoanalisi, p. 23-58
di Cinzia Carnevali
(Rimini), Membro Ordinario con Funzioni di Training della Società Psicoanalitica Italiana, Presidentessa del Centro Adriatico di Psicoanalisi.
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“E in generale la sapienza antica dei Greci sembra
essere legata soprattutto alla musica.
E per questo giudicavano che il più musicale e il più sapiente
tra gli dei fosse Apollo e fra i semidei Orfeo”
(Ateneo,632 c, 14)
“Un bambino nella notte colpito dalla paura si rassicura canticchiando. Cammina e si ferma al ritmo della sua canzone […]. Questo è come un contorno stabile e calmo, stabilizzante e calmante, entro il caos […]. C’è una sonorità nel filo di Arianna e nel canto di Orfeo […]. Si tenta un’improvvisazione ma improvvisare è unirsi al Mondo, o confondersi con lui. Si esce di casa sul filo di una canzonetta. Sulle linee motrici, gestuali, sonore che indicano il percorso abituale di un bambino” (Deleuze e Guattari, 1980, 382-385). La canzone e potremmo dire “il Ritornello, per prima cosa, agisce: crea uno spazio sonoro, ritaglia una figura (abbozza un ritmo/codice) stabile” (ibidem). Il ritornello è paragonato al canto degli uccelli, cioè̀ a una delimitazione spaziale. Questa spazialità è tracciata: il ritornello è propriamente la risultante di un certo incontro di forze fisiche (umane) che si sottraggono al caos e in qualche modo si compongono originando la frase musicale e il sé[1].
Ho accettato volentieri di partecipare al progetto collettivo di questo gruppo di psicoanalisti, nuovi menestrelli della psicoanalisi che amano la musica, e che parafrasando Gribinski e Ludin (2006) definirei non solo “Società degli amici del Sogno” ma anche, appunto, “Società degli amici della Musica”. Un gruppo di psicoanalisti che si muove in amicizia gli uni verso gli altri tra suoni, musiche, immagini, pensieri, rinnovati incontri personali e ricordi della propria adolescenza.
Partecipo con questo scritto, frutto di una mia ricerca personale che riguarda le aree primitive della mente, con particolare attenzione alla comunicazione “musicale” e ai vissuti traumatici che prendono corpo e forma nell’esperienza psicoanalitica con gli adolescenti producendo trasformazioni (Carnevali, 2023)[2]. Mi riferisco nello specifico a quelle trasformazioni identitarie, nel transfert e nella relazione analitica, che avvengono tramite sensorialità musicali e con una ripresa di movimenti maturativi emozionali e sensuali-sessuali vissuti nel percorso psicoanalitico.
Nella relazione analitica si sviluppano infatti diverse forme primitive di comunicazione che transitano attraverso le rêverie somatiche, sensoriali e musicali tra pazienti adolescenti e analista. Occorre una visione ampia e duttile per descrivere la musica dell’adolescenza da punti molteplici, rimodulando sguardi e ascolti arricchendoli di intrecci originari tra suoni, affetti, parole e musica.
Si riflette intorno alle condizioni mentali inconsapevoli, implicite, non rimosse che possono mantenere aperta una possibilità di scambio con livelli profondi in diretta comunicazione da inconscio a inconscio, toccando le corde dell’autenticità senza mediazioni. Barale (2015) ci ricorda che i tentativi di integrare la sfera sonora all’edificio psicoanalitico risalgono a Ferenczi e ad Abraham e che periodicamente è stato ripreso il tema del “sonoro musicale” da tanti autori in diverse prospettive, mostrando la curiosità per gli aspetti musicali della relazione umana e analitica. Lo stesso autore ci descrive “il ricco territorio ‘tra’ psiche, affetti e musica, tra ritmi musicali e ritmi della relazionalità umana, tra suono parola e musica nei loro intrecci originari, tra consonanze e risonanze in musica e nei fondamenti dell’intersoggettività, tra ascolti musicali e ascolti psicoanalitici, tra semantica musicale e semantica psicologica, tra sistemi intonativi e armonici in musica e nell’espressività psicologica, tra modulazioni, elaborazioni, trasformazioni, interpretazioni in musica e in psicoanalisi” (ibidem, XI).
Questo mio lavoro si occupa in particolare della comparsa dell’amore dalla solitudine, dal dolore e dal disprezzo attraverso la musica in adolescenza. Grazie alla musica si raggiunge la possibilità di amare. Penso che con l’aiuto della musica la relazione analitica si “accenda” di desiderio, di contenuti transferali e contro-transferali che se non ostacolati possono rimettere in movimento il sé, far sviluppare e far maturare elaborazioni trasformative tramite una nuova relazione con un nuovo oggetto. Inoltre, l’incontro tra l’adolescente e il suo analista non è solo duale e bidirezionale, ma è un incontro tra mondi, il sé essendo informe e in divenire e il transfert multifocale.
Vorrei cercare di descrivere attraverso alcuni casi clinici come attraverso la sensorialità – il ritmo, la voce, il timbro, l’armonia nello scambio relazionale tra paziente e analista – si possa giungere, dopo diversi anni di analisi, a toccare esperienze originarie del sé e si possa attivare un transfert amoroso e a volte erotico che sblocca la fissità delle difese, consentendo la ripresa di movimenti evolutivi emozionali sensuali e sessuali. Le vibrazioni musicali, archivi sonori del transfert (Mancia, 2004), attivano vibrazioni corporee non separate dallo psichico. Il suono con le sue frequenze “crea un campo musicale e relazionale” (Carnevali, 2015, 81) che cerca un equilibrio tra attrazione verso frequenze basse – intuitivamente depressive – e attrazione verso frequenze molto alte – tali da essere abrasive, onnipotenti, danneggianti – per contenerle, nominarle e infine passare all’alfabetizzazione emotiva. Ciò comporta l’attraversamento del transfert, sensibilizzando l’adolescente a una riflessione sulla percezione in tempo reale dei sentimenti e delle aspettative che egli nutre nei confronti dell’analista, e verso le relazioni con gli altri. In questo modo l’adolescente trova il coraggio di parlare apertamente di tali aspettative, dopo una possibile de-idealizzazione dell’analista e una riduzione dell’asimmetria iniziale. Nelle prossime pagine indagherò la dimensione musicale del transfert collegata alla vibrazione sonora e ritmica dell’esperienza analitica con l’adolescente. “Se vibro e percepisco questa vibrazione esisto e sono vivo”: aspetti profondi e fossilizzati si rianimano. La musica per la sua stessa struttura va a raggiungere il sentire e si lega agli affetti più primitivi (Mancia, 2006) e questo ha luogo nel corpo: “se guardiamo a ciò di cui è fatta troviamo elementi tratti dall’esperienza corporea” (Di Benedetto, 1991, 30). Prenderò in considerazione soprattutto il legame con l’oggetto materno, facendo un parallelismo tra l’evoluzione nella relazione analitica interpsichica e la relazione intrapsichica nella mente dell’adolescente. Farò inoltre un parallelo fra il modo in cui l’adolescente può far uso della musica rap e delle canzoni (cioè al modo specifico e singolare in cui investe il musicista e la musica che colpisce il suo sentire, l’uso o non uso dell’oggetto musicale), e l’uso e l’investimento che fa sull’oggetto analista.
Spesso ci troviamo di fronte a forme scisse, di idealizzazione e successivamente di mostruosità. Sarebbe significativo poter monitorare con l’ausilio del controtransfert tali movimenti emotivi. In questo senso è molto importante l’ascolto, l’ascolto dell’ascolto e l’ascolto del terzo analitico (Ogden, 2022). Questo avviene anche per i modelli musicali che forniscono una fonte di identificazione molto significativa per l’adolescente, sia in senso ostacolante sia in senso evolutivo. L’ascolto può essere difettoso non solo per difetto, ma anche per eccesso. Nell’ascolto, qualcosa – suono, parola, discorso – esibisce le sue proprietà all’ascoltatore, il quale ha del resto precise responsabilità costitutive circa il senso da attribuire a quanto ascolta. “Il senso si co-stituisce anche per via degli sviluppi che si producono in colui che ascolta” (Petrella 2018, 170).
