Il diniego dell’uomo-lupo

di Enrico Mangini

(Padova) Psicoanalista Membro Ordinario con funzioni di Training della Società Psicoanalitica Italiana, Centro Veneto di Psicoanalisi.

Nel Capitolo 23 di Introduzione alla psicoanalisi (1915-17) Freud, per sottolineare l’importanza delle fantasie inconsce, si lancia in una sorprendente e anticipatoria metafora ecologica dicendo: “L’aver creato il regno psichico della fantasia trova pieno riscontro nell’istituzione di “riserve”, di “parchi per la protezione della natura”, là dove le esigenze dell’agricoltura, delle comunicazioni e dell’industria minacciano di cambiare rapidamente la faccia originaria della terra fino a renderla irriconoscibile” (527). Ogni negazionismo comporta un diniego che riguarda la distruttività – “non è successo nulla” – e parimenti l’illusione che “tanto non succederà nulla”.

Il concetto di Diniego (traduzione italiana dal tedesco Verleugnung) riguarda il rifiuto categorico per una realtà intollerabile. Per questo lo possiamo riscontrare, come per tutte le difese, in una nevrosi o nella vita normale, così come può accompagnarsi a una scissione dell’Io nelle perversioni o nella psicosi. In questo lavoro cercherò di far vedere, però, come questo meccanismo sia il filo rosso che attraversa in modo specifico il caso dell’Uomo dei lupi, anche se paradossalmente in questo scritto il termine Verleugnung non compare mai.

In effetti se consideriamo la scena primaria della visione del coito a tergo dei genitori e dei loro differenti sessi, il Diniego (Verleugnung) è concettualmente implicito e presente sotto un profilo strettamente teoretico, invece Freud, per indicare che il bambino “respinse” il nuovo (cioè il riconoscere la differenza dei sessi) e si attenne al vecchio (la teoria cloacale che denega la differenza dei sessi) usa il termine verwarf. Verwarf ha come infinito Verwerfen (respingere, rigettare) (Freud, GW, v. 12, 111), da cui Verwerfung che, tradotto come “rigetto” o “forclusione”, verrà utilizzato negli anni 50 da Lacan, e poi da altri autori, come meccanismo che innesca le psicosi, anche quelle “d’organo”, per cui il Diniego così tradotto rischia di perdere la sua specificità appiattendosi su meccanismi ben più primitivi. Freud invece, pur usando verwarf nell’’Uomo dei lupi, intende: “Quando dico “respinse” (verwarf) il significato più immediato dell’espressione è che non ne volle sapere affatto, e cioè la rimosse” (il corsivo è mio) (1914, 558): (usa proprio il termine Verdrängung (Freud, GW, v. 12, 117) cioè per l’appunto e correttamente “rimozione”) facendo così vedere come nel caso dell’Uomo dei lupi non ci sia ancora una chiara differenza tra Rimozione e Diniego, come invece avverrà nei lavori dell’ultimo decennio dal Feticismo (1927, 492) al Compendio (1938, 630), anche perché Freud pensa all’Uomo dei lupi come a una nevrosi. Bisognerà attendere una decina di anni perché sia utilizzato per la prima volta il termine leugneng e poi Verleugnung, principalmente nel lavoro sul “Masochismo” (1924), per descrivere l’atteggiamento che i soggetti di sesso maschile assumono di fronte all’assenza del pene nella donna e di conseguenza di fronte alla certezza della castrazione: “Essi – scrive – disconoscono questa assenza e credono di vedere ugualmente un pene” (1923, 565) – e qui siamo nell’allucinatorio – mitigando, in questo modo, la contraddizione tra un perceptum traumatico e la ‘’convinzione preconcetta che esso [il pene] è ancora piccolo e che prima o poi crescerà” (ibid.). Si chiude quindi un cerchio che definisce che nella scena primaria il “non volerne sapere” del piccolo russo è un Diniego nel senso della Verleugnung, Diniego che costituirà il filo rosso della storia della sua vita e della sua analisi, passando dalla nevrosi d’angoscia, alla fobia dei lupi e alla nevrosi ossessiva, per sfociare infine nell’età adulta degli anni dell’analisi con Freud e oltre, in un più strutturato funzionamento masochistico-perverso.

