Es: peculiarità di una costruzione

di Patrizio Campanile

(Venezia) Membro Ordinario con funzioni di Training della Società Psicoanalitica Italiana, Presidente del Centro Veneto di Psicoanalisi.

La peculiarità dell’Es è l’essere una struttura concepita per individuare una frontiera e articolarla, aggiungerei, nei suoi vari passaggi: aperta da una parte attraverso l’Io ed il sistema P-C alla realtà esterna, a tutta la realtà e quindi ad ogni genere di stimoli (siano essi provenienti dal mondo inanimato che da quello animato); dall’altra verso la materia, innanzitutto quella costituita dal soma, ma, come può lasciare intendere l’apertura verso il basso che Freud ha previsto nella rappresentazione che dell’apparato psichico ha proposto nella Lezione XXXI, tutta la materia, quella della realtà contemporanea, ma non solo, residuando – come ha supposto – nel soma tracce di realtà che hanno anche preceduto l’individuo e che rimangono latenti ma potenzialmente efficaci; esse possono essere risvegliate in particolari circostanze e cioè per effetto di tensioni interne, per particolari evenienze della vita del soggetto o per effetto degli stimoli che specificamente provengono dalle relazioni. Queste tracce costituiscono una presenza in grado di produrre costantemente effetti e quindi sono fonti di possibile significato nella vita di ciascuno.

L’Es “ce lo rappresentiamo – dice Freud – come aperto all’estremità verso il somatico, da cui accoglie i bisogni pulsionali, i quali trovano dunque nell’Es la loro espressione psichica, non sappiamo però in quale substrato” (1932, 185).

La seconda topica si basa sulla ipotesi di diverse strutture (istanze) costituenti l’apparato psichico, e Freud, ne L’Io e l’Es (1922) affida all’Es il compito di rappresentare il luogo specifico ove avvengono transazioni, transiti ed intrecci di stimoli e di contenuti (che possono anche risalire ad epoche diverse) e cioè tutte le sollecitazioni qui, poco sopra, ricordate. Ciascuno di questi elementi può produrre attivazione, richiedendo lavoro all’individuo; è cioè portatore di spinta alla scarica, alla ricerca di soddisfacimento e, quando l’apparato psichico ne è in grado (per sue caratteristiche e condizioni e/o grazie all’apporto delle relazioni oggettuali), rappresentazione: questa è la pulsione.

Introducendo la costruzione dell’apparato psichico – allo scopo di rappresentare tutto ciò che, stando tra il somatico in senso stretto e gli atti di coscienza (cfr. 1938b, 572) – intende rendere ragione dei processi che legano il primo ai secondi ed assegna all’Es, come luogo ipotetico, dimensioni assai più ampie rispetto ad ogni altro (Io e Super-io). Come la pulsione, che si riferisce alla spinta energetica, è un concetto ‘limite’ tra somatico e psichico; così è concepito l’Es in quanto struttura.

Dicevo in ‘senso stretto’, giacché in senso ampio – nella visione freudiana che è monista – somatico e psichico coincidono (il “vero e proprio psichico” va riconosciuto nei “processi somatici” – 1938b, 585 – e “tutto ciò che è psichico è, all’inizio, inconscio” – 1924, 99).

Poiché – per quanto dice Freud – “chiamiamo Es la più antica delle province o istanze psichiche [e riteniamo che] suo contenuto [sia] tutto ciò che è ereditato, presente fin dalla nascita, costituzionalmente fissato, quindi innanzitutto le pulsioni che traggono origine dall’organizzazione corporea, e che trovano qui, in forme che non conosciamo, una prima espressione psichica” (O.S.F., 1938b, 572), l’Es è il luogo elettivo dell’articolazione psicosomatica; per questo ritengo utile pensarlo non solo composito (mi riferisco ai ‘diversi’ inconsci), ma stratificato. Rappresentarselo in questo modo può servire ad introdurre congetture, ipotesi ed eventualmente dare l’avvio a piani di ricerca e dialogo con altre discipline sull’intreccio psicosomatico. Può, altresì, contribuire all’integrazione sistematica di prima e seconda topica.

Non è la strada percorsa apertamente da Freud, ma l’idea di una successione di strati ricorre nei suoi testi, a cominciare dal fatto che definisce l’Io come “lo strato esterno, periferico, dell’Es” (1926, 365).