In particolare mi soffermerò ad analizzare l’influenza della musica Rap, Hip-Hop, nella quale gli adolescenti possono trovare un linguaggio più credibile per loro, in cui riconoscere le loro sofferenze e ribellioni, ma anche conforto e immedesimazione. Come descritta dai miei pazienti adolescenti tale musica fa vibrare l’essere con tutto il corpo, facendo percepire e ritrovare un senso vitale. Eros è un legame creativo che può allontanare il pessimismo e il narcisismo distruttivo e che può far ritrovare un senso di esistere e una propria soggettività.
L’ascolto analitico, vissuto con tutti i sensi nei casi descritti (adolescenti in analisi a tre sedute alla settimana), crea uno spazio scenico e musicale partecipato, aperto al divenire, un luogo di rappresentazione di affetti ed emozioni che porta a una maggiore definizione e differenziazione del proprio sé dall’oggetto altro da sé. Nell’analisi si è realizzato un processo di avvicinamento dell’adolescente all’analista, di fusione-confusione e poi di separazione-distinzione, condiviso intensamente con la voce e il ritmo della relazione.
Mi sono chiesta se nell’adolescenza l’improvviso infiammarsi per l’ascolto, l’imitazione e la condivisione della musica rock e rap non riguardi il ritorno a una forma regressiva di incorporazione e negazione della presenza dell’oggetto che non viene visto e dal quale non si viene visti. Ho pensato che si potrebbe riconoscere in questo uso della musica adolescente una modalità difensiva dominata dalla scissione e collegata alla posizione schizoparanoidea che se viene riconosciuta e compresa può aiutare a riprendere il cammino verso la posizione depressiva e l’evoluzione identitaria.
La musica del desiderio nell’adolescente
Occorre dare attenzione agli adolescenti di oggi[3], il mondo è cambiato velocemente e sono sempre più rari i negozi di dischi ancora aperti. Molti ragazzi che rappano provano ambivalenze e paure, a volte i dubbi aumentano le insicurezze e subito dopo aver debuttato nel mercato musicale sono tentati di cancellare le loro produzioni e di ritirarsi in sé stessi. Oggi vogliono diventare famosi velocemente, essere i migliori, ricchi, avere successo, mentre negli anni ‘80 l’obiettivo dei primi rapper era quello di creare una forma di protesta sociale e di cambiare lo status quo. Come scrive il rapper Ice-T in un’intervista (2015-2018)[4]: l’obiettivo era “di uscire dalla strada dove i miei giorni erano contati, quando vedevo la gente rappare ed io ero in strada a trafficare pensavo fosse una cosa scema. Mi piaceva ma nessuno ci faceva i soldi ed io ero un mezzo criminale. Ma dovevi ottenere soldi per ottenere rispetto… fare rap è una cosa quasi melensa, chi infrange la legge guarda tutti gli altri dall’alto al basso, insomma ascoltavo il rap ma non mi era ancora venuta la voglia di farlo. Melle Mel è stato il primo che abbia mai sentito mettere qualche vera riflessione o idea all’interno di una canzone (The Message, 1982)[5]. Poi ho sentito P.S.K. di Schoolly D.[6], ero uscito per spacciare e avevo una pistola con me e mi dissi: ‘Questa merda è esattamente come mi sento io. Wow, questo parla della mia vita’! E in quel momento vidi una nuova strada” (5). A quei tempi esisteva una gerarchia basata sul talento, ma rileggendo la storia di questo rapper possiamo dire che più che essere il migliore, Ice-T voleva essere nominato, visto, cioè voleva essere incluso. Infatti, affermava: “Se qualcuno diceva EPMD, volevo che qualcun altro dicesse: ‘Che ne pensi di Ice-T?’”.
Il momento più importante della sua carriera di rapper è stato quando il video del brano Colors (1988)[7] è diventato una hit. Colors era il titolo dell’omonimo film ambientato a Los Angeles in cui gli attori Sean Penn e Robert Duvall facevano i poliziotti, durante un periodo in cui la città aveva un serio problema con le gang. Ice-T registrò una canzone e girò un video che ebbero un successo fulminante e da qui ottenne attenzione a livello nazionale. Racconta: “Colors aprì gli occhi alla nazione sulla mia esistenza”. Ed ancora: “È tutto vero ho dei fans là fuori!”. È una domanda di attenzione e amore. Fate l’amore non fate la guerra… Vi ricordate?
L’adolescente in ogni epoca storica ha prodotto un movimento di ribellione, ha protestato nei confronti delle rigide autorità, contro le ingiustizie e contro le guerre, sviluppando una spontanea creatività nella scelta della musica e nell’introdurvi nuovi elementi. Una canzone che si può definire importante è una canzone che produce trasformazioni, che cambia. Come Fight the Power dei Public Enemy[8], nel video mostrava la gente che protestava in strada: era la prima volta che un gruppo rap tentava di farsi promotore di un movimento politico. Trasformò Chuck D[9] da semplice rapper a portavoce, portaparola di un gruppo sociale. Da allora si è sempre più estesa la musica rap, nata nei sobborghi americani caratterizzati da povertà, emarginazione e carenza educativa. Oggi questo genere musicale piace ed emoziona i giovani, i nostri giovani, fa nascere in loro il desiderio di incontrarsi per narrare le loro storie sognanti e traumatiche al di là della profonda sofferenza mentale. In un recente contributo[10] riporto le esperienze relazionali e musicali effettuate in diversi anni con le cooperative di prima accoglienza e con i licei italiani. Da questa esperienza è emerso un intenso desiderio sia da parte degli adolescenti studenti e che da quella degli adolescenti migranti di relazionarsi ai loro pari, non solo con il linguaggio verbale, ma con l’arte e la musica. Ritengo molto importante l’esperienza di condivisione tra psicoanalisti e altri operatori di diverse discipline (antropologi, sociologi, educatori, semiologi, musicisti, ecc.) per trovare opportunità trasformative nell’esperienza sociale. Conoscenza e integrazione consentono di procedere verso una continuità elaborativa che permette agli adolescenti di uscire dalla ripetizione traumatica e di assumere il loro progetto identitario e le loro scelte di vita. Per realizzare tutto ciò è necessario avere fiducia che l’analista possa attribuire all’adolescente sia la capacità di elaborare la propria sofferenza che di essere egli stesso disponibile a pensare e attuare aperture psicoanalitiche.
In particolare, l’utilizzo e l’inclusione della musica all’interno dei setting terapeutici tesi ad affrontare e a trasformare le esperienze traumatiche di abuso ha portato a creare uno spazio sociale in cui delimitare le differenti esperienze di comunità realizzate in diversi anni di incontro tra adolescenti e giovani migranti, e a progettare un laboratorio espressivo musicale chiamato “Musica e poesia di resistenza e azione” (Carnevali, Ravaioli, Vandi (a cura di), 2023, 43). I ragazzi italiani e migranti coinvolti nel progetto sono stati introdotti al rap dal musicista Kd-One, che ha spiegato loro come è strutturata una canzone e come la si può poi distribuire sul mercato musicale, sviluppando allo stesso tempo una visione critica di quest’ultimo. L’interazione creativa tra adolescenti ha prodotto un’esperienza originale di integrazione tra giovani studenti dei licei italiani e giovani richiedenti asilo: la produzione collettiva di una canzone rap, “Bon Ton”[11], con ritmi, rime e parole originali. Attraverso questa esperienza è emerso l’interesse degli adolescenti per l’aspetto filosofico delle parole e per le sonorità delle canzoni, ma soprattutto il bisogno di conoscersi e di essere inclusi: a questi gruppi di giovani interessa riportare la musica al suo valore originario e a differenziarla dal mercato consumistico.
Corpo della musica o musica del corpo?
