Sezione Locale della Società Psicoanalitica Italiana
di Patrizio Campanile
Consapevole che i limiti di questa nota fanno sì che il titolo prometta più di quanto il testo può offrire, voglio proporre alcuni pensieri che possono contribuire alla riflessione che stiamo conducendo al Centro Veneto sul metodo psicoanalitico.
Nel 1997 Green, in occasione del Congresso della Federazione Europea di Psicoanalisi, presentò una relazione dal titolo Il chiasma: i casi limite visti dalla prospettiva dell’isteria, l’isteria vista retrospettivamente a partire dai casi linite. E’ un testo cui ripenso costantemente e che mi è molto servito per sviluppare i miei pensieri sul legame di odio (Campanile, 2010). Green, trovando che sia riconoscibile una zona di intersezione tra isteria e cosiddetti casi limite mette in evidenza che “la nevrosi isterica semplice e i casi limite formano un continuum in cui si incontrano tutti i possibili passaggi intermedi. […] L’isteria, nonostante le sue varianti, o le sue aperture transitorie o congiunturali nel campo delle psicosi resta, nella sua essenza profonda, una nevrosi che mette in primo piano la problematica delle relazioni tra amore e sessualità. […] I casi limite, dal canto loro, intrattengono rapporti d’intersezione con l’isteria, possono presentare gran parte se non tutti, i tratti che caratterizzano l’isteria ma, in effetti, manca una vera e propria organizzazione nevrotica e ci troviamo di fronte, in questi casi, a forme di conflitto che, per quanto mettano in gioco la problematica dell’amore (e non sempre della sessualità), restano comunque in una posizione secondaria rispetto ad altri aspetti, primi fra i quali bisogna mettere la distruttività, il masochismo e il narcisismo” (1997, 346). Per questi motivi è utile far ricorso al costrutto del chiasma.
A far la differenza sono l’organizzazione dell’Io, la solidità dei suoi confini, il grado del suo sviluppo, della sua integrazione e della solidità che può mettere in campo di fronte a frustrazione, angoscia ed eccesso pulsionale (particolarmente per quanto riguarda le pulsioni distruttive). Differenze, tutte, che dipendono e che al tempo stesso implicano diversi gradi di capacità dell’Io di attivare processi rappresentativi efficaci e coordinati e di restare sufficientemente integro nonostante i processi difensivi. Ad essere danneggiato, man mano che nel continuum si va nella direzione dei casi limite, è “il lavoro stesso del pensiero” (ibid., 352). “Nei casi limite, ci troviamo di fronte ad un dilemma rispetto al quale mancano le strutture intermedie in grado di permettere una soluzione del conflitto. Si assiste, cioè, ad un confronto violento tra espressioni dell’Es – e non più esclusivamente dell’inconscio – fatte di movimenti pulsionali che comportano scariche massive, nel corpo o nell’agito, sorta di scorciatoie regressive davanti alle quali devono essere messe in opera difese drastiche sostenute da regressioni massive che rivestono la stessa funzione” (ibid., 353). E per essere ancor più precisi: “constatiamo una vera e propria carenza rappresentativa; più esattamente, è frequente che le rappresentazioni siano assorbite da movimenti pulsionali diretti, a corto circuito, che conducono ad espulsioni attraverso l’azione o la scarica nel corpo”. Laddove, scarica nel corpo, evidentemente, non sta per conversione, ma allude ad un cortocircuito che può riguardare il corpo o il comportamento; l’azione nel corpo o l’azione attraverso il comportamento. Ne deriva che la psicoanalisi, nell’ambito della cura, si occupa di un qualcosa che va al di là del linguaggio e che può esprimersi attraverso altre vie che vanno ascoltate, osservate e colte. Certo grazie a quella forma di ascolto specifico che caratterizza l’attenzione fluttuante, ma che, seppur mira a mettere in parole – ed è comunque questo che apre a nuove possibilità di elaborazione per l’analizzante – non è indirizzata solo a ciò che viene detto ed a ciò che manca nel discorso associativo.
Vorrei richiamare l’attenzione su un’affermazione poco sopra riportata: “si assiste ad un confronto violento tra espressioni dell’Es e non più esclusivamente dell’inconscio”. Queste ultime, Green le pone come caratteristiche della nevrosi, mentre le prime riguarderebbero ciò che va al di là dei suoi confini. Ritengo che il ‘capitolo’ Es della teoria strutturale sia ancora meritevole di ricerca da parte nostra e che un approfondimento della teoria implicata possa mettere nuovi e perspicui spunti al servizio della clinica e della teoria del metodo.
A questo proposito desidero richiamare all’attenzione un secondo saggio di A. Green che possiamo leggere nel volume Psicoanalisi degli stati limite: A posteriori, l’arcaico (1982). Anche questo è uno scritto su cui continuo a pensare.
Nel testo, Green introduce l’idea che vi sia un momento, non certo un tempo da collocare da qualche parte e non necessariamente solo precoce e quindi da pensare all’esordio della vita psichica, ma che dobbiamo supporre sempre e comunque all’origine; all’origine di ogni processo psichico.
Un ‘luogo psichico’ (possiamo pensare all’Es?) che Green descrive caratterizzato da una “confusione che regna in seno alla psiche tra pulsione, Io e oggetto” nel quale, per di più “non vi è una distinzione molto netta tra pulsioni erotiche e pulsioni aggressive, tra pulsioni che si possono soddisfare in modo autoerotico e pulsioni la cui soddisfazione esige l’intervento dell’oggetto” (1982, 204). Una condizione primordiale, originaria; dell’inizio e da cui parte ogni inizio. Per questo penso, facendo ricorso alla costruzione dell’apparato psichico, all’Es inteso come strumento concettuale per rappresentarci la via d’accesso di ciò che avviene nel corpo alla dimensione psicosomatica. La via d’ingresso dell’apparato psichico, la cui ‘porta d’accesso’ sarebbe quello spazio aperto che Freud ha lasciato alla base della rappresentazione che ne dà nella Lezione XXXI (1932).
Sono queste, ritengo, aree dello psichico particolarmente implicate nei processi non nevrotici o pre-nevrotici. Aree che precedono per definizione il linguaggio e sulle quali questo, il linguaggio, s’innesta. O, meglio, può innestarsi.
Da un punto di vista per intanto teorico, penso che siano elementi da tener presenti ripensando al metodo.
Bibliografia
Campanile P. (2010). Il legame di odio: Identificazione isterica come teoria generale e come meccanismo specifico. Rivista di Psicoanalisi, 56:319-341.
Freud S. (1932). Lezione XXXI. Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni). O.S.F., 11.
Green A. (1997). Le chiasme: prospective, les cas linmites vus depuis l’hystérie, rétrospective, l’hystérie vue depuis les cas limites. [Trad. it. Il chiasma: i casi limite visti dalla prospettiva dell’isteria, l’isteria vista retrospettivamente a partire dai casi limite. In: Perché l’isteria? Attualità di una malattia ontologica. A cura di F. Scalzone e G. Zontini. Napoli, Liguori Editore, 1999].
Green A. (1982). A posteriori, l’arcaico. Nel volume: Psicoanalisi degli stati limite. Milano, R. Cortina, 1990.
Condividi questa pagina:
Centro Veneto di Psicoanalisi
Vicolo dei Conti 14
35122 Padova
Tel. 049 659711
P.I. 03323130280