Di strati parla descrivendo la ricerca che l’analista fa con il paziente (“lavoro di scoperta, strato per strato, delle formazioni psichiche”, 1908, 481) o collocando l’angoscia di castrazione in uno “strato isolato e più profondo” (1914, 581): qui si tratta di stratificazioni di contenuti e di gradi di rimozione. Per ciascuno di tali elementi va comunque contemplato un corrispettivo nel soma se, seguendo l’impostazione e l’auspicio di Freud, “tutte le nozioni psicologiche che noi andiamo via via formulando dovranno un giorno esser basate su un sostrato organico” (1914, 448)[1]. Anche il passaggio dal processo primario a quello secondario ritengo possa essere ipotizzato come un passaggio progressivo e stratificato da processi basati sulla scarica ad altri dove l’Io è in grado di gestirla in quanto amministra il legamento dell’energia e conseguentemente lega e/o differenzia contenuti. Attività che richiede all’Io un diverso impegno a seconda delle caratteristiche (energetiche) di ciò che deve affrontare (ciò che è stato respinto dalla rimozione richiede infatti un lavoro continuo per essere tenuto rimosso mentre preme per trovare vie di accesso alla motricità e quindi a rappresentazione e soddisfacimento). 

Per rappresentarsi questa complessità, va ricordato che, dopo aver introdotto nel testo della Lezione XXXI la nuova configurazione dell’apparato psichico, Freud – dopo aver già sottolineato che tra le varie componenti va messa in conto una “mescolanza” (1932, 184) – precisa: “In questa suddivisione della personalità in Io, Super-io ed Es, non dovete certo pensare a confini netti, come quelli tracciati artificialmente dalla geografia politica. I contorni lineari, come quelli del nostro disegno o della pittura primitiva, non sono in grado di rendere la natura dello psichico; servirebbero piuttosto aree cromatiche sfumanti l’una nell’altra, come si trovano nella pittura moderna. Dopo aver distinto, dobbiamo lasciar confluire di nuovo assieme quanto è stato separato” (1932, 190). Una complessità articolata, composita e stratificata che costituisce un sistema dinamico, potremmo dire, in continuo movimento.

Perché queste congetture?

Perché mi aiutano, preliminarmente, a riflettere su tre questioni che riguardano la pulsione. Non dico per chiarirle, ma almeno per introdurre elementi per me utili ad affrontarle senza tralasciare aspetti importanti.

 

1 – È la pulsione che porta ad incontrare l’oggetto o è l’incontro con l’oggetto che costituisce la pulsione?

Non è differenza di poco conto giacché s’intreccia con una seconda alternativa: è a partire dalla pulsione che consegue e cioè si produce l’inconscio o viceversa?

Se per Freud è la pulsione che fa incontrare l’oggetto, per molti Autori è l’incontro con l’oggetto che forma la pulsione. Come ho sintetizzato altrove (Campanile, 2021), “ciò dipenderebbe, a seconda degli Autori, dalla pressione dell’inconscio (rimosso) dell’altro (Laplanche[2]), dal rinvenimento dell’oggetto capace di soddisfare lo stimoloGreen[3]), dal costituirsi dell’oggetto (Winnicott)[4], dai fallimenti della relazione d’oggetto (in particolare della relazione con l’oggetto-sé, Kohut[5]), da un processo di progressiva psichicizzazione (Denis[6], Israël[7]), dall’azione dei fantasmi organizzatori dello psichico (oltre ad alcuni degli Autori citati, Israël, 2011), dal loro essere integrati in fantasie (inconsce: è il caso di M. Klein)” (160).

Ognuno di questi punti di vista introduce sfaccettature che arricchiscono la comprensione dei fenomeni, aggiunge elementi sicuramente significativi ed individua fattori (cioè variabili) che indubbiamente incidono e condizionano vita e sviluppo degli individui. In ognuno di questi casi ci si deve interrogare però sul ruolo assegnato o meno al corpo che, come è noto, e si è visto più sopra, occupa una parte centrale nella costruzione freudiana e stabilire a che livello (o strato dell’apparato psichico) ciascuno di essi gioca la sua parte.