Bisogna considerare che l’adolescenza è un periodo di cambiamento travagliato: i cambiamenti esplodono nella pubertà, quando il corpo si impone all’attenzione della mente per creare e personalizzare una nuova identità, per integrare nuove sensorialità, pulsioni e affetti tra loro e per riconoscere in questa nuova unità una immagine di sé la cui rappresentazione possa essere positiva e possibilmente con una buona autostima. Allora l’adolescente può uscire di casa e affrontare gli altri con un senso di sicurezza. Quando le disarmonie – che provengono non solo dalle relazioni parentali ma anche dalle relazioni passate con educatori assenti o ansiosi ed aggressivi – e le ferite subite al sano narcisismo di vita si aggiungono alle frustrazioni della realtà attuale, l’immagine del sé può colorarsi di negatività, e questo rende il sé dell’adolescente più vulnerabile. Nella solitudine, la dolorosa frustrazione può provocare demoralizzazione e depressione. Oggi gli adolescenti non hanno solo a che fare con l’identificazione con l’aggressore (Ferenczi, 1932), con un aggressore che diventa un Super-Io severo e sadico interno, che rimprovera e punisce, ma anche con un Ideale dell’Io che confonde e pretende un’immagine ideale di perfezione. In questo senso, anche una piccola macchia viene esperita come difettosità, inadeguatezza e totale imperfezione che produce un aumento dei sentimenti di imbarazzo e di vergogna. Aumenta la polarizzazione dell’oscillazione dalla posizione schizoparanoide alla posizione depressiva e l’ingabbiamento nella figurazione estrema di onnipotenza o impotenza. Aumentano le crisi d’ansia e di panico per paura di un sentimento di inadeguatezza rispetto alla pretesa di prestazioni esagerate (ansia da prestazione). La vergogna può essere avvertita come un sentimento ancora più angosciante e bloccante della colpa. L’intervento degli adulti testimoni delle angosce degli adolescenti e dei loro compagni può ferire in modo intenso la loro parte più vulnerabile. In questa situazione l’adolescente può reagire al dolore con aggressività o con apatia e ritiro dalla relazione. Può emergere un senso esteso di negatività e indegnità che spinge, a causa anche dell’ansia agorafobica, a chiudersi in un ritiro claustrofobico o a lasciarsi andare al vagabondaggio rimanendo ai margini della vita.
In adolescenza l’Io in trasformazione è debole e viene sopraffatto dalla gratificazione onnipotente a costruirsi un proprio guscio-corazza inattaccabile, infrangibile e irraggiungibile nell’illusione di negare la dipendenza dall’altro avvertito come frustrante. Ma, a causa di questa difesa, una parte del sé, negata e abbandonata, langue e diventa sempre più vulnerabile entrando in agonia, in angoscia di crollo e di profonda solitudine, rovesciando il narcisismo di vita in narcisismo di morte. L’adolescente finisce con il convincersi di non avere valore e può immaginarsi in modi estremamente negativi oppure, al contrario, grandiosi, che possono attirare disprezzo e colpa. L’altro – rappresentato nelle diverse forme: genitori, insegnanti, coetanei, la ragazza o il ragazzo desiderati – può trasformarsi in un occhio Super-egoico primitivo, polifemico, ancor più spaventoso, che divora e distrugge con punizioni terribili e sadiche. L’aprirsi alla vita può diventare una situazione drammatica, un’Odissea, di grande incertezza e lotta per l’esistenza e per la propria evoluzione e trasformazione in individuo adulto. Per contrasto alla frustrazione narcisistica un’altra possibile reazione adolescenziale potrebbe essere quella che, se non si può essere il “re del positivo”, allora si può diventare il “re del negativo”, mantenendo la relazione intrisa di onnipotenza e di sadomasochismo. Avere consapevolezza di queste dinamiche può essere di aiuto per fornire strumenti di contenimento e strumenti trasformativi della negatività e della distruttività.
Spesso, nella pratica analitica, ci troviamo di fronte a forme scisse prima di idealizzazione e poi di mostruosità. Questo avviene anche per i modelli musicali che forniscono una fonte di identificazione molto significativa; le identificazioni negative possono prendere la forma di immagini mostruose e possono comparire nei sogni, come flash di film dell’orrore, per esempio, come in un sogno di un adolescente: “un lucertolone enorme e giallo si aggirava per la città, per paura e vergogna sentiva di doversi nascondere”. A volte nel sogno si manifesta sia l’affetto sottostante che la paura di non contenere l’aggressività invidiosa o la gelosia verso i fratelli-amici ma nello stesso tempo rivali. La società attuale non aiuta e spesso ostacola il necessario processo di individuazione, utilizzando gli adolescenti come un suo oggetto da manipolare e conformare a modelli patinati altrui, negando ai giovani la loro differenza e individualità. Bisogna aiutare gli adolescenti a uscire da questo ingabbiamento conformistico che li passivizza. Amati Sas (2020) ha scritto e ha sensibilizzato riguardo al pericolo della necessità di conformarsi, “attitudine in cui possiamo riconoscere la difesa attraverso l’ambiguità (in quanto espressione psichica dell’indifferenziazione), che diminuisce l’intensità dell’emozione e porta a conformarsi alla realtà concreta senza conflitto, dando familiarità anche ai fatti che non accettiamo. Solo molto dopo, dice H. Arendt (1953), si può evocare quella prima intuitiva comprensione e riflettere su di essa” (149). Nell’adolescenza le atmosfere si possono fare cupe e fornire tracce di angosce infantili che si sommano a quelle relative ai cambiamenti catastrofici dell’età. In questi casi la musica può fornire un linguaggio universale per esprimere la propria incertezza e perdita di senso. L’attrazione per le canzoni, parallelamente all’intenso desiderio di differenziazione, può far ritornare il forte desiderio nostalgico dell’oggetto materno nelle forme più arcaiche e pre-simboliche. I cambiamenti nel corpo a causa della pubertà danno forza alla necessaria separazione, differenziazione e individuazione dai genitori, in particolare dalla madre. L’adolescente che ha subito ferite profonde al sé può non aver raggiunto ancora quel grado necessario di differenziazione che gli consenta di avvicinarsi all’oggetto altro e di allontanarsi a piacere senza provare angosce catastrofiche o di crollo (Bion, Winnicott). Questa mancanza di simbolizzazione e differenziazione può aumentare l’aggressività e spingere a ribellioni autodistruttive. Nello stesso tempo, però, può nascere un sentimento riparativo-creativo attraverso l’amore per la musica.
La musicalità nella relazione analitica
La musicalità intrinseca nella relazione analitica “apre la via che può comunicare l’intangibile e che al pari del sogno può neutralizzare le sovrastrutture che si frappongono al linguaggio originario inconscio” (Carnevali, 2015b, 81). La musica è un modo di comunicare, di sentirsi appartenere all’esperienza emotiva e significativa con l’altro, di recuperare un senso di sé e di ripresa dello sviluppo di una nuova identità. Consente di cogliere le correnti e le risonanze dell’inconscio, di ciò che non è stato ancora formulato e vissuto e che è ancora in divenire. A patto di lasciarci cambiare dall’esperienza di ascolto, come nell’analisi, con tutti i sensi.
Attualmente, noi psicoanalisti ci interessiamo all’aspetto del funzionamento mentale inconscio quale espressione di tracce arcaiche di carattere traumatico che tendono alla ripetizione senza rappresentazione e senza ricordo. Cogliendo queste tracce possiamo intercettare stati emotivi inesprimibili non ancora mentalizzati e turbolenze emotive che possono presentarsi nel corpo, nell’azione e nelle risonanze dell’enactment come scritto da Bastianini e altri autori (2021). Penso a quella chance che si verifica nella mente dell’adolescente che può consentire l’apertura di una nuova finestra che avvia allo sviluppo.
