Alta Marea Bassa Marea

di Jean-Bertrand Pontalis

Recensione di Daniela Scotto di Fasano

Alta marea bassa marea

Jean-Bertrand Pontalis

(2013)

Ed It. 2023, Alpes Italia, Roma

Traduzione di: Barbara Serrati, Nelly Cappelli

pagg. 90

Un titolo – Alta marea, Bassa marea, che inevitabilmente evoca il mare. Anche il Centro Veneto di Psicoanalisi è, nella mia fantasia, non solo ma soprattutto mare, perché grandi città del Centro Veneto con il mare dialogano. E, anche, dialogano, nella sua parte orientale, con le linee di confine, con un al di là e un al di qua che si fronteggiano e, sia nel bene che nel male, interagiscono. Come le terre che con il mare interagiscono mediante – sottolineo mediante – le maree.

Sono cresciuta, dai due ai dodici anni, in Somalia, e si andava spesso a passare la giornata su una bellissima spiaggia dello splendido Oceano Indiano, Gesira.

Gesira è una bianca falce di luna ai piedi di un promontorio, vi si arriva dall’alto mediante un sottile e ripido sentiero in discesa. Poi, splendore: i genitori allestivano lo spazio del pic nic all’ombra del colle sovrastante, i bambini ovviamente subito in acqua, limpida e protetta dagli squali dalla barriera corallina all’orizzonte. Una grandissima piscina naturale tutta per noi.  Ma non sapevamo che il grande Oceano si sarebbe, a un certo punto della giornata, fatto vivo con l’alta marea. La fuga verso l’alto fu precipitosa, affannosa, il mare ci rincorreva. Guadagnammo l’altura, e, dall’alto, guardammo spaventati i tavolini, le sdraio, i cesti di paglia – gli zembil – del pic nic galleggiare sull’acqua, persi per sempre. Non immaginavo la velocità con la quale l’alta marea può all’improvviso conquistare la terraferma, prendendone assoluto possesso.

Ho letto Alta marea, Bassa marea golosamente, già altri libri di questo grande psicoanalista mi avevano nutrito di ottimo cibo per la mente, per dirla con Bion (1962[1], 1965[2]). A renderne anche più appetibile la lettura, la prefazione di Nelly Cappelli, tenera, a mio parere, quanto dotta. Perfetto il feeling di Cappelli con l’Autore, se ne percepisce la profonda conoscenza e si coglie quell’elemento di passione per la Psicoanalisi che entrambi condividono. Infatti, come sottolinea la collega introducendo Alta marea, Bassa Marea, “Il vertice di Pontalis è sempre quello psicoanalitico” (ibidem, IX), anche quando si tratta di ‘letteratura’, come in Limbi, Finestre, Maree o in questo caso, checché, a tal proposito ne pensasse Green: “Non condivido l’osservazione di Green che Pontalis avesse lasciato la psicoanalisi per dedicarsi alla letteratura. Anche nei racconti, la psicoanalisi non è mai abbandonata: non vi è alcuna frattura, sono solo percorsi distinti” (Cappelli 2023, IX)

Non voglio sciuparne ai lettori la scoperta, ma non esito a definire commovente la conclusione della prefazione. Che dà conto, a mio parere, di una sfida di Pontalis a quella terza ferita narcisistica che, dopo Copernico e Darwin, Freud ha inferto all’umanità: scherzando, ma fino a un certo punto, mi chiedo infatti quanto l’Io di Pontalis fosse riuscito a divenire padrone in casa propria….

Il libro – al quale Pontalis ha iniziato a lavorare nel 2003 e ha pubblicato dieci anni dopo, nel 2013 – è una raccolta di brevissimi racconti, apparentemente tra loro s/legati. E già, in tal modo, si entra in contatto con il concetto freudiano (elaborato in Al di là del principio di piacere, 1920) del rapporto legare<=>slegare.