Negli anni successivi all’affermarsi della Verleugnung come concetto specifico e differente dai meccanismi principali delle nevrosi e delle psicosi, Freud precisa che la sua azione comporta il coinvolgimento gemellare di un altro meccanismo che agisce sincronicamente: la Scissione (Spaltung). La Scissione e il Diniego assieme permettono al soggetto di mantenere una parte di realtà fattuale e una parte di convinzione di realtà psichica altrettanto “reale” e consolatoria, qual è la teoria cloacale dell’unicità dei sessi. A conferma di questo doppio binario Freud riporta l’esempio di due ragazzi che avevano denegato la morte dell’amato padre ma non avevano sviluppato una psicosi proprio perché “solo una corrente della loro vita psichica non aveva accettato la morte del padre; un’altra se ne rendeva conto perfettamente; l’atteggiamento consono al desiderio e quello consono alla realtà coesistevano in essi uno accanto all’altro.’’ (1927, 495). Quindi la Scissione (Spaltung) oscilla tra Diniego (Verleugnung) e riconoscimento (Anerkennung) delle percezioni, e permette che contenuti incoerenti tra di loro possano essere presenti nel sistema conscio dell’individuo ignorandosi e non influenzandosi l’uno con l’altro. Tuttavia, l’utilizzo di tale soluzione è possibile solo procurando una scissione dell’Io e conseguentemente anche dell’oggetto. Mi sembra però che sia anche da sottolineare l’importanza dell’illusione che accompagnerà il soggetto, magari per lunghi periodi, nella sua “convinzione erronea”, e sono convinto che il diniego sia fondamentale base dei processi di illusione che ci accompagnano per tratti della nostra vita: un tempo di sospensione perché non è ancora il momento di poter accettare la realtà della percezione, o di un pensiero doloroso. Emblematiche sono le ultime due righe del Compendio nelle quali Freud dice: “è opportuno sottolineare una cosa: come siano pochi i processi di cui veniamo a conoscenza mediante la percezione conscia” (1938, 631). Ci rendiamo conto dunque come il Diniego sia una dimensione dell’umano, tutto non si può percepire o pensare e tutto il lavoro di sgombero non può essere fatto nella normalità dalla sola Rimozione. Non dimentichiamoci che noi analisti utilizziamo anche attenzione fluttuante e libere associazioni per curare e sgombrare lo psichico dei nostri pazienti e il nostro.

 

La scena primaria e la scena originaria

Tornando all’Uomo dei lupi e alla scena primaria della visione del coito a tergo dei genitori e la percezione intollerabile della differenza dei sessi, il Diniego e la Scissione stabiliscono da un lato un “non volerne sapere” su quello che fanno i genitori e sulla differenza dei sessi, dall’altro il “non posso negare di aver visto” pur confermando la teoria cloacale della indifferenza dei sessi. La domanda è: riteniamo veramente che un bambino di 1 anno e mezzo abbia chiara coscienza di questo scenario che tra percezioni e pensieri si delinea in modo così articolato o se invece non sia di fronte all’enigma di una scena originaria dove esiste solo una pulsionalità libera e percezioni sensoriali indecifrabili (rumori, movimenti violenti) e non un’immagine fissa del coito che è sempre il risultato di un lavoro psichico? Credo che dovremmo concludere che la scena primaria è il risultato posticipato di una riscrittura successiva che si avvale di un lavoro psichico di figurabilità per cui dovremmo allora distinguere la scena primaria (l’immagine del coito) da una scena originaria che possiamo solo teorizzare (nel senso del Phantasieren).

Cos’è che determina il Diniego? Direi “un pezzo di realtà” la cui percezione è una violenta intrusione nello psichico dell’infans. Questa “realtà” non è quella che pensiamo di conoscere come mondo esterno ma è qualcosa di non trasformabile, né con la fantasia né con il pensiero, è un “reale”, che “rimarrà per sempre inconoscibile” (1938, 623): un dato inconscio. Ho incontrato da analista pazienti colpiti da un fatto traumatico che hanno utilizzato il Diniego per allontanarlo e che facevano sogni in cui emergeva un elemento “reale” che si staccava dal resto del materiale onirico: il fatto traumatico è deformato ma associativamente riconoscibile però alcuni particolari si impongono per una vividezza speciale, esattamente una “impressione prepotente di realtà”. Dicono per esempio: “mi sono svegliato con il batticuore e mi sembrava che fosse veramente successo (…) ho dovuto chiedere a mia madre – presente nel sogno – se era veramente successo, ne ero convinto”.