Nell’esperienza con il gruppo dei pari e nell’esperienza con l’analista, quando sia possibile intraprendere un percorso analitico, attraverso la cooperazione inconscia di (o con) un’altra mente o più menti (psiche), è possibile integrare materiale emotivo primario proveniente dai livelli percettivo-emotivi, pre-simbolici, pre-rappresentativi, pre-linguistici come per esempio il tono della voce, il ritmo, l’uso del corpo, l’uso dell’altro, cogliendone l’espressione e l’atteggiamento inconscio. Per Bolognini (2021, IX) tale fenomeno può essere descritto come “un’immersione esperienziale nel preverbale, nelle atmosfere, nelle temperature, nei ritmi, negli equivalenti corporei non riconosciuti come tali ma come tali sperimentati”. Aggiungerei anche che l’ascolto immaginativo può emergere dal silenzio, dai suoni, dalla sensorialità dei dettagli inconsci, dai comportamenti e dalle parole che veicolano fantasmi interni. Come descritto da Angelo Battistini (2017) nella sua teoria degli “AMI: Atteggiamenti Mentali Inconsci”[12], l’aspetto comportamentale e le modalità comunicative verbali e non, suggeriscono in modo occulto il modo in cui il paziente borderline fa uso nel transfert dell’oggetto analista e nella vita degli altri. Se pensiamo che “i tratti del carattere costituiscono il precipitato dei processi difensivo-adattivi che accompagnano le prime relazioni continuative con le figure dei caregivers possiamo ritenere che le singolari modalità in cui si manifesta il transfert siano plasmate da stili relazionali ad essi correlati gli uni agli altri sottesi da determinate fantasie inconsce” (18). La musica per la sua stessa struttura va a raggiungere il sentire e si lega agli affetti più primitivi e ha luogo nel corpo. Mancia (2004, 2006) ha definito tutto questo come la dimensione musicale del transfert, che costringe l’analista a sviluppare una particolare forma di rêverie, cioè quella che può essere definita una rêverie acustica. L’analista non è più soltanto colui che deve decodificare una narrazione, trasformandola nel suo equivalente metaforico, ma è anche colui che deve poter usare l’aspetto infraverbale e musicale della comunicazione. La voce “se guardiamo a ciò di cui è fatta troviamo elementi tratti dall’esperienza corporea” (Di Benedetto, 1991, 58). Pur sembrando incorporea, in quanto estensione del corpo di chi parla, vibra nella dimensione affettiva del corpo di chi ascolta richiamando intense memorie primarie dell’oggetto sonoro (Maiello, 1993). La musica nell’adolescenza può diventare una modalità di scarica motoria, un’esperienza di piacere regressivo ma anche un’esperienza di appartenenza e condivisione fusionale, così come in analisi individuale e in gruppo.
Diversi autori, tra cui Bion (1955), Bick (1968), Tustin (1972) e Gaddini (1982) propongono di riconoscere l’importanza delle sensazioni tattili e sonore, in quanto rendono possibile l’introiezione delle funzioni senso-percettive e il passaggio delle informazioni che danno il senso del limite al sé, contribuendo in modo essenziale alla sua formazione. All’inizio il sé è informe e in fieri, gli organi di senso divengono gradualmente organizzatori dell’apparato psichico e consentono di integrare le diverse e sparse sensazioni fisiche costituenti il nucleo della struttura psichica. A tal proposito Anzieu (1987) sottolinea l’importanza della superficie corporea nella strutturazione di un “Io pelle”: “l’Io pelle trova il proprio appoggio sulle diverse funzioni della pelle” (161).
La musica acquisirebbe la funzione di una sorta di holding-handling (Winnicott, 1962), soddisfacendo il bisogno di contatto e contenimento, e ricomponendo la scissione primaria e l’idealizzazione del sé e dell’oggetto, ognuno entro la propria pelle. Per questo è necessario riportare l’attività mentale del soggetto all’interno della propria corporeità e ricucire le rotture, il filo dell’amore.
La posizione schizoparanoide rimane sul versante della scissione, diniego dei sentimenti e sotto il dominio della proiezione; l’incorporazione rimane nascosta e può portare sostegno alla non significatività dell’esperienza e ciò non consente di interiorizzare una buona immagine dell’altro-madre e dell’analista. In alcuni casi l’adolescente che ha sofferto di traumi nell’infanzia non riesce a passare dalla posizione schizoparanoide a quella depressiva, bisogna dare tempo perché questa difesa si indebolisca e l’adolescente possa accogliere l’esperienza costruttiva-riparativa nella relazione analitica e maturare la capacità di simbolizzazione nutrendo il sé – che si sente “inabile” – consentendogli di uscire dal vissuto fusionale di relazione con l’analista, separandosi e differenziandosi, lasciando l’immagine dell’analisi come mostruosa o idilliaca.
A volte il pianto del neonato non viene ascoltato: ad esempio, se la madre è depressa o sotto l’effetto della droga, il bambino non si sente tenuto ed è esposto a un sentimento di disperazione indicibile, a un’angoscia senza nome. Il rapporto con la madre, sin da neonati, può esporre al contagio delle parti distruttive e causare un vuoto insopportabile. L’esperienza con un nuovo oggetto musicale – il ritmo, la voce dell’analista, la voce di un musicista o di un gruppo – può rigenerare il tessuto lacerato dal trauma.
La nostalgia della madre
Quando l’adolescente esprime sfiducia e dubbi su sé stesso mostra la sua vulnerabilità. Non pensa che possano accadere delle trasformazioni che vadano poi a costituire una svolta nella sua vita amorosa e nella sua capacità di amare e di essere amato. Nei momenti in cui si sente infelice e spaventato, dal disprezzo e dalla paura di essere disprezzato e insultato, può sentirsi eccitato e allo stesso tempo confuso dalla complessità della vita. Alcuni musicisti rap, a differenza di altri, portano dentro al proprio mondo interno una serie di contraddizioni: ad esempio, raccontare ai ragazzi che sono supereroi e al tempo stesso mostrare loro come non lo si possa essere. Non si può essere supereroi, ma il senso d’impotenza può far reagire con onnipotenza, facendoli sentire superiori sino a divenire superbi. Supereroi non lo può essere nessuno: il rapper, in senso umano, riconosce la fuga nell’onnipotenza e cerca di confrontarla con il limite. Egli può fare una cosa molto influente: con gli echi delle scosse musicali, può far tremare e vibrare le regole del gioco per poi cambiare. La musica può far emergere punti di affetto nostalgico per la propria madre e il riconoscimento della propria vulnerabilità. Ad esempio, nel cantante Tupac Shakur, conosciuto anche sotto il nome d’arte di 2pac, l’ideale di essere “uno che non perde neanche quando è destinato a perdere” nella lotta contro terrificanti antagonisti lascia il posto ad un adolescente ferito, consapevole delle sue difese “schizoidi” (Serrano S., 2018, 107).
Mi ha coinvolto a livello emotivo e mi ha fatto molto pensare la canzone “Dear Mama”[13] di Tupac pubblicata il 21 febbraio 1995 come il primo singolo dal suo terzo album in studio Me Against the World, album che in generale mi ha molto commosso. La canzone parla della relazione turbolenta con la propria madre tossicodipendente, Afeni Shakur, e mostra un percorso di trasformazione dal disprezzo all’apprezzamento: è un’espressione d’amore, dove il rapper canta i suoi ricordi dolorosi, parla della povertà sofferta da lui, dalla sorellina e dalla madre, e della dipendenza dal crack, ma al contempo condivide il suo profondo rispetto per la madre. “È una canzone d’amore per la mia mamma” sono le parole di Tupac riportate nel libro Il Rap anno per anno (Serrano S., 2018, 110).
Il desiderio della madre stimolerà quel piacere antagonista dell’isolamento autoerotico, comprese le zone erogene. Il piacere condiviso aprirà la via della memoria che trattiene l’oggetto nella fantasia e consente di far evolvere la relazione d’oggetto grazie alla vibrazione musicale bocca-seno, pelle, sguardo e voce.
