La massa come particolare funzionamento psichico e rifugio narcisistico

di Enrico Mangini

Ogni qual volta mi sono avvicinato a Psicologia delle masse e analisi dell’Io mi sono chiesto cosa avesse spinto il padre della psicoanalisi a spostare l’accento dall’individuo alla massa. Sappiamo, e non ci è difficile supporlo, come la scrittura di questo lavoro sia andata per “esitazioni e ripensamenti” (Musatti) ma sbaglieremmo a considerarlo come una deviazione fortuita perché in realtà si tratta di un percorso iniziato fin da Totem e tabù, che ha portato Freud a interrogarsi sulle caratteristiche psichiche dell’organizzazione sociale. Freud non ha mai perso di vista come “nella vita psichica del singolo l’altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico […] Il rapporto che il singolo istituisce con i suoi genitori e fratelli, con il suo oggetto d’amore, con il suo maestro e il suo medico […] possono legittimamente venir considerate alla stregua di fenomeni sociali e contrapporsi quindi a taluni altri processi da noi chiamati ‹‹narcisistici››” (1921, 261) indicando una inevitabile e dinamica conflittualità tra narcisismo e oggettualità.

La prima domanda che possiamo porci è come mai, proprio in questo periodo, e contemporaneamente al suo scritto più visionario e teorico Al di là del principio di piacere, Freud abbia avuto la spinta ad occuparsi della psicologia delle masse. Una possibile risposta potremmo trovarla nelle sue vicende biografiche così come negli accadimenti collettivi accaduti a cavallo dei primi anni venti del secolo scorso. Due enormi eventi catastrofici avevano interessato le popolazioni europee: la grande guerra e la pandemia di spagnola. Freud stesso, nella fase finale della pandemia, che aveva provocato oltre 50 milioni di morti, era stato colpito nei suoi affetti più cari con la perdita della figlia e dell’amico e mecenate Anton von Freund. Eppure, proprio all’interno di un periodo così critico, Freud che aveva a cuore i destini del movimento psicoanalitico promuove l’organizzazione del Congresso dell’Aia del settembre 1920, e continua nel suo lavoro teoretico di scrittura scrivendo praticamente in contemporanea Psicologia delle masse e Al di là del principio di piacere e portando così avanti un complesso ragionamento sulla pulsionalità che sfocerà nel secondo dualismo pulsionale tra Eros e Thanatos. Ancora una volta era la clinica – intesa sia come lavoro con il paziente sia come analisi degli accadimenti storici e sociali – a costringerlo a un completamento del corpo concettuale della psicoanalisi dato che non poteva non fare i conti con le nevrosi da guerra, le nevrosi da destino, la coazione a ripetere e la stessa psicologia delle masse, clinica che smentiva il primato assoluto del principio di piacere. Così proprio nel febbraio 1920 in uno scambio con Eitingon, per la prima volta compare l’idea della presenza nel funzionamento psichico di una pulsione di morte, segnale di una svolta teoretica fondamentale, dato che con essa si poneva il problema di una tendenza conservativa dell’apparato psichico con l’intento di ridurre al minimo l’eccitamento pulsionale. Con la pulsione di morte Freud ci darà nuovi strumenti per intendere il masochismo, la reazione terapeutica negativa, le analisi interminabili e il funzionamento psichico della massa proponendo in particolare una riflessione sul rapporto tra traumi personali e sociali e ferite narcisistiche attuali e pregresse. E se l’ipotesi dell’incidenza di gravi situazioni traumatiche collettive può essere posta come questione aperta per quel che riguarda la formazione di masse pronte negli anni trenta a sottomettersi a un duce o a sposare una ideologia, anche ai giorni nostri piccole o grandi aggregazioni di massa – quali adolescenti organizzati in gang o gruppi di ultras- sembrano imporsi quando il narcisismo sano individuale mostra evidenti crepe e ferite. La massa sembra poter essere in tali situazioni collettive una sorta di rifugio psichico in grado temporaneamente di far fronte a una pulsionalità ingestibile.