Si può certamente percorrere una strada diversa rispetto a quella percorsa da Freud, ma val la pena di non sottovalutare gli effetti che tale eventualità può determinare sulla tenuta della costruzione complessiva, sul mantenimento della sua coerenza ed eventualmente la sua riformulazione. Estrapolato dal suo contesto originario ciascun concetto va infatti ridefinito e ne vanno valutati intreccio e coerenza con l’insieme delle teorie adottate. Pensare a diversi e successivi strati può permettere di comporre, integrandole, queste che appaiono differenze inconciliabili.

Dovrebbe essere interesse di tutti avere a mente la coerenza delle costruzioni e delle nozioni nel momento in cui si utilizzano e, allo stesso modo, verificare la possibilità di inserirle in una teorizzazione in grado di integrarle.

Faccio un esempio per chiarire questo primo punto.

Si pensi ai fantasmi originari, nozione che ha una sua storia nel pensiero di Freud e che ha implicazioni che non possono essere trascurate; essi possono essere diversamente pensati rispetto alla loro origine. Per Freud, la nozione rinvia alla parte che ha la filogenesi nell’ontogenesi dell’individuo. Il venir meno (come segnala Le Guen, 2008, 425 segg.) del suo utilizzo da parte di Freud a partire dal 1918 ritengo abbia un rapporto diretto con l’introduzione della teoria strutturale che, proprio con la concettualizzazione dell’Es, prevede il poter far ricorso ad uno spazio (un luogo) specifico per pensare l’eredità arcaica che per Freud riguarda non solo disposizioni, ma contenuti e che è concetto certamente più ampio di quello di fantasmi originari, ma che li include in una costruzione più ampia. Lo spazio che, negli anni che seguono l’introduzione della seconda topica, Freud assegna alle relazioni oggettuali[8] può, parallelamente, spiegare l’aver da parte sua (è in questo caso Le Guen a sostenerlo) sintetizzato l’intreccio tra eredità arcaica[9] e la componente derivante dalle relazioni oggettuali; affida allora all’Edipo “la funzione organizzatrice, la sua efficacia di ‘schema’, di modello strutturante” (ibid., 431) prima distribuita tra i vari fantasmi originari.

Ancora Le Guen:Freud aveva ragioni […] profonde, più teoriche per abbandonarli: non rimettendo assolutamente in questione il determinismo filogenetico, né condannando la teoria dei fantasmi originari, sembra proprio, anche se non ne dà spiegazioni, di essersi scontrato con le sue insufficienze, come se gli sembrasse che una rappresentazione fantasmatica, sia pure vincolante e costringente, non bastasse a rendere conto della complessità della strutturazione del funzionamento psichico” (ibid.).

Nel corpo sono da supporre le tracce che provengono da altrove: un altrove che va al di là dell’individuo, della sua storia e della storia delle sue relazioni. Tutti elementi che svolgono la loro potenziale funzione in strati diversi dell’apparato psichico e, specificamente, innanzitutto nell’Es e nei vari strati che, può essere utile supporre, lo compongono. Strati di un possibile ragionamento, da prevedere in una costruzione e, forse, non solo.

 

2 – Pulsione?

Per alcuni Autori ciò che qualifica la spinta come pulsione è il suo essere slegata, irruenta e da ciò deriverebbe il suo essere potenzialmente distruttiva. Anzi, mettendo in discussione l’ultimo dualismo pulsionale introdotto da Freud, questa caratteristica, l’essere l’eccitamento dirompente e slegato, basterebbe a spiegare anche la distruttività (è il caso di Laplanche, ma anche di Conrotto), trattandosi di scariche in grado di intaccare profondamente il funzionamento dell’Io e di danneggiare il suo rapporto con la realtà.

Lasciando da parte il dibattito su dualismo pulsionale e, eventualmente, quale dualismo, anche la questione di diversi gradi di imbrigliamento della spinta – che comunque è una variabile implicata nella distruttività quantomeno interna all’organismo – potrebbe essere ricondotta a diversi gradi (in questo caso di funzionamento) attivi in strati diversi dell’apparato psichico.

La possibilità di legare o meno la tensione (la spinta, in termini pulsionali) non può non avere ripercussioni a livello della fisiologia dell’organismo e questa capacità si realizza in gradi diversi, forse anche in gradi diversi in diversi strati dell’organizzazione somatopsichica.