Riporto di seguito il testo del brano con la sua traduzione italiana verso per verso:
DEAR MAMA
You are appreciated
When I was young, me and my mama had beef Though back at the time I never thought I’d see her face I shed tears with my baby sister, over the years
And who’d think in elementary, hey
You always was committed
Lady, don’t you know we love you? (Dear Mama)
Now, ain’t nobody tell us it was fair They say I’m wrong and I’m heartless, but all along I hung around with the thugs It feels good puttin’ money in your mailbox
I love payin’ rent when the rent’s due You just workin’ with the scraps you was given But now the road got rough, you’re alone Lady, don’t you know we love you? (And dear Mama)
Pour out some liquor and I reminisce When I was sick as a little kid
There are no words that can express how I feel And I appreciate how you raised me I wish I could take the pain away Lady, don’t you know we love you? (Dear Mama)
| CARA MAMMA
Ti apprezzo
Quando ero giovane e mia mamma si lamentava A diciassette anni buttato a calci sulla strada Se torno indietro non pensavo avrei rivisto il suo viso Nessuna donna vivente che potesse prendere il posto di mamma Sospeso da scuola e terrorizzato nel tornare a casa, ero uno sciocco Con i ragazzi più grandi rompevo tutte le regole Piansi con mia sorella minore In quegli anni quando eravamo più poveri degli altri E anche se i nostri padri erano diversi il dramma era lo stesso Quando le cose andavano male rimpiangevamo mamma Ricordo lo stress che causavo, era l’inferno Abbracciando mamma da una cella di prigione E chi avrebbe pensato … Heey! Ho visto il penitenziario un giorno E correndo dalla polizia giusto Mamma prendimi E perfino come demonio di prim’ordine mamma Tu eri sempre la regina nera Alla fine capisco Che per una donna non è facile tirare su un uomo Eri sempre una povera madre sola Affidata all’assistenza sociale, dimmi come hai fatto Non c’è modo di ripagarti Ma il progetto è di mostrarti che capisco Che ti apprezzo
Signora Non sai che ti amiamo? Dolce signora Cara mamma Non c’è un posto là sopra dolce signora Ti apprezzo Non sai che ti amiamo
Ora nessuno ci dice che era gentile Niente amore da papà perché il codardo non era là. Andò via e non piansi perché la mia rabbia
Non mi lasciava sentire niente per uno straniero Dicono che sbaglio e sono senza cuore ma dopo tutto Cercavo un padre che se n’era andato Ho perso tempo con i Thugs * e anche se vendevano droga Mostravano un amore fraterno Mi sono mosso e ho cominciato a ciondolare Avevo bisogno di soldi così ho cominciato a insultare Non mi sentivo in colpa anche se vendevo pietre Mi sento bene a mettere soldi nella cassetta della posta Amo pagare l’affitto quando è dovuto Spero che tu abbia preso la collana di diamanti che ti ho spedito Perché quando ero giù tu eri là per me E mai mi hai lasciato solo perché ci tenevi a me E potevo vedere quando tornavi a casa tardi dopo il lavoro Sei in cucina provando a darci un piatto caldo Si solo con le briciole che ci davi tu Mamma faceva miracoli ogni festa del Ringraziamento Ma ora la strada è aspra sei sola Stai provando a tirar su due bambini da sola E non c’ è modo che io possa ripagarti Ma il mio progetto è di farti vedere che capisco E ti apprezzo Signora Non sai che ti amiamo? Dolce signora Cara mamma Non c’è un posto là sopra dolce signora Ti apprezzo Non sai che ti amiamo Verso un po’ di liquore e ricordo perché attraverso la tragedia Dipendo sempre da mamma E quando sembra che io sia senza speranza Mi dici parole che mi tornano in mente
Quando ero malato da piccolo Per farmi felice non c’era limite nelle cose che facevi E tutte le mie memorie d’infanzia Sono pieni di cose dolci che facevi per me E perfino quando mi comportavo da matto Ringraziavo il Signore che mi avevi messo al mondo Non ci sono parole per esprimere cosa sento Tu non mi hai mai nascosto niente eri sempre leale E io apprezzo come mi hai tirato su E tutto l’amore che mi davi in più Desidero che porti via il dolore Se tu potessi farlo nella notte ci sarebbe un giorno più splendente Tutto andrebbe bene se mi tenessi È una lotta ogni giorno Non c’è modo di ripagarti Ma il mio progetto è di mostrarti quanto ti capisco Quanto ti apprezzo Signora, non sai quanto ti amo? ( Cara mamma) Dolce signora, non c’è nulla che io metta sopra a te (Ti apprezzo) Dolce signora, non sai quanto ti amiamo? Dolce signora Signora (Cara Mamma) Lady, Lady
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Nel video della canzone un Tupac adolescente è diretto a scuola, si libera dei suoi libri mettendoli sotto l’albero nel prato di fronte a casa: era adorabile e non aveva ancora avuto problemi con la legge sino a quando tentò di fare lo spacciatore. Tupac impulsivo, riflessivo ed emotivo in “I Get Around”[14] parla di fare tanto sesso con tante donne in modo animalesco e non sappiamo come riuscisse a tenere insieme le sue parti più depresse con quelle appassionate di musica e vitali. Mi torna in mente una frase di Vasco Rossi, vissuto in un mondo di donne che, dopo aver ancora una volta raddrizzato la barca per non affondare, con un sorriso ironico comunica che lui non è un sopravvissuto ma un supervissuto.
Indagare la dimensione musicale del transfert
La musica, oltre che essere avvolgente e sensorialmente contenitiva, fornisce, come già scritto, la costituzione di un sé-pelle: la mia idea è che la musica rap, sia nella tecnica del suono sia nelle parole all’inizio urlate e intense, risvegli una pulsione di incorporazione dell’oggetto materno del quale può essere forte la mancanza. In rapporto all’esperienza traumatica di solitudine e di incomprensione ritengo ci sia una connessione con aspetti arcaici infantili e difese come l’incorporare ed essere l’oggetto, negando la differenziazione. Ciò ripropone un’equazione simbolica come descritta dalla Segal mostrando la difficoltà di passare alla simbolizzazione. Coromines[15], psicoanalista catalana, ha sviluppato il concetto di “equivalenza sensoriale” (1991) che sarebbe situata prima dell’equivalenza simbolica della Segal[16]. Si potrebbe pensare alla musica come un medium che aiuta a dare uno spazio delimitato al sé e riprendere il percorso di simbolizzazione per poter passare al riconoscimento dell’oggetto come separato da sé; un oggetto che può essere trovato, preso-creato per potersi poi avvicinare e separare a piacimento senza rimanere bloccati nella confusione tra il sé e l’oggetto desiderato. Winnicott parla di una mente che può mantenere con il corpo un legame più o meno forte a seconda delle vicissitudini delle esperienze precoci, una mente che “germoglia dal corpo” (Balzano 2023, 2), più che insediarvisi, in relazione costante e complessa con lo psiche-soma materno. Come scrive Bonaminio (2012), questo modello evolutivo svela la conoscenza del “precoce e del profondo” (2) attraverso l’esperienza dei vissuti transferali e controtransferali significati nel transfert. L’esperienza analitica si collega all’apprendendo che “i neonati sono geneticamente preparati a connettersi ai propri caregiver” (ibid., 6) attraverso l’imitazione e la sintonizzazione affettiva, “una sorta di proto-conversazione a forte coloritura affettiva tra madre e bambini” (ibid., 14). Penso che con l’ascolto della musica si possa attivare il transfert sensoriale, producendo eventualmente una regressione ma al servizio dell’evoluzione: si risveglia la libido e ricompare il desiderio inibito, si ricostruisce il ponte spezzato dall’infanzia all’adolescenza delle relazioni amorose.
Seguendo le tracce inconsce si riallacciano le sensazioni infantili che sappiamo essersi avviate nella primissima infanzia, i neonati attivano molto presto sequenze interattive comunicando con il contatto visivo, l’espressione facciale, la vocalizzazione e i gesti mentre assimilano il ritmo delle proprie interazioni a quello delle madri. Le interazioni faccia a faccia delle prime settimane di vita si sviluppano come una danza a due, con continue risposte imitative anche da parte materna, e ciò avviene sia inconsapevolmente che consapevolmente attraverso il rispecchiamento motorio dell’espressione del bambino e attraverso la marcatura che restituisce al piccolo il suo gesto ma ampliato, modificato e rielaborato. Viene sottolineata la caratteristica centrale che sostiene “le proto-conversazioni e consiste nel mappare l’altro sul sé corrisposto e dal mappare il sé sull’altro tramite rappresentazioni in formato corporeo, rappresentazioni motorie di scopi e intenzioni o rappresentazioni viscero-motorie e somato-sensoriali di emozioni e sensazioni” (Balzano, 2023, 2). Anche Winnicott nota che il linguaggio sonoro, mostra il nucleo del rispecchiamento di segnali somatici legati a stati emotivi che stanno alla base della sua idea di identificazione primaria. Questo, in sintonia con Balzano, mi appare come un embrione teorico compatibile con la clinica e con gli avanzamenti in campo neuroscientifico sulle basi dell’intersoggettività primaria. La funzione di regolazione somatopsichica di quei segnali comunicativi complessi (emozioni-vibrazioni) sono concepiti come interfaccia tra soma e psiche.