Freud discuterà la questione del “valore di verità delle scene primarie” (1914, 532), cioè se la scena primaria sia un fatto realmente successo o una ricostruzione del paziente nella lezione 23 di Introduzione alla psicoanalisi dove dice che gli influssi originari della sessualità infantile (vale a dire esperienze non pensabili) determinano fissazioni libidiche che acquisiscono importanza (cioè pensabilità) solo retroattivamente. Si pone la stessa questione del trauma sessuale infantile nell’isteria che lo aveva travagliato 20 anni prima e che nel caso di Katharina aveva risolto teorizzando il doppio tempo del trauma e la Funzione di posteriorità (Nachtraglichkeit). Nel caso dell’Uomo dei lupi però, da un lato la scena primaria è molto più antica, dall’altro i meccanismi di difesa in gioco sono diversi così come il rapporto tra trauma e fantasma; il risultato della somma di questi fattori determina una “realtà psichica” che è formata da rapporti di forza differenti tra realtà fattuale traumatica e fantasie inconsce. Credo quindi che dovremmo interrogarci sulle possibili relazioni tra scena primaria e scena originaria, facendo entrare nel ragionamento anche i fantasmi originari. Freud in Comunicazione di un caso di paranoia in contrasto con la teoria psicoanalitica, aveva per l’appunto distinto dei gruppi di fantasie inconsce – che chiama “fantasie primarie” – le quali hanno per tema il coito dei genitori, la seduzione da parte di un adulto e la castrazione (Freud, 1915, 165). Ora tutti questi scenari (compresa la seduzione da parte della sorella) sono presenti nel caso dell’Uomo dei Lupi. Noi sappiamo che per ogni bambino il fantasma originario ha una funzione di protezione rispetto al fatto reale traumatico, dato che è una messa in scena di fantasie al posto di fatti impensabili. Abbiamo dunque motivo di pensare che scena primaria e fantasma originario possano coincidere (forse ha ragione Freud a chiamarle “fantasie primarie”) perché, come detto, la scena primaria è già una “realtà psichica” e non un fatto. Però se il fantasma originario è uno scenario fantasmatico prevedibile, sperimentato a piccole dosi, che favorisce per questo la pensabilità permettendo l’ingresso della psicosessualità nel pensiero, dobbiamo ammettere che tutto ciò non è proprio accaduto nel caso dell’Uomo dei Lupi: la possibilità di un’attenuazione da parte del fantasma originario non è stata possibile proprio perché soverchiato dall’elemento percettivo “reale” della scena originaria e da situazioni successive analoghe che vedremo. Infatti il limitato lavoro del fantasma originario è testimoniato dal fatto che la scena primaria nell’Uomo dei lupi è un’immagine fissa, fotografica (come lo sarà anche il famoso “sogno dei lupi”), che ovviamente è già un passo avanti rispetto al mero dato quantitativo dell’eccitamento pulsionale della scena originaria. Ma è un’immagine che, proprio perché fissa, non può essere ammessa nella catena simbolica (Bejahung), non è dunque rappresentabile, non è una rappresentazione di cosa, dunque non è rimuovibile né pensabile. La stessa immobilità terrorizzante la ritroviamo nell’immagine fissa del lupo ritto nell’atto di uscire dalla pagina e aggredirlo, che la sorella gli faceva continuamente e sadicamente cadere davanti agli occhi e che lo spaventava moltissimo, ne è un altro analogo esempio.

Possiamo ipotizzare che il limitato lavoro del fantasma che si nota in queste immagini fisse e fotografiche, è stretto e costretto dalle fissazioni sadico-anali che funzionano come paletti che segnano il percorso dello sviluppo libidico dell’Uomo dei lupi. La scena con Gruša (a 2 anni e ½) è in questo senso emblematica. Freud scrive: “quando vide la bambinaia inginocchiata a terra mentre lavava il pavimento, le natiche protese e la schiena in posizione orizzontale, il bambino ritrovò nell’atteggiamento di costei la posizione che la madre aveva assunto nella scena del coito […] il suo urinare sul pavimento fu, propriamente, un tentativo di seduzione, e la ragazza vi rispose con una minaccia di evirazione, come se lo avesse compreso” (Freud, 1914, 565). Questo episodio sembra da un lato una ripetizione della scena primaria da osservatore, dall’altro una riscrittura della stessa scena in versione attiva. Attività da cui però viene ricacciato non solo dal rimprovero di Gruša ma soprattutto, dopo qualche mese (a 3 anni e 3 mesi) dalla seduzione della sorella che lo rimette, forse definitivamente, in una posizione passiva e masochistica rinforzandone le fissazioni sadico-anali nella direzione di una sottomissione al volere dell’adulto e nella fattispecie di un padre e poi di Freud.