Legami verticali e orizzontali

Freud sulla scia di Le Bon e di Trotter, ma via via differenziandosene, descrive la massa come un corpo unico, un apparato psichico collettivo a se stante, omogeneo, senza senso di responsabilità, facilmente influenzabile e suggestionabile, e soggetta a impulsività imprevedibili. Scrive: “Per il solo fatto di appartenere a una massa organizzata, l’uomo scende dunque di parecchi gradini la scala della civiltà. Isolato, era forse un individuo colto; nella massa, è un istintivo, e dunque un barbaro. Ha la spontaneità, la violenza, la ferocia e anche gli entusiasmi e gli eroismi degli esseri primitivi” (267). Insomma nella massa l’individuo può regredire senza timore, abbandonare le inibizioni, sospendere le rimozioni, pensare per immagini, essere affascinato dagli slogan, essere infine dominato. Può dunque permettersi anche una quota di masochismo quale godimento che lo ricompensa per il narcisismo individuale perduto. La massa va dunque intesa non tanto come entità fisica o sociologica, ma come particolare modalità di funzionamento psichico.

La domanda che Freud si pone e che lo pone su un piano differente dai suoi predecessori è centrale: quale collante può tenere insieme individui spesso così diversi tra loro? A cui aggiungerei una seconda e sequenziale questione: quale è la causa della rapida dissoluzione di tale legame?

Alla prima domanda risponde senza esitazioni: ciò che lega i diversi individui nella massa non può essere che un legame erotico, dunque pulsionale di vita, che unendo gli individui l’uno con l’altro li mette in relazione con un Ideale dell’Io (che si tratti di un condottiero, di un’idea, di una fede, di una pop star o di una squadra di calcio non fa differenza). Ora, in questa entità psichica che è la massa vanno a mio parere distinti due tipi di legame: un legame “verticale” in cui Eros prevale, di innamoramento rivolto all’Ideale dell’Io, e un legame “orizzontale” che si fonda nell’idea di essere ugualmente amati senza distinzioni dall’ideale, e di avere una passione in comune, legame per il quale ipotizzo una prevalenza di Thanatos. Mentre il legame verticale richiama il rapporto con le figure primarie, quello orizzontale richiama la fratria.

Il legame erotico verticale permette una regressione rispetto a identificazioni e interiorizzazioni più o meno riuscite tra Io e Ideale dell’Io da un lato, e Super-io dall’altro, e rimette in gioco, credo però con scarse potenzialità trasformative, l’organizzazione narcisistica infantile dato che si relaziona con un’imago materna nel posto dell’Ideale dell’Io, mentre le istanze superegoiche sembrano o assenti o in relazione a una imago paterna sadica. Nello specifico, la relazione con l’imago materna avviene sui binari della suggestione e dell’illusione e su movimenti prevalentemente sensoriali e pulsionali (sappiamo quanto in questi casi siano importanti i toni, lo sguardo, le parole magiche, la retorica del gesto), mentre la relazione con l’imago paterna avviene lungo i binari sado-masochistici di una figura temuta e odiata. Il movimento regressivo indotto dalla partecipazione alla massa permette di ri-vivere passioni estreme di odio/amore, di passività e attività sul modello della coazione a ripetere e quindi di un pulsionale non simbolizzabile, incoercibile, non procrastinabile e destinato alla scarica una volta raggiunto l’apice dell’eccitamento. Cosa ha spinto migliaia di soldati a lanciarsi contro il nemico nella guerra di trincea, in nome della Patria o del Re se non l’illusione di poter ricevere un amore totale da parte dell’Ideale? Che cosa continua a unire masse di persone a urlare di gioia o di rabbia in uno stadio, in una assemblea, in un comizio, e poi rientrare in famiglia come il più assennato degli individui? Ne viene che anche l’odio o il narcisismo delle piccole differenze può funzionare da legame e l’oggetto odiato può occupare anch’esso il posto dell’Ideale. E’ quanto accade quando un funzionamento di massa si scaglia acriticamente e pregiudizialmente verso un’istituzione, le sue regole, gli obblighi: insomma il governo è sempre ladro, o chi si assume l’onere di gestire un gruppo o una associazione è sempre inadeguato. Ciò che il singolo non farebbe (o che avrebbe fatto solo da bambino) la massa lo permette, sta qui la regressione di cui parla Freud che già di per sé appare come un ottimo motivo per stare in un gruppo o in una massa.