La straordinaria intuizione di Winnicott (1957) sul continuare a essere che veicola la sensazione del movimento insito nell’esperienza di esistere, dialoga con il concetto di sincronia radicata nel corpo e di struttura ritmica delle interazioni precoci. L’idea che gli adolescenti facciano uso della musica riallacciando i fili primitivi del lattante e tornino dopo le esperienze traumatiche ad essere recettivi al profilo temporale degli eventi (sensazioni, percezioni, azioni, affetti) dovrebbe far pensare all’importanza del senso del tempo. Farebbe pensare a un punto comune rilevante nel dialogo nella stanza analitica con l’adolescente che tento di descrivere. Nasce anche l’idea che il modo in cui si fa l’esperienza di “essere con un altro” nel tempo iniziale della vita diventi tessuto per il senso di Sé. Un bambino e un adolescente non possono ricordare di essere stati tenuti in braccio in modo sufficientemente adeguato perché questa esperienza è diventata parte costitutiva del loro sé. In stati di carenza nel sentirsi tenuti e contenuti, e di scarsa simbolizzazione psichica, l’adolescente è esposto a rivivere la sensazione ansiosa catastrofica di cadere all’infinito nel vuoto, come nel secondo dei due casi clinici che riporto qui di seguito, quello di Fabio.
Si potrebbe pensare perciò che il tentativo di simbolizzare la dimensione temporale dell’esperienza precoce dell’essere umano, possa costituire un ponte tra il bambino e l’adolescente. Possiamo ipotizzare insieme a Balzano che tali “rappresentazioni in formato corporeo” (2023, 2) si traducano in adolescenza in codici simbolici non verbali e verbali da offrire all’adolescente quando tali rappresentazioni “registrano e strutturano l’esperienza motoria, sensoriale e funzionale precoce mentre la vivono” (ibid., 4) attraverso il medium musicale. Il dialogo con l’adolescente consente di dare espressione a profili di vitalità (Stern, 2002) che non riflettono il contenuto teorico di un’esperienza ma il modo in cui questa si svolge e il sentimento che conduce l’azione; il termine ‘sentimento’ andrebbe inteso qui come aspetto soggettivo. Le esperienze cliniche con adolescenti permettono, anche per le variazioni di setting (pensiamo alla complessità dopo il Covid), di osservare e ingrandire fenomeni concernenti la mutualità corporea tra adolescente e analista ed il ruolo delle azioni nella stanza di analisi, costituendo un vertice privilegiato per ripensare e rileggere il rapporto tra ciò che viene ricostruito in analisi, l’idea di sviluppo precoce che vi soggiace e ne emerge e, dunque, la questione della conoscenza psicoanalitica delle fasi sensoriali musicali e pre-verbali che si sviluppano nel transfert.
I Casi clinici presi in esame consentono di vedere alcuni movimenti di crescita grazie alle sensazioni corporee musicali che hanno portato a raggiungere nuove consapevolezze e percezioni identitarie del sé.
Primo caso: Paola, adolescente sofferente di crisi depressive, frigidità, disturbi del desiderio e dell’eccitazione sessuale. Iscritta in una classe liceale, dopo un blocco durato due anni, riprende a frequentare in presenza; partecipa, dopo qualche anno di analisi, a un corso musicale e, in una di queste lezioni, la vibrazione degli strumenti a percussione[17] tocca un punto centrale profondo che la fa innamorare dell’insegnante. Ha sentito la musica suonare e si è sentita emozionata, commossa, qualcosa vibrava dentro: “con la sua musica forte, sento come una fonte, è come un’azione che vitalizza tutto il mio corpo”. Si chiede cosa le stia succedendo, si sente invadere emotivamente di amore, si chiede se anche l’insegnante possa corrispondere, se anche lei prova questa attrazione nei suoi confronti, se la riconosce donna o la vede solo come una bambina. Che cos’è questa cosa che la musica ha risvegliato?
Tra una seduta e l’altra, per sentirsi rassicurata, mi invierà un piccolo video musicale dove c’è la sua partecipazione al gruppo musicale di percussione; in quei pochi attimi non riesce a guardare l’immagine di sé, del suo corpo: si vede brutta.
Ricorda un sogno in cui si avvicinava a una donna e sentiva piacere di stare con lei “provavo trasporto, amore, desiderio di essere vista come una donna, non come una bambina, vorrei fare l’amore con lui-lei (analista?). Mi sento vibrare come una sorgente che si risveglia, allora sono viva. Sono sempre stata in ritardo anche da ragazzina, le mie compagne avevano già dei ragazzini, io molto timida e insicura mi ritiravo”. Poi pensa al dolore mestruale, alla sua identità femminile, e al fatto che tra breve dovrà dare l’esame di maturità ma sta già pensando di ritirarsi. Le dico che si sente combattuta tra ritirarsi dalla relazione affettiva che la fa vibrare e sentirsi viva e condividerla con me, come fare una musica gioiosa insieme. La fiammella può essere tenuta in vita nonostante l’angoscia del buio depressivo. La vergogna può riguardare il fatto di sentire la pulsione d’amore. Cerca un contenitore dove poter far scorrere e guidare questo risveglio pulsionale, questa nuova consapevolezza: è una adolescente che ha necessità di integrare la sua parte bambina rifiutata, ferita. Non è più solo una bambina o solo figlia, cerca l’unità e consistenza del suo sé. La pulsione libidica e sessuale è stata tenuta in vita e si risveglia. Riconosce in quella adolescente sé stessa. Nell’angoscia agonica di essere sola senza contenimento psichico, sente tutto il dolore: la scoperta dolorosa di non aver potuto vivere una relazione soddisfacente con la propria madre che, invadendola con proiezioni massicce del suo senso di inferiorità, di inettitudine, la tormentava facendola sentire inadeguata e colpevole.
Secondo caso: Fabio è un giovane studente con disturbi narcisistici, depressione, bassa autostima, chiede l’analisi a tre sedute alla settimana, ha un atteggiamento sprezzante, non tollera l’alterità della sua ragazza, la sera la controlla sotto casa per paura che vada con altri. Ha problemi sessuali, ha dolore nella penetrazione che lo fa ritrarre dalla relazione sessuale. Interrompe il Conservatorio e abbandona l’idea di riprendere a studiare. Compone musica, passa dal rock al rap, e riesce a vendere alcuni album. Recentemente, in seguito a una dolorosa delusione nell’ambito dei rapporti con gli altri, prova tanta tristezza e rabbia, non si sente compreso, non si sente voluto. Finisce le sedute con un senso di disperazione. In una seduta in cui mi porta dei sogni collegati alla musica e al transfert mi fa ascoltare alcune tracce musicali. Ricorda un insegnante che suonava uno strumento a percussione: questo modello identificatorio gli aveva trasmesso l’amore per la musica e, imitandolo, aveva cominciato a mettersi in gioco e a suonare. Continua però a trascorre la maggior parte delle giornate a casa, in ritiro nella sua stanza molto spoglia e umida, con le cuffie alle orecchie, immerso nel suo guscio autistico musicale, scontento e arrabbiato con se stesso. Aumentano la sua noia e insoddisfazione che ora nomina “depressione”. Dopo qualche mese le tracce musicali si personalizzano un poco di più: oscilla tra musica elettronica forte e musica d’ambiente, piano piano sembra trasformarsi riprendendo vita. Mi colpiscono due sogni successivi : un sogno erotico con una ragazza che si sdoppia lui si sente spaventato e inadeguato, non ce la fa a interagire alla pari. Nel secondo è in un’auto che prende velocità e lui perde il controllo, è con una ragazza e teme di travolgerla o di esserne travolto. Si sente debole con il timore di tornare bambino dipendente, come quei figli che non si emancipano.
Nei momenti più ansiosi pensa che perderà tutto e verrà abbandonato: coinvolgersi e investire nella relazione espone alla perdita e si chiede se ne vale la pena. Pensa alla sua ragazza e sente che prevale una sua tendenza a scindersi e fuggire dalla relazione e ricorrere alla masturbazione ma ora, contemporaneamente, prova maggiore fiducia. La voce dell’analista in seduta, come voce materna, calma, avvolge e costituisce l’Io pelle, delimitando il confine tra interno ed esterno, tra il sé e il non sé, il doppio di sé e il doppio dell’oggetto.
Dopo circa un anno comincia a uscire e a presentarsi in occasioni pubbliche, si espone suonando in gruppo con altri musicisti. Comprende che non può arrivare all’ideale e poi muoversi, meglio mettersi in gioco e investire esponendosi alla perdita, così si può guadagnare-crescere, se aspetta la sicurezza ideale non farà un passo. Ci si sta avvicinando alla pausa natalizia, riconosce la sua paura di essere lasciato solo. Porta un sogno in cui ha un rapporto sessuale, lui si vergogna, teme di non essere adeguato. Collega il sogno al suo cambiamento nel mettersi in gioco, di essere meno dipendente dal giudizio dell’altro che pretende l’Ideale . Si sta ridimensionando il narcisismo eccessivo, la fantasia d’onnipotenza: in questo modo l’Io acquisisce più identità e più indipendenza e riprende il movimento identitario.