Nel parziale lavoro del fantasma entra ovviamente anche il famoso sogno dei lupi che è un’ulteriore riscrittura. Dico soltanto che nella costruzione del sogno possiamo scorgere elementi del vissuto angoscioso della – solo ipotizzabile – scena originaria come l’aprirsi violento della finestra che allude al risveglio improvviso nella notte della presunta scena primaria. Lo spalancarsi dello sguardo sull’albero dei lupi è a un lavoro di figurabilità determinato dal fantasma (che non coincide con la rappresentabilità ma ne è il passaggio precedente), figurabilità che si coniuga con il diniego il quale agisce cancellando il rumore e il movimento quali percezioni “reali” intollerabili. L’ Uomo dei lupi ha 4 anni quando fa il “sogno dei lupi” e le immagini oniriche sono, per tutti i motivi accennati, fisse, fotografiche e si mostrano nella fissità dello sguardo, nell’immobilità dei lupi e nel bianco che mostra la potenza del Diniego nella sua proprietà di sbiancare l’immagine fino a cancellarla. Ogni qual volta il giovane russo racconterà il sogno a Freud (la prima dopo 4 mesi dall’inizio dell’analisi) avverrà una ulteriore riscrittura nella quale saranno combinati tutti i meccanismi e gli scenari del passato ma anche le spinte nuove provenienti dal transfert con Freud.

 

Il Diniego di Freud

Freud in Analisi terminabile e interminabile dopo aver constatato che l’Uomo dei lupi “sentendosi perfettamente a proprio agio nella situazione in cui si trovava, non intendeva compiere alcun passo che potesse portarlo più vicino alla fine del trattamento” – durato dal 1910 al 1914 – mise in atto “l’eroico espediente di fissare una scadenza all’analisi” (1937, 500). Ma quando la guerra terminò e il giovane russo tornò a Vienna spogliato di ogni sua tenuta a causa dei bolscevichi Freud confessa: “dovetti aiutarlo a padroneggiare una parte di traslazione che non era stata liquidata” (501) e lo fece gratuitamente. Successivamente lo affidò alla sua allieva Ruth Mack Brunswick e dopo ancora passò ad un’altra analista, Muriel Gardiner, diventata poi sua amica. L’eroico espediente e le successive manovre per staccarsi di dosso l’ingombrante attaccamento produsse dunque una analisi interminabile. Freud era evidentemente irritato che l’Uomo dei lupi definito come “un pezzo di psicoanalisi”, che si era “messo al servizio della psicoanalisi” difendendola sempre e pubblicizzandone la bontà, non guarisse. Oggi lo chiameremmo “agito di controtransfert”. Anche Otto Rank fin dalla prima discussione del caso nella serata del mercoledì 17/3/15 e poi in Tecnica della psicoanalisi (1926) aveva espresso il dubbio che il perdurante malessere del giovane russo fosse in relazione a un transfert non analizzato del tutto. Erano forse altri tempi e questi pazienti non erano ben conosciuti. Al giorno d’oggi, credo che l’organizzazione masochistico-perversa, e più precisamente il “masochismo morale”, abbisogna di una analisi piuttosto lunga, per poter favorire l’elaborazione e l’uscita da una situazione transferale accondiscendente, passiva e falsamente positiva, per far emergere gli aspetti aggressivi e attivi coartati da una situazione di disequilibrio nell’impasto originario del masochismo originario erogeno. Tornando all’Uomo dei lupi e all’eroico espediente di cui mai si lamentò, dobbiamo dire per onestà intellettuale che si trattò di un diniego di Freud.

Bibliografia

Freud S. (1922). L’Io e l’Es. O.S.F., 9.

Freud S. (1932). Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni). O.S.F., 11.

Freud S. (1937). Analisi terminabile e interminabile. O.S.F., 11.

Freud S. (1938). Compendio di psicoanalisi. O.S.F., 11.

Musatti C. (1970). Avvertenza editoriale ai Tre Saggi O.S.F., 4.

Enrico Mangini. Padova.

Centro Veneto di Psicoanalisi.

enrico.mangini@unipd.it

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