Mi piace, a latere, ricordare che Legare e Slegare è stato il tema oggetto di un importante incontro organizzato da Franca Munari al Centro Veneto a Padova il 21 febbraio 2020, mentre Slegare è il titolo di un libro di Green pubblicato nel 1992.

In Alta marea, Bassa marea tra i racconti apparentemente tra loro s/legati c’è a mio parere (ma anche a parere di Nelly Cappelli) un fil rouge che lega: il concetto che parlando dell’altro parliamo di noi.

E’ quello che accade nell’attività onirica, dove ogni personaggio del sogno rappresenta anche una parte del sognatore. E Alta marea, Bassa marea ha la struttura, l’andamento (quasi musicale) del sogno, di una rêverie. In ciò consiste la mia scelta di connettere i concetti di legare<=>slegare con il doppio segno che per Bion lega contenitore e contenuto (cfr. Bion, 1992). In Alta marea, Bassa marea il contenitore è il vivere, il contenuto è quanto ci accade, ci facciamo (anche a nostra insaputa, spesso) accadere, che insomma viviamo. Lo descrive molto bene Nelly Cappelli (2023, X).

A me poi Alta marea, Bassa marea ha profondamente evocato le immagini del pittore della solitudine, Edward Hopper, in particolare il quadro Stanze sul mare: noi siamo nella vita e appena là fuori, ecco, il mare.

C’è, nel primo racconto, Il Comandante, senz’altro probabilmente metafora di Pontalis stesso – “Non si nasconde di essere vecchio, ma questo non gli impedisce di essere ancora elegante, dignitoso. Soprattutto: non lasciarsi andare, avere contegno” (ibidem,2) -, ma, anche, evocazione del fatto che restiamo vivi nella mente, nel ricordo di chi ci ha conosciuti. Il nesso immediato è a Pirandello, alla sua novella Colloquio con la madre (Pirandello, 1915), magistralmente resa dai fratelli Taviani nel film del 1984 Kaos, dove, anche in quel caso, lo sfondo del dialogo di Pirandello con il proprio pensiero della madre morta è costituito da una finestra sul mare.

Nel secondo racconto, Il funerale, una tragedia, con la conseguente perdita di un rapporto: la vita va. Ma poi, nel ricordo, la vita torna.

Qualcos’altro sopravvive, invece, nel terzo, Il ritiro, come forma inquietante che nessuno vuole, una forma che non rappresenta – è – una violenta evocazione della morte. Qui, sul piano psicoanalitico, si impone il concetto di equazione simbolica descritto da Hanna Segal, che rappresenta il fallimento della funzione metaforica della mente (Francesconi, 2002).

E poi… potrei proseguire a lungo, in ognuno dei piccoli testi che si susseguono l’incontro con la morte, o con la fine, è inevitabile: e d’altronde, non diventiamo forse nascendo – come disse Freud dalle spalle di Shakespeare (cfr. Freud, 1899) – debitori alla vita di una morte, la nostra? E Pontalis ci ricorda quello che a suo avviso è il più bel racconto di Tolstoj, La morte di Ivan Il’ič.  La ragione per cui esso fa la sua comparsa nel racconto «L’ho visto morire» (ibidem,13) consiste nel fatto che Ivan Il’ič, “l’uomo che sapeva di dover morire” (ibidem,13), voleva accanto a sé solo Gerasim, perché accanto a lui ci fosse “qualcuno di vero, di vero come il dolore che non sa mentire” (ibidem,14). Ma non voglio privare i lettori del grande piacere di entrare assieme a Pontalis nel grande mistero delle Maree, titolo del racconto che chiude il libro: “Bassa marea, alta marea, questa alternanza è a immagine della mia vita, forse di tutta la vita. Aspetto che le onde raggiungano la spiaggia per andare loro incontro […ma] Non mi dispiace […] di conoscere i piaceri minuscoli che mi offre la bassa marea, per provare, qualche ora più tardi, i piaceri maiuscoli, che mi procura l’alta marea. La vita si allontana, ma ritorna” (ibidem,75-76).