Terzo caso: Sofia, una giovane musicista di 19 anni, studentessa, molto ansiosa, soffre di angosce claustrofobiche, senso di imprigionamento e bulimia. Soffre di intensa dipendenza da una madre gravemente ossessiva che le impone diete severe. Si difende con l’intellettualizzazione evitando e scindendo il corpo dalle emozioni.
Nei confronti dell’analista vive una scissione nell’ambito del transfert dovuta a un uso massiccio dell’identificazione proiettiva con lo scopo di sottrarsi all’esperienza di una intollerabile identità infantile (con grave maltrattamento), sino a giungere a una forma di diniego della realtà psichica. Diviene sempre più chiara la confusione non solo tra interno ed esterno dell’oggetto madre-analista ma anche tra la realtà esterna e la sua realtà psichica. L’Io si differenzia dall’Es quando nella suzione si producono simultaneamente una sensazione orale, tattile e sonora. Il processo di simbolizzazione per un processo regressivo si era perso. Se il processo di differenziazione e comunicazione tra soggetto e oggetto fallisce si producono regressioni, aspetti del sé come per esempio le mani passeranno ad essere equivalenti sensoriali (Corominas, 1984) di impulsi orali primitivi e si assiste al fallimento della rinuncia dell’onnipotenza e del processo di simbolizzazione.
In una seduta prima della pausa estiva del terzo anno di analisi (a tre sedute alla settimana) mi porta il racconto di un film-documentario che ha visto nel weekend dove avveniva un parto difficile che le suscita il pianto e la tentazione di fuggire. Racconta diversi aspetti che ha colto, ma dimentica il pianto (trasformazione dell’elemento somatico in psichico). L’avvicinarsi della pausa estiva viene collegato al doloroso parto, che rappresenta un momento separativo svuotante. Analista e paziente disponibili ad affidare la propria individualità separata ad una terza soggettività generata dal campo analitico, perdono in una certa misura la propria soggettività, “la propria mente. Le menti recuperate non sono mai le stesse di coloro che erano entrati nell’esperienza analitica” (Ogden, 2020, 32).
Si avvicina la fine dell’analisi, la paziente ha aperto gli occhi e vede la violenza della madre e del padre, che si infiltrano occupando lo spazio del suo sé che non può soggettivarsi. Si è sempre sentita una cosa, non un soggetto. Comincia ad alimentarsi con cibi solidi e nuovi, ne fa un uso presimbolico. Inizia ad uscire di casa e a scegliere i suoi abiti, cambia la sua posizione identitaria e ha meno paura dell’autonomia e della responsabilità che evolve grazie all’analisi. Riconosce il suo desiderio di vedere, ampliare la conoscenza di sé e delle sue relazioni e di poter sciogliere le difese, avvertite come un sacchetto di cellophane che avvolge tutto il suo corpo soffocandolo. Le parole “bambina-sacco” iniziano ad essere in relazione al soggetto: dal processo adesivo si passa al simbolo visivo-uditivo e alla parola. “Mantenere un oggetto nella mente quando non è presente è una qualità del simbolo” (Corominas, 1991, 88). Può reggere così la separazione dall’analisi per la pausa estiva e si rinforza il desiderio di separarsi, per ora solo psichicamente, dalla madre e dal padre, musicista fallito, e incontrare fuori casa il ragazzo che le piace.
Conclusioni
L’esperienza ci ha insegnato che le trame sensoriali-musicali sono alla base di sviluppo e di connessioni con oggetti buoni e luoghi buoni. Gli atti auto-sensoriali però possono impedire il contenimento e la connessione emozionale nella relazione personale e di conseguenza l’accesso alla coscienza e alla mentalizzazione. Nel lavoro analitico con gli adolescenti, l’analista, evitando interpretazioni troppo dirette e razionalizzanti, aprendo alle complessità e alle nuove significazioni, cerca di trovare le parole, i gesti e i toni che possano permettere di raggiungere l’adolescente là dove si trova, per entrare in contatto con aspetti arcaici e livelli più primitivi e pre-simbolici.
Condivido con Bion (1965) il pensiero che in ogni persona convivono diversi livelli e che ogni personalità è formata da diversi strati. Si può comprendere quando vi sia una modalità più adesiva e/o simbiotica e difficoltà a scoprire l’altro. Se l’altro non esiste come oggetto della relazione può mancare la capacità di simbolizzazione e quindi si ricorre alla scissione. Occorre dare tempo e spazio per passare dalle sensazioni senza connessione e senza consapevolezza alle emozioni e alla condivisione delle emozioni nel vivo della relazione, quindi nel transfert, sperimentandosi in presa sul reale (Deleuze, Guattari, 1980), favorendo la connessione di campi e l’apertura a tutte le direzioni possibili.
La ricerca richiede un confronto tra ciò che possiamo conoscere grazie alla dinamica del transfert sensoriale preverbale e ciò che fa parte delle nostre teorie sullo sviluppo umano; dimensioni che si influenzano reciprocamente nella mente dell’analista, facendo attenzione alla comprensione e alla consonanza che avviene nello scambio interattivo. Scambio sonoro che regola e trasforma lo stato mentale dell’adolescente, quando esegue un’azione musicale come nel caso di Paola o sperimenta un’emozione di tristezza nel caso di Fabio, e quando osserviamo le azioni e le manifestazioni emozionali reciproche.
Ciò che l’adolescente sperimenta col corpo, attraverso questa attivazione intercorporea con la musica e con l’analista, consentirà su questa base l’elaborazione immaginativa[18] e quindi l’espansione di un agente transizionale nello specifico dell’analisi, e cioè un’area di gioco in cui si costruisce significato per vivere l’esperienza di creare-trovare una madre, come nella canzone rap di Tupac.
La sorte del sé sul filo di una canzone, sulle linee motrici gestuali, sonore-musicali che marcano lo sviluppo, si dipana attraverso “lignes d’erre-linee di abbrivio”, come generosamente proposte da Deligny (1975, cit. in Deleuze G. e Guattari F., 1980, 383), che si è occupato della cura dei ragazzini difficili “fuori linguaggio”, per dar loro voce. Sottolineo il divenire, in questo modo, di una continua integrazione tra i diversi mondi libidici interni tra l’adolescente e il proprio analista.
Inoltre, pensando al desiderio e al primato del corpo erogeno, Paola Camassa (2023) scrive: “La sessualità è una funzione somatica tendente all’appagamento del piacere, solo secondariamente essa entra al servizio della procreazione. La vita sessuale include la funzione di ottenere piacere da determinate zone del corpo, le zone erogene. Tutto il corpo può essere una zona erogena. È così che la seduzione è funzionale a dilazionare la meta genitale indugiando sul piacere parziale condiviso” (5).
La pulsione sessuale, esito della rimozione primaria e dell’istinto arcaico promiscuo, è senza oggetto, cioè manca del riconoscimento dell’oggetto da parte dell’Io come altro differente da sé.
L’ipotesi freudiana può essere così sintetizzata: “Nel momento in cui si costituisce come organizzazione complessiva rispetto all’anarchia delle pulsioni parziali nell’autoerotismo, l’Io – in quanto nuova azione psichica – si candida contemporaneamente, e per ciò stesso, ad essere l’oggetto dell’investimento libidico, l’oggetto di se stesso. Il narcisismo è dunque una forma di relazione dell’Io con se stesso in quanto oggetto, (l’Io-corpo primariamente), e non l’assenza di relazione con l’oggetto” (Freud citato da Camassa 2023, 6).
Nell’adolescenza formuliamo l’ipotesi che “la funzione principale delle pulsioni di vita o di amore sia di stabilire legami con gli oggetti” (Green, 1983, 6). Per trasformare l’organizzazione narcisistica della mente, occorre favorire la formazione di condizioni per un assetto interno atto a ospitare gli altri. Talvolta gli altri non sono del tutto riconosciuti, come nel caso di Fabio, sfinito dalla fatica di tenere in piedi la sua onnipotenza e autosufficienza solipsistica. Altre volte gli altri ci sono, ma nella forma di un amico-nemico sadico o di una gang di mafiosi, come pensieri che hanno il compito di rafforzare l’immaginaria autosufficienza e onnipotenza.