Veniamo ora al legame “orizzontale” che non è scindibile da quello verticale se non per una disamina teorica. Il legame di fratria permette di tollerare la frustrazione di non poter avere l’amore privilegiato dell’ideale e nello stesso tempo controlla l’odio che l’individuo avrebbe per un oggetto primario che non lo ama con esclusività. Quindi il legame orizzontale, che sta alla base del senso sociale, può funzionare per questo: siamo tutti uguali a fronte dell’Ideale e tutti siamo colpevoli ma autorizzati a rimuovere la colpa del parricidio, così il legame orizzontale, che ha le caratteristiche di un patto sociale, assume anche una funzione di contenimento delle rivalità e aggressività reciproche tra i vari individui della massa. Per questi motivi ritengo che tale legame orizzontale non sia un legame erotico ma un patto più difensivo verso l’eccesso pulsionale. “Il senso sociale – ci ricorda Freud – poggia sul volgersi di un sentimento inizialmente ostile in un attaccamento caratterizzato in senso positivo, la cui natura è quella dell’identificazione” (309). Ma nel funzionamento della massa spesso si tratta di meccanismi di imitazione e non di identificazione. Ciò fa sì che questo legame orizzontale non sia affatto un legame stabile ma piuttosto soggetto a mutevoli e repentine oscillazioni eccitatorie, o viene attraversato da stati affettivi che si propagano per “contagio”. In questi casi sembra che la massa come corpo psichico unico recuperi una parte della stessa onnipotenza narcisistica a cui il singolo per vari motivi ha rinunciato.

L’imitazione, a differenza dell’identificazione che nasce dalla situazione edipica, dà solo l’illusione di un arricchimento dell’Io mentre in realtà il senso di coesione e di identità collettiva che il singolo ne ricava viene bruscamente meno se ad esempio il singolo si sogna di esprimere un parere dissonante con conseguente caduta in disgrazia ed esclusione. In effetti il legame orizzontale sembra costituirsi nella compiacenza, né può reggere senza un forte legame verticale con l’Ideale dell’Io. La massa si sente forte se l’ideale è forte e questo legame verticale ha le caratteristiche della “fascinazione e soggezione amorosa”. Il problema è che, come in ogni innamoramento, l’Io del singolo “è impoverito” (301) e l’essere in una massa legato ad altri appare chiaramente come un rifugio difensivo per evitare una possibile delusione. Se infatti la posizione dell’ideale diventa improvvisamente precaria (la caduta di un regime, una sconfitta sportiva inaspettata) la massa si smembra e implode andando incontro al panico. Un esempio storico che non si ricorda mai con piacere è stato vissuto in Italia l’8 settembre 1943, quando il Re e il governo scapparono lasciando esercito e popolazione in balia degli eventi (e dei nazisti). Il panico è così il risultato della perdita improvvisa e traumatica dell’Ideale dell’Io, che comporta la perdita del legame verticale erotico che garantiva anche il legame orizzontale di (pseudo)unità della massa. Abbiamo ora più elementi per dire che questo legame orizzontale è il risultato di una economia pulsionale di morte soggetta per altro a violente fluttuazioni eccitatorie. Freud giustamente aveva sottolineato come per la massa si dovesse parlare di “impulsi sessuali inibiti nella meta” rilevando in questo uno dei motivi della sua debolezza. Infatti, non essendovi una via di scarica nel soddisfacimento sessuale (Eros), la scarica della pulsione può avvenire solo nell’agito e nelle fantasie/illusioni onnipotenti (di essere invincibili ad es.) e, aggiungerei, all’interno di un funzionamento pulsionale caratterizzato dall’evitamento del conflitto e sulla compiacenza (Thanatos).

 

Bibliografia

Freud S. (1921). Psicologia delle masse e analisi dell’Io. O.S.F., 9.

Enrico Mangini, Padova

Centro Veneto di Psicoanalisi

enrico.mangini@unipd.it

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