Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
di Silvia Mondini
“Le cattedrali son finite?”
Auguste Rodin
“Terminare un’opera?
Completare un dipinto?
Che cosa stupida”
Pablo Picasso
Nata dalla collaborazione tra i due musei monografici, questa doppia retrospettiva offre un affascinante percorso comparativo all’interno della vasta produzione artistica di Auguste Rodin (Parigi, 1840 – Medoun, 1917) e Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973). Due artisti poliedrici, diversi per età e temperamento, ma simili nel desiderio di esplorare la realtà e le sue continue trasformazioni e nella spinta ad elaborare linguaggi capaci di imprimere una svolta innovativa all’arte del loro tempo.
Presentata in simultanea negli splendidi edifici che ne ospitano le collezioni permanenti – l’Hôtel Biron (Museo Rodin) e l’Hôtel Salé (Museo Nazionale Picasso) – l’esposizione si nutre di uno straordinario rapporto tra spazio, opere e allestimento; circa cinquecento produzioni (disegni, dipinti, sculture, ceramiche e documenti creativi) che dialogano sapientemente tra loro sino a svelare l’inatteso: l’influenza di Rodin sulla produzione artistica di Picasso e alcune “casuali” similitudini fra i due autori. Similitudini che traggono origine da una vis creativa eccezionale e che prendono la forma del piacere di lavorare nel ritiro del proprio atelier[1], di sperimentare forme e materiali diversi, di riprodurre una stessa opera numerose volte (le famose serie) e, last but not least, della comune fascinazione per il corpo femminile.
Idolo o feticcio, la figura femminile diviene oggetto di quella stessa pulsione che incontra il proprio soddisfacimento nella rappresentazione del desiderio fisico o nella ricerca formale. Ricerca che, indipendentemente dal mezzo con cui si esprime, conduce Rodin a rendere omaggio al corpo femminile e Picasso a erotizzarlo (Mattiussi, 2021)
[1] Rodin a Meudon e Picasso a Boisgeloup in Normandia prima e a Villa La Californie (Cannes) dopo.
Attraversate da un comune fil rouge, le due esposizioni si focalizzano su aspetti diversi che richiamano il carattere della colleziona permanente: la crisi della rappresentazione artistica all’inizio del XX e le soluzioni elaborate per superarla (l’espressionismo plastico del maestro francese e il linguaggio cubista di quello spagnolo) al Museo Rodin, la presentazione del lavoro in atelier e degli aspetti più intimi del processo creativo al Museo Nazionale Picasso. Ed è proprio all’interno del Museo Salé che abbiamo modo di comprendere quanto l’arte prodotta in serie costituisca per entrambi il vettore privilegiato per esplorare la perenne metamorfosi di un tema e/o la continua elaborazione del pensiero che ad esso si collega. Un’attitudine, questa, che pone la questione della genesi dell’opera d’arte al centro del processo creativo, valorizza il potenziale euristico della ripetizione e si collega alla famosa avversione di entrambi nei confronti dell’opera finita.
Motore di queste righe è, però, la meraviglia; quel vissuto di sorpresa legato all’idea di un’influenza di Rodin sulla produzione artistica di Picasso e di un suo estendersi ben oltre quel periodo che Werner Spies (2000), uno dei più autorevoli storici dell’arte del XX secolo, definisce rodiniano[1]. Una prospettiva inattesa tanto da pormi nella condizione di scoprire, cercando tra libri cataloghi e ricordi, se lo stupore fosse legato ad un’ignoranza tutta mia o all’originalità della tesi.
Si narra che tra i due poliedrici artisti, entrambi abili nel lavorare per “opera di porre e di levare” (Freud,1904), non vi sia mai stato alcun legame diretto o mediato da frequentazioni artistiche in comune anche se ciascuno, ovviamente a modo proprio, ha avuto contatti con il movimento dei Fauves. Risultano invece documentate la visita del giovane Picasso all’Esposizione Universale di Parigi (1900) – teatro dell’ufficiale consacrazione di Rodin ad artista di fama internazionale – e un ritaglio di una delle tante riproduzioni della statua del Pensatore (1880-1903) appesa nel suo studio a Barcellona. Un segno, questo, della profonda ammirazione di Picasso per una delle opere più note del maestro francese alla cui forma e posa allude il dipinto Grande bagnante con libro (1937).
[1] Il periodo rodiniano coincide con i primi soggiorni di Picasso a Parigi e quella produzione di inizio 900 caratterizzata dall’emergere di figure fortemente plastiche volte a favorire l’espressione delle emozioni; per certi versi presenta una certa sovrapposizione con il periodo blu e rosa.
Il resto, finora, non è stato oggetto di ricerca; fa eccezione un recente dialogo presentato all’interno della Mostra “Picasso, Metamorfosi” (Milano, Palazzo Reale, 2018) nella Sezione intitolata “Mitologia del Bacio” dove le omonime opere di Rodin (1888-1889) e Picasso (1969) venivano poste in relazione con due preziosi frammenti antichi raffiguranti un bacio provenienti dal Louvre.
Comunque sia, a questa doppia esposizione comparativa, resta l’indiscutibile pregio di aver creato un dialogo tra autori che, mettendo in luce nessi, continuità e contrapposizioni, ci sollecita ad osservarli da una prospettiva inedita e capace di svelare il nuovo; quel nuovo (presunto o reale) che ci sorprende al di là della possibilità di condividere o meno la tesi che sottende la mostra o che da essa emerge: l’influenza di Rodin sulla produzione artistica di Picasso e il suo amalgamarsi con essa anche a distanza di molti anni dai suoi primi soggiorni a Parigi.
Bibliografia
Freud S. (1904), Psicoterapia. OSF, Vol. 4, Boringhieri, Torino (1989).
Mattiussi V. (2021), Eros et la métamorphose des corps in Rodin-Picasso. Ed.Gallimard, Paris (2021).
Spies W. (2000), Picasso-Sculptor. Ed. H. Cantz. Berlin (2000)
Silvia Mondini, Padova
Centro Veneto di Psicoanalisi
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