La nuova organizzazione della mente dell’adolescente deve trovare un assetto in cui ci sia un posto per gli altri, che non annientino il fragile narcisismo del soggetto e un posto-spazio affettivo per il sé. In un sogno recente Fabio rappresenta la relazione con un musicista che gli mostra strumenti molto belli ma fragili ed esposti alle rotture: l’anziano musicista gli mostra come poterli riparare, riprendere a suonare e registrare i suoni insieme, evidenziando così un lavoro analitico nel quale l’analista e l’adolescente non si annullano reciprocamente, ma suonano come musicisti di una band che accompagna il lavoro onirico della mente con i suoi accoppiamenti possibili, in un reciproco riconoscimento di soggettività e di accordo musicale (Ferruta, 2003).
Si tratta quindi di ricerche ampiamente correlabili a quel processo di personalizzazione descritto da Winnicott (1961) che si produce lungo due assi: dall’interno, tramite l’esperienza istintuale, le sensazioni epidermiche e l’erotismo muscolare che implicano l’eccitamento dell’intera persona; e dall’esterno, grazie alle cure fisiche ed alla risposta alle richieste istintuali, risposta che rende possibile l’esperienza di gratificazione e il ritorno allo stato di quiete, dovuta a integrazione ed esistenza psicosomatica.
L’esserci e il mettersi in gioco con gli adolescenti diviene il filo che lega il qui e adesso e la creazione dell’istante presente come nell’ascolto della musica. Di seduta in seduta, un filo unisce lo spazio e il tempo, la ricerca di nuovi linguaggi che maturano all’arte e all’ascolto psicoanalitico. Suoni passano negli spazi della relazione, leggeri ma profondi, creano intimità e cura del sé, dell’altro, della relazione e delle proprie trasformazioni. La condivisione di angosce, difese e fatiche, di momenti irriproducibili nella loro interezza, e la consapevolezza dei sentimenti ambivalenti compresi in analisi è stata moltiplicatrice anche delle soddisfazioni raggiunte.
Note:
[1] Traduzione mia e rielaborazione a partire da Deleuze e Guattari (1980).
[2] Tale lavoro, pubblicato nel libro Trasformazioni del Trauma in analisi. Sogno libido e creatività, a cura di Carnevali C. e Martin Cabrè L-J., Alpes, Roma, 2023, risale nella sua prima stesura al 2019.
[3] Cfr. ad esempio l’“Introduzione” di Carnevali, C. e Masoni P. contenuta in Adolescenti Oggi. Multidimensionalità dei fattori terapeutici: clinica psicoanalitica ed estensione a gruppi e istituzioni, a cura di Carnevali C., Masoni P., Marangoni D., Roma, Alpes, 2022.
[4] Cfr. ICE-T, la prefazione e il saggio “Quali sono i momenti cruciali dell’evoluzione del rap?”, in Il Rap Anno per anno. Le più importanti canzoni rap dal 1979 a oggi, Mondadori, Milano 2018 (Titolo originale: The Rap Year Book, Abrams Image, New York, 2015).
[5] Grandmaster Flash and The Furious Five, “The Message” (1982) (il migliore pezzo Hip Hop secondo la rivista Rolling Stone).
[6] Schoolly D è un celebre rapper statunitense e il titolo omonimo del suo album di debutto. L’album, autoprodotto da Schoolly D nel 1985, vede i cori di DJ Code Money e Mand M. Nut, e nel 1986 è distribuito nel mercato britannico da Flame Records e Rhythm King Records. Nel 1990 Jive Records produce nuovamente l’album per il mercato statunitense. Testi e musiche sono di Schoolly D. Molto positiva la recensione di David Jeffries per Allmusic: “dalla registrazione di alcuni dei primissimi esempi di gangsta rap al diventare uno dei primi artisti a firmare per l’etichetta Rykodisc e fare canzoni per i film di Abel Ferrara, la pazza carriera del rapper Schoolly D inizia qui”. Ice-T cita il ritmo sincopato di Schoolly D in P.S.K. What Does It Mean? come una delle sue – e dell’intero genere del gangsta rap in generale – più grandi ispirazioni.
Scholly D, “P.S.K. What does it mean?” (1985)
Il demo Public Enemy Number One suscitò l’interesse dell’importante produttore statunitense Rick Rubin, che insistette per mettere i Public Enemy sotto contratto con la sua etichetta, la Def Jam. Il singolo fa parte della colonna sonora del celebre film di Spike Lee Fa’ la cosa giusta, del 1989.
[9] Chuck D, pseudonimo di Carlton Douglas Ridenhour è un rapper, attivista e produttore discografico statunitese. Ha contribuito alla formazione di una coscienza sui temi politici e sociali nella musica rap alla fine degli anni ’80, come guida del gruppo dei Public Enemy. È considerato dalla maggioranza degli appassionati del genere uno dei personaggi più carismatici e influenti della storia del rap e una figura chiave dell’Hip Hop anni ’80 e ’90.
[10] Carnevali C. (2023) in Racconti in cammino. Adolescenti e Migranti: percorsi di narrazione e soggettività, Carnevali C., Saponi S., e Ravaioli L. (a cura di), Bologna, Edizioni Pendragon, 2023.
[11] Irol, “Bon Ton” ft. Tommy Kuti (2020). Il brano è prodotto da Kd-One e MDT.
[12] Angelo Battistini in Atteggiamenti mentali inconsci (2017) intende che non si possa non essere in relazione con un oggetto e farne un qualche uso, riferendosi all’uso dell’oggetto come modalità ineludibile e intrinseca all’essere in relazione con l’oggetto, differenziandosi dall’“uso dell’oggetto” richiamato dal pensiero di Winnicott.
[13] 2pac, “Dear Mama” (1995).
La canzone è stata in cima alla “Singles chart Billboard Hot Rap” per cinque settimane e ha anche raggiunto la posizione numero nove della Billboard Hot 100. Il singolo è stato certificato platino dalla RIAA il 13 luglio 1995 ed è ritenuto la più bella e commovente canzone mai scritta nella storia del rap. La rivista Rolling Stones la classifica al diciottesimo posto delle migliori canzoni hip hop di tutti i tempi.
[14] 2pac, “I get around” (1993): https://youtu.be/YqJAnQTwmJs?si=D28F9oxwfZoIz85w
[15] Julia Coromines (Barcellona 1910-2011) è stata psicoanalista della Società Spagnola di Psicoanalisi (SEP-IPA) e fondatrice della Revista Catalana de Psicoanalisis.
[16] Segal spiega che l’equivalente simbolico viene utilizzato per negare l’assenza dell’oggetto ideale o per controllare l’oggetto persecutorio, diversamente dal simbolo che è usato per rappresentare l’oggetto e poterne superare la perdita. Il passaggio dalle equivalenze simboliche è graduale come è graduale lo sviluppo dell’Io.
[17] Edgard Varèse 1985 scrive nel suo lavoro Il suono organizzato. Scritti sulla musica. Prefazione di G. Manzoni, Introduzione e cura di L. Hirbour, traduzione di U. Fiori, Ricordi-Unicopli, “Le percussioni hanno una vitalità che manca agli altri strumenti. Prima di tutto hanno un’estensione (…), un aspetto sonoro che è più vivo: l’attacco del suono si avverte più nettamente, più rapidamente. (Esse) sono libere da quegli elementi aneddotici che così facilmente si trovano nella nostra musica. Appena domina la melodia, la musica diventa soporifera; si è costretti a seguire la melodia, appena essa si manifesta; con la melodia, è l’aneddoto che si insinua”(155).
[18] Per Winnicott la psiche è “elaborazione immaginativa di parti somatiche, sentimenti e funzioni, ed è praticamente sinonimo di fantasia, realtà interna, e sé (self)” (cfr. J. Abram, 1996, 2).
Bibliografia
Abram J. (2002). Il linguaggio di Winnicott. Milano, Franco Angeli.
Amati Sas S. (2020). Ambiguità, conformismo e adattamento alla violenza sociale. Milano, Franco Angeli.
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*Per citare questo articolo:
Carnevali C., (2024) “La musica del desiderio in adolescenza e trasformazioni identitarie nel transfert e nella relazione analitica.”, Rivista KnotGarden 2024/1, Centro Veneto di Psicoanalisi, p. 23-58
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