“Le fonti [dell’] eccitamento interno sono in massima parte le cosiddette pulsioni dell’organismo, che fungono da rappresentanti di tutte le forze che traendo origine dall’interno del corpo vengono trasmesse all’apparato psichico” (Freud, 1920, 220). Si tratta, aggiunge Freud, di forze che possiamo pensare come non legate e sarà necessario un processo specifico perché giungano ad esserlo. Trascurando quel in massima parte che apre possibili interrogativi, Il loro non essere legate spiega il loro potenziale distruttivo ed è necessario un processo specifico perché giungano ad esserlo. Compito dell’apparato psichico è “legare l’eccitamento pulsionale che ubbidisce al processo primario. Il fallimento di questo tentativo provocherebbe disturbi analoghi a quelli della nevrosi traumatica; soltanto dopo che l’investimento libero fosse stato convenientemente legato, il principio di piacere (e quella sua modificazione che è il principio di realtà) potrebbe esplicare indisturbato il suo dominio. Fino a quel momento prevarrebbe invece l’altro compito dell’apparato psichico, il compito di domare o legare l’eccitamento, non diremo in contrasto col principio di piacere, ma indipendentemente da esso e in una certa misura senza tenerne conto” (ibid., 221).

Se consideriamo che, per Freud, anche nell’Io non solo coesistono tendenze contrastanti ma configurazioni e assetti molteplici tra i quali l’Io stesso oscilla (Freud 1938a, 560) e che quindi anche l’Io, per queste sue caratteristiche, può funzionare sulla base del processo primario, in tutte le istanze dell’apparato psichico (potremmo dire sia in senso orizzontale – e cioè all’interno di medesimi strati – sia verticale, e cioè tra di essi) si possono supporre gradi e modi diversi di affrontare, gestire o essere in balia della spinta.

Un esempio; o, meglio, un’ipotesi che potrebbe essere sviluppata a partire dall’idea che in strati diversi (dell’Io, in questo caso, che però si è detto in parte si mescola con l’Es) possano essere attivi modi diversi di fronteggiare o scaricare tensione: l’ipotesi riguarda i meccanismi di difesa che Freud assegna come compito all’Io. La loro molteplicità potrebbe essere vista come dovuta a diversi gradi di elaborazione del controllo sulle tensioni (dovute a rappresentazioni, impulsi, elementi della realtà esterna). Percorrendo l’ipotesi di gradi diversi di padroneggiamento della scarica[10], i meccanismi di difesa potrebbero essere differenziati in base ad un diverso grado di capacità di gestione (da parte dell’Io) della tensione e del conflitto: minima nel caso di diniego e negazione e via via maggiore fino ad arrivare alla rimozione (e quindi da un livello dominato dal processo primario a quello secondario). 

Se ritorniamo all’assunto che il “vero e proprio psichico” va riconosciuto nei “processi somatici” (Freud, 1938b, 585), anche in questo caso, adottando questa impostazione, si potrebbero avanzare interrogativi sul funzionamento del soma da sottoporre a chi si occupa di fisiologia e di fisiopatologia.

Non va dimenticato, nell’affrontare queste ipotesi, che il Progetto (1895) si muove su questo terreno.

 

3 – Istinto o pulsione?

Cosa collochiamo nell’Es? Direi entrambi. Freud ha introdotto il termine che traduciamo in italiano con pulsione (trieb). Ha nominato taluni istinti (gli istinti dell’organismo, la fame di ossigeno, la fame di alimento e la sete, l’istinto all’accoppiamento ma anche l’istinto aggressivo) o ne ha elencato altri riprendendo punti di vista di diversi Autori (istinto gregario, istinto all’incesto), ma è ben salda per lui la differenza: “Se i cosiddetti istinti degli animali, che consentono loro di comportarsi fin dall’inizio in una nuova situazione vitale come se fosse antica e da tempo familiare, se mai questa vita istintiva degli animali ammette una spiegazione, può essere solo perché essi portano con sé nella loro nuova esistenza le esperienze della loro specie, ossia hanno conservato in sé ricordi di ciò che avevano sperimentato i loro progenitori. Nell’animale umano le cose in fondo non sarebbero diverse. Agli istinti degli animali corrisponde l’eredità arcaica a lui propria, benché di altra estensione e contenuto” (1934-38, 420-1). Come animali umani, non siamo estranei alle spinte degli istinti, ma in quanto esseri umani accanto ad essi, sulla base di esperienze che eventualmente risalgono alle generazioni che ci hanno preceduto (l’eredità arcaica)[11] e, soprattutto del nostro essere fin da prima del nostro concepimento inseriti in una rete di relazioni e di significati, siamo abitati da pulsioni; da spinte cioè che, anche quando poggiano su istinti del tutto simili a quelli degli animali, assumono una veste specifica a noi umani proprio per questo nostro far parte di una comunità di relazioni e di significati (prodotti, scambiati, innestati, impiantati, intromessi, … ) tra esseri umani.