Per concludere, un breve accenno al tipo di legame che percepisco nel fil rouge che si dipana e scorre tra i racconti. E’ quello “più vicino alle leggi che regolano il desiderio inconscio e l’organizzazione dei fantasmi e che sono quelle del processo primario: la stessa energia libera, quale è individuata nella psicoanalisi, non è una scarica massiccia di eccitazioni, ma la circolazione lungo catene di rappresentazioni, che presuppongono dei «legami» associativi.” (Laplanche, Pontalis 1967, 293).

Ritengo poi utile connettere i termini tra loro con la doppia freccia che Bion (1992, 214, 308) pone tra contenitore e contenuto perché Pontalis in Alta marea, Bassa marea affronta e elabora (nei dieci anni di gestazione del libro) il tema della sofferenza, che nella distinzione bioniana (Bion, 1970[3]) può essere vissuta sentendola anziché patendola. Nel primo caso si hanno reazioni di evitamento o di rifiuto, mentre nel secondo caso – ed è quello del libro qui preso in esame – si sperimenta tolleranza e l’esperienza dolorosa trova accoglienza in un luogo mentale ove avvengono opportune trasformazioni detossicanti: l’apparato contenitore-contenuto.

 


 

[1] “… un sano sviluppo mentale sembra dipendere dalla verità come l’organismo vivente dipende dal cibo. Se la verità manca o è incompleta, la personalità si deteriora.” (1962,60)

[2]La verità sembra essere qualcosa di essenziale per la salute psichica. L’effetto che tale carenza determina sulla personalità è analogo a quello che nel soma produce l’essere in preda alla fame.” (1965, 105).

[3] Dice Bion che alcuni pazienti “…..sperimentano il dolore ma non lo patiscono. Il paziente può dire che patisce ma solo perché non sa cosa sia patire e confonde il sentire dolore con il patirlo. Patire dolore comporta rispetto per il dolore proprio e altrui e non è solo il mancato adempimento di desideri. L’adempimento assente viene sperimentato come una non-cosa, l’emozione suscitata dalla non-cosa viene sentita come indistinguibile dalla non-cosa stessa e viene sostituita da una non-emozione (come la collera) il cui scopo fondamentale sia quello di negare l’altra emozione.” (1970, 30).

Bibliografia

Bion W.R. (1962). Apprendere dall’esperienza. Roma, Armando, 1972.

Bion W.R. (1965). Trasformazioni. Roma, Armando, 1973.

Bion W.R. (1970). Attenzione e interpretazione. Roma, Armando, 1973.

Bion W.R. (1992). Cogitations, Roma, Armando, 1996.

Cappelli N. (2023).Introduzione. In J.B. Pontalis, Alta marea, Bassa Marea. Roma, Alpes, 2023, V-XI.

Francesconi M. (2002), Metafora e Psicoanalisi. In Morabito C., La metafora nelle scienze cognitive, Milano, Mc Grow-Hill.

Freud S. (1899). L’interpretazione dei sogni. O.S.F., 3.

Freud S. (1920). Al di là del principio di piacere. O.S.F.,9.

Green A. (1992). Slegare, Roma, Borla, 1994.

Laplanche J., Pontalis J.B.(1967). Enciclopedia della Psicoanalisi. Laterza, Bari, 1968.

Pirandello L. (1915). Colloquio con la madre. In Colloqui con i personaggi-II. In Novelle per un anno, vol. II. Arnoldo Mondadori, Milano, 1957.

Pontalis J.B. (1998). Limbo.  Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000.

Pontalis J.B. (2000). Finestre.  Edizioni E/O, Roma, 2001.

Tolstoj L. (1886). La morte di Ivan Il’ič . In Tutti i racconti. Arnoldo Mondadori, Milano, 1991.

Daniela Scotto di Fasano, Pavia 

Centro Psicoanalitico di Pavia

scottodifasano@gmail.com

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