Anche in questo caso, quindi, mi sembra utile pensare in termini di strati costitutivi dell’Es.

Una precisazione per concludere. Dopo aver riportato nella Lezione XXXI lo schema relativo all’apparato psichico, Freud dice: “l’Es ha contatti con il mondo esterno solo attraverso l’Io”. Quanto più sopra sostenevo a proposito del significato che attribuisco all’apertura verso il basso (apertura verso tutta la materia e non solo quella del soma) potrebbe sembrare un azzardo indebito. Freud però aggiunge “perlomeno in questo schema” (1932, 190). Come è noto, gli schemi da lui proposti a quest’epoca (diversi dai precedenti che risalgono all’Interpretazione dei sogni) sono tre: il primo che inserisce nella lettera a Groddeck del 17/4/21, quello de L’Io e l’Es molto simile al precedente[12] e quest’ultimo della Lezione XXXI. L’apertura verso il basso che qui introduce ritengo debba essere pensata, e così giustifico la mia lettura dello schema, a cavallo tra questi saggi (1922, 1932) ed il Compendio di psicoanalisi di molti anni successivo (1938). Mentre i primi testi segnano il transito dalla nozione di inconscio a quella di Es, con la conseguente necessità di integrare la precedente concettualizzazione con la successiva (e siamo di nuovo all’intreccio fra prima e seconda topica), l’ultimo testo non si configura solo come una sintesi (che mira, come dice Freud, a radunare i capisaldi – Riolo traduce teoremi[13] – della psicoanalisi), ma si presenta anch’esso come base aperta e ricca di stimoli per nuovi sviluppi sia nell’ambito della teoria (e da qui anche la mia lettura) che della clinica.

 

——

[1] V. Campanile, 2000.

[2] Per Laplanche la fonte della pulsione è l’inconscio rimosso (2007, 193 e 203).

[3] “Il rappresentante psichico è il rappresentante psichico della pulsione come eccitazione endo-somatica, senza alcuna possibilità di raffigurazione. Ciò che si delega del corpo non è una rappresentazione, ma una richiesta che acquista senso solo per il congiungimento del rappresentante psichico con la rappresentazione d’oggetto” (1995, 71).

[4] Per Winnicott è necessario che la madre-ambiente si sia costituita come oggetto perché si possa parlare di pulsione. 

[5] La distruttività costituisce per Kohut un chiaro esempio di come la pulsione entri in scena per fallimenti traumatici (v. 1977, 113).  

[6] “Non consideriamo la pulsione come innata, ma come il risultato di una prima elaborazione fondatrice dello psichismo” (Denis, 1997, 11). 

[7] “La pulsione è la versione più compiuta della psichicizzazione progressiva dell’eccitamento” (Israel, 1990, citato in Denis, 1997).

[8] Laddove l’oggetto non è pensato più unicamente nei termini di oggetto della pulsione.

[9] “Cosa che, ribadiamolo, non è nient’altro che la funzione che era stata attribuita ai fantasmi originari” ­– Le Guen, 2008, 426.

[10] Ciò potrebbe essere ascritto a diversi gradienti in cui l’Io è in grado di affrontare il compito che gli compete della difesa, e ciò rimanderebbe a strati diversi in cui l’Io potrebbe funzionare in modi diversi. Torno all’idea di una stratificazione verticale da affiancare alla ben nota sua possibile scissione orizzontale.

[11] Freud ha in questo modo contemplato il ‘posto’ da assegnare nell’apparato psichico a fenomeni “non locali”. 

[12] Non è qui il momento di soffermarsi sulle differenze.

[13] V. Riolo, 2021.

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Riolo F. (a cura di) (2021). Teorie psicoanalitiche a confronto. Un’indagine assiomatica. Riv. Psicoan. LXVII,4, 787-1029.

 

Patrizio Campanile, Venezia

Centro Veneto di Psicoanalisi

patrizio.campanile@libero.